STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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RILASCIATO ORMAI MORENTE DAL CONTE MARINO

 

PARTECIPAZIO INCONTRA IL FRATELLO

 

Inviato a Roma da Papa Giovanni VIII, il fratello del Doge, Badoario, cade in un agguato tesogli dal conte Marino feudatario della contea di Comacchio. Il motivo è da ricercarsi nel timore del conte che Badoario potesse ricevere rinvestitura del feudo. Badoario ferito viene tenuto prigioniero fino a che, ritenuto ormai morente, viene rispedito a Venezia per evitare vendette ...

 

 

 

Prima di morire nell’881, Orso Partecipazio aveva già da tempo provveduto a dare una sistemazione ai membri della sua numerosa famiglia. Vittore era stato nominato patriarca di Grado mentre l’altro figlio Giovanni era stato già da alcuni anni associato al trono ducale. Anche le due figlie avevano trovato una loro dignitosa collocazione. La prima, Felicita, andando sposa al duca di Bologna Rodoaldo, mentre la seconda, Giovanna, vestendo l’abito monastico e diventando badessa del potente monastero di S.Zaccaria.

 

Alla morte del doge, tuttavia, restava ancora un figlio da sistemare, i! giovane Badoario. Narra la leg­genda che i! padre avesse comunque già pensato anche a lui. Sul letto di morte, infatti, Orso si era fatto giurare dal figlio e successore Giovanni, che avrebbe provveduto al più presto di procurare al fratello la contea di Comacchio. il centro lagunare – compreso tra il corso del Reno e del Po di Volano –, era un ricco centro dove già da alcuni secoli avevano trovato rifugio le popolazioni fuggiasche dell’entroterra trovando poi nei commerci e nell’estrazio­ne del sale, le due principali fonti di ricchezza.

 

Una ric­chezza ben presto impiegata nella costruzione e nel man­tenimento di una potente flotta con la quale nell’809 gli abitanti di Comacchio avevano sconfitto le armate bizan­tine e veneziane. Alla morte del doge Orso, Comacchio, che a fatica si stava riprendendo dal saccheggio subìto da parte degli Arabi, era governata da un conte di nome rima di morire nell’881, Orso Partecipazio Marino, uomo bellicoso ed irrequieto come gran parte dei aveva già da tempo provveduto a dare una suoi colleghi di Romagna.

 

Così, alla morte del padre, sistemazione ai membri della sua numerosa Giovanni incaricò una missione di recarsi a Roma presso famiglia. Vittore era stato nominato patriarca il pontefice, per chiedere l’investitura per suo fratello di Grado mentre l’altro figlio Giovanni era stato già da Badoario della contea di Comacchio sulla quale si esten­deva anche l’autorità della sede Apostolica oltre che quel­la comitale.

 

La duplicità del governo di queste terre, anzi, provocava continui e violenti attriti favorendo l’arbitrio delle piccole tirannie locali. Lo stesso pontefice, infatti si lamenta per i continui gravi danni ed abusi subiti tanto dagli uomini quanto dalle cose della Chiesa in quelle terre. Questa situazione di debolezza interna dovuta ai contrasti tra i! Pontefice e i conti locali di Romagna, offri­va una buona occasione ai Veneziani per espandere la loro presenza marittima anche a sud della laguna vera e propria a danno però degli interessi della stessa Chiesa.

 

Il ritorno del fratello del Doge gravemente ferito

 

La notizia delle mosse e delle aspirazioni veneziane, non poteva certo restare tuttavia segreta e non giun­gere alle orecchie del conte Marino. Questi infatti, avuta­ne notizia, non perse altro tempo e in un’imboscata pres­so Ravenna assalì la comitiva veneziana guidata dallo stesso Badoario che invano oppose una coraggiosa resi­stenza. L’estremo tentativo di difesa, anzi, gli procurò una grave e profonda ferita ad una coscia tanto che, tra­scorsi alcuni giorni e peggiorando la situazione, lo stesso conte Marino iniziò a preoccuparsi.

 

Di fronte all’eventua­lità di un sicuro intervento armato da parte dei Veneziani se Badoario non fosse stato liberato o peggio, fosse morto, il conte decise di rispedire in tutta fretta a Venezia i! pre­zioso prigioniero. Qui lo attendeva impaziente il fratello Giovanni avvertito per tempo dell’arrivo dell’ormai mori­bondo congiunto che attese ed accolse a Rialto con profon­da pietà e commozione.

 

Dopo la morte del fratello, e forse in parte per vendicarla, Giovanni abbandonava la via diplomatica per passare alle vie di fatto nei confronti del conte Marino e della “sua” contea. Organizzata la spedi­zione, la flotta veneziana piombava fulminea attorno alla città mentre il conte Marino si asserragliava nel suo castello dove, poco dopo, venne catturato. Da quella tragi­ca circostanza, di lui non si seppe più niente mentre Comacchio entrava a far parte dei domini veneziani.

 

Non per molto, tuttavia. il pontefice infatti, non poteva certo stare a guardare e così né Adriano III né il suo successore Stefano V accettarono di investire del comitato comac­chiese i! duca veneziano. “Nullo modo, nullo ingenio et nulla quacumqueintentione”, in nessun caso, dunque, scriveva i! pontefice nell’886, sarebbe stato concesso il titolo di conte di Comacchio al doge veneziano.

 

Anzi, all’azione bellica dei lagunari, venne opposta niente meno che la scomunica, tanto che la “preda” dovette ben presto essere restituita. I Veneziani rinunciavano così a Comacchio, ma non certamente alla possibilità e alla volontà di espansione lungo le coste dell’Adriatico. Il dominio del mare, del resto, stava diventando a poco a poco i! vero miraggio del governo e delle popolazioni lagu­nari venete, la nuova frontiera.