STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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PER MANTENERE LE GUARNIGIONI DI CRETA

 

DANDOLO OFFRE DENARO ALLA PATRIA

 

Per permettere il pagamento del soldo alle guarnigioni dell’isola di Creta e i lavori di restauro delle mura e delle fortificazioni Ranieri Dandolo giunge ad offrire il suo denaro allo Stato veneziano affinché possa garantire la difesa dell’importante baluardo ...

 

 

Con la strage e con uno dei più brutali saccheggi che la storia ricordi, i veneziani e l’esercito fran­co-crociato erano riusciti dunque a conquistare Costantinopoli. Si apriva ora l’ardua e difficile impresa di organizzare il nuovo Impero Latino d’Oriente nato quale immediata conseguenza della conquista della città.

 

Questa portò infatti con sé anche i vasti territori un tempo appartenuti all’Impero bizantino. Le varie spet­tanze erano già state stabilite prima della conquista vera e propria, nel mese di marzo del 1204 con la sottoscrizio­ne da parte dei partecipanti all’impresa, di un patto. Le varie discordie scoppiate in Terra Santa dopo la sua con­quista fra i crociati avevano dimostrato tutta l’utilità e la convenienza di chiarire preventivamente l’eventuale spartizione territoriale. La “Partitio Romaniae”, in poche parole la spartizione dell’Impero Romano d’Oriente, asse­gnava così al nuovo imperatore di Costantinopoli un quarto di tutti i territori, la capitale ed il suo entroterra con in più le coste della Turchia e le grandi isole dell’Egeo.

 

Al marchese Bonifacio di Monferrato andavano invece il regno di Tessalonica, Atene, l’Attica, la Beozia e l’Argolide (penisola greca). Ai baroni crociati, infine, la Tessaglia, parte della Macedonia e la Tracia. E i veneziani? I veneziani, naturalmente, non mancarono di far pesare la loro decisiva presenza nell’impresa ispirata e voluta primariamente dal loro doge Enrico Dandolo. Senza le sue navi e la sua determinazione, la conquista di Costantinopoli sarebbe rimasta infatti un mero sogno.

 

E così, forti della loro posizione e del loro peso, i Veneziani nei patti di marzo riuscirono a garantirsi le più importan­ti basi e città costiere nel tragitto da Venezia a Costantinopoli ed oltre, assicurandosi un tragitto esclusi­vo e preferenziale nei traffici commerciali da e per la capi­tale. L’Epiro, le isole Ionie, l’Etolia, gran parte del Peloponneso, le isole di Egina e Salamina dirimpetto ad Atene, le isole Cicladi, la penisola di Gallipoli con Lampasco ai Dardanelli e per finire la provincia di Adrianopoli fino al Mar di Marmara.

 

A tutto questo si aggiunsero le importanti isole di Durazzo e Corfù oltre a Creta con i due porti di Modone e Corone, gli “occhi della Serenissima” nella Morea. Data la loro particolare impor­tanza dovuta ad una posizione strategica, questi ultimi resteranno gli unici possedimenti posti sotto la diretta autorità del governo veneziano e del suo doge, che si pote­va ora fregiare del curioso titolo di “podestà e despota dell’Impero di Romania e dominatore della quarta parte e mezza dell’Impero”.

 

Conclusa e successivamente realizza­ta la spartizione, restava ai veneziani ed ai crociati la dif­ficile impresa di gestire ed amministrare questi vasti ter­ritori geograficamente lontani dalla madre patria ed amministrativamente precari e malsicuri data la natura­le diffidenza, quando non si trattava di un vero e proprio odio, delle popolazioni locali. Ma a minacciare la riuscita dell’operazione non c’erano soltanto questi fattori. I nemi­ci si annidavano infatti anche in Occidente e si chiamava­no Genova e Pisa. Le due città avevano avuto fino al fati­dico 1204 importanti mercati e quartieri a Costantinopoli dove gli attriti con i veneziani non erano mai mancati.

 

Le due città marinare non potevano certo sopportare ora, che la loro storica concorrente mettesse le mani sulla città diventandone l’unica padrona. Timori più che legittimi dato che dopo la conquista tanto i pisani quanto i genovesi si videro esclusi dal commercio dell’area medio-­orientale ora monopolio dei veneziani. Per Pisa e Genova era veramente una situazione insostenibile ed inaccetta­bile che ben presto sarebbe infatti esplosa emblematica­mente in una delle isole più strategicamente importanti: Creta.

 

L’isola non rientrava fra i territori spettanti a Venezia sulla base dei patti del marzo del 1204. Creta invece venne letteralmente acquistata a suon di quattrini dai veneziani il 12 agosto di quello stesso anno. In quel­l’occasione il governo veneziano versò 1000 marche d’ar­gento al marchese Bonifacio di Monferrato che a sua volta aveva ricevuto l’isola dall’imperatore Alessio IV quale compenso per il sostegno fornitogli nel recupero del trono. Benché nominalmente dei veneziani tuttavia, ben più difficili si presentavano la conquista e la gestione del­l’isola nella realtà. Nel 1206 infatti, un corsaro genovese, tal Enrico Pescatore dopo essersi autonominato conte di Malta, era sbarcato a Creta riuscendo ad occuparvi numerose roccaforti lungo le coste. Installatosi nel centro e nella parte orientale dell’isola, il conte genovese riuscì a respingere una prima spedizione dei veneziani che tenta­vano di affermare anche concretamente il proprio diritto nominale sull’isola.

 

Una seconda spedizione guidata da Ranieri Dandolo, figlio dell’ormai mitico doge Enrico, riu­scì a recuperare le due importanti roccaforti di Corone e Morone senza tuttavia riuscire a piegare completamente la resistenza del Pescatore appoggiato dalle stesse popo­lazioni locali. A Venezia intanto si discuteva come risolve­re definitivamente la questione con una prevalenza tra i membri del Senato, di chi voleva abbattere tutte le difese e smantellare le mura dell’isola in modo da togliere ai ribelli ogni possibilità di resistenza.

 

A questa proposta si oppose invece energicamente Ranieri, nel frattempo rien­trato da Creta. Lasciare l’isola sguarnita di difese, voleva dire offrire una facile preda ai nemici esterni. Se le spese, poi, per sostenere le difese e le guarnigioni erano troppo pesanti da sostenere per l’erario della repubblica, le avrebbe sostenute lui stesso pagandole di tasca propria. Pur riconoscendo la generosità del gesto e l’opportunità di non sguarnire l’isola delle sue difese, il Senato si dimostrò tuttavia riluttante ad accettare che una sola persona riunis­se nelle proprie mani e dietro pagamento, tanto potere sulla strategica isola. In segno di fiducia allora, pur rifiutan­do l’offerta del Ranieri, il Senato veneziano gli conferì il comando di una nuova flotta che salpò verso l’isola nel 1207. Nell’agosto di quello stesso anno Ranieri con le sue navi riuscì a conquistare la fortezza dell’isola salvo tuttavia, riper­derla poco dopo.