STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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UNA VITA SPESA PER FARE GRANDE VENEZIA

 

LA MORTE DI LAZZARO MOCENIGO (ANNO 1657)

 

Dopo esser stato il protagonista vittorioso di mille battaglie combattute sul mare, muore quasi banalmente colpito da una cannonata sparata da terra il temerario comandante veneziano ...

 

 

Poteva essere un altro eccezionale e vittorioso scontro con i turchi quello combattuto dalle navi di Lazzaro Mocenigo nel 1657 nell’ormai famigerato stretto dei Dardanelli. In parte lo fu. L’uomo aveva già partecipato a numerosissime battaglie navali, era un comandante esperto e, a dir poco, temera­rio.

 

Aveva avuto una parte rilevante nell’ultima vittoria veneziana sui turchi a fianco del più sfortunato Lorenzo Marcello e, solo un anno dopo, era già pronto con le sue navi per le nuove sfide sul mare. Mocenigo tornava a navigare questa volta in qualità di capitano generale ­posto che era stato del defunto Marcello – e con in più il titolo onorifico di Cavaliere, datogli dal senato.

 

Nel frat­tempo erano anche proseguite le vittorie “terrestri” vene­ziane con la conquista di Tenedo e di Lemno sul finire del 1656. Alla corte di Istambul si tiravano le somme e il ner­vosismo cresceva, specie verso la fine di quell’anno quan­do le vittorie veneziane raggiunsero il loro apice. Tutto questo, per i turchi, doveva finire al più presto. Per buona parte del 1656 e dei primi mesi dell’anno seguente i tur­chi si impegnarono nella costruzione di una nuova, poten­te flotta. In primavera anche i veneziani erano pronti ad affrontare il nemico. Lazzaro Mocenigo infatti, si portò presto nelle acque del Mediterraneo Orientale con l’espli­cito scopo di impedire alla flotta turca di uscire dal Bosforo.

 

Per farlo aveva dato l’ordine di allertare anche gli uomini e le flotte presso Tenedo e Scio mentre un’altra nave veniva spedita nelle acque dello stretto dei Dardanelli. Non restava a quel punto che attendere il passaggio della flotta nemica ed in particolare quella comandata da Capitan Pascià che puntualmente com­parve infatti all’orizzonte. Le navi turche stavano tornan­do da Rodi e vennero presto in contatto con quelle vene­ziane.

 

Il Mocenigo riuscì in poco tempo a catturarle e con esse lo stesso comandante turco con altri 400 uomini del suo equipaggio. Questo ennesimo trionfo procurò al Mocenigo l’ulteriore, prestigioso titolo di Procuratore di S.Marco. Il comandante, però, era solo all’inizio del suo scontro con i turchi. Giunse infatti la notizia che un altro corpo d’armata nemico uscito da Istanbul si era portato nello stretto dei Dardanelli, lungo le cui sponde aveva piantato le tende anche l’esercito del Gran Visir, di ben 50.000 soldati.

 

Il Mocenigo non perse tempo. Si portò immediatamente nel canale detto dei Castelli dove si tro­vavano anche le navi di Marco Bembo. I due capitani, consultatisi fra loro, decisero infine di proseguire e di inol­trarsi lungo lo stretto. Le manovre tuttavia dovettero essere ripetutamente posticipate per le pessime condizio­ni atmosferiche, con venti tanto impetuosi da mettere in seria difficoltà la flotta veneziana costretta a rimandare di parecchi giorni l’atteso scontro con i turchi.

 

Questi pre­sero a muoversi la mattina del 17 luglio approfittando del fatto che il vento era leggermente calato. La loro flotta contava 33 galee, 22 navi e moltissimi altri legni minori. Lo scontro con le navi veneziane fu praticamente imme­diato e non si svolse certo in condizioni favorevoli alla flot­ta veneziana che si era ritrovata con il vento contrario. La nave del Bembo venne presto circondata, ma sostenuta da una seconda nave ebbe comunque la meglio. II resto della flotta veneta, intanto, assunta una posizione più favorevole si scontrava con quella turca in una battaglia dall’esito incerto. Fino alla sera le forze si bilanciavano ma poi giunsero anche le navi del Mocenigo, fino ad allo­ra impedite da una forte burrasca.

 

Le condizioni atmosfe­riche però peggioravano ancora e il mare era talmente mosso che le navi veneziane furono costrette a gettare le ancore per non essere travolte e inghiottite dalla forte mareggiata. Passò la notte e con essa anche il nuovo gior­no prima che il tempo consentisse la ripresa della batta­glia che si riaccese solo verso l’imbrunire. Anche allora, tuttavia, il vento non si era ancora placato del tutto. Ma questa volta il Mocenigo, divenuto ormai troppo impa­ziente, si mosse ugualmente seguito però da sole 11 galee. Superata vittoriosamente la prima batteria nemica, le navi del comandante veneziano si lanciarono nello stretto a forte velocità.

 

Il capitano vittorioso sul mare trova una morte quasi banale ...

 

Niente sembrava più in grado di fermarle, niente sembrava poter arrestare il Mocenigo in questo suo furore alimentato dalla certezza della vittoria. Le navi turche in ritirata venivano così tallonate ed inseguite ine­sorabilmente venendo alla fine costrette a rientrare nel Mar di Marmara, con rotta verso Istanbul.

 

Fu a questo punto che accadde però l’imprevisto, l’impensabile. Le batterie turche, che erano state disposte lungo le coste del canale, entrarono in azione e aprirono il fuoco sulla nave capitanata dal Mocenigo. Questi si trovava sul ponte di comando da dove stava impartendo gli ordini ai propri uomini. Un’improvvisa palla di cannone nemica colpì in pieno la Santabarbara della nave che, con l’immane esplosione, venne in gran parte distrutta. Nello scoppio si spezzarono anche gli alti alberi delle vele e uno di questi cadendo centrò in pieno lo sfortunato comandante che morì sul colpo.

 

Così, in un modo in fondo che non aveva nulla di eroico, quasi bana­le, moriva il cavaliere, il capitano generale e Procuratore di S.Marco, Lazzaro Mocenigo. Vittima di una cannonata turca certamente, ma forse anche della sua stessa vocazione di uomo temerario e sempre vittorioso comandante. I veneziani, poi, riusciro­no in tre giorni di dura battaglia a catturare o distruggere alcune navi nemiche, ma sicuramente niente poteva a quel punto ripagare la perdita di uno dei migliori coman­danti della marina da guerra della Serenissima.