STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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DOPO AVER BATTUTO I PERICOLOSI BULGARI

 

LA VITTORIA DEL DOGE MICHELI

 

La superiorità navale dei veneziani ha la meglio sul tentativo militare dei bulgari e dei bizantini e dallo scontro Venezia emerge sempre trionfante ponendosi come garante dell’esistenza stessa dell’Impero Latino, una costruzione peraltro effimera e provvisoria...

 

 

Sin dal primo periodo che seguì la conquista di Costantinopoli nel 1204, i nuovi “padroni” dell’Impero Bizantino si scontrarono con diffi­coltà di ogni sorta. Sul trono del nuovo Impero Latino d’Oriente era stato collocato Baldovino conte di Fiandra, uno dei capi della stessa crociata che molto pre­sto realizzò, pagando con la vita, quanto difficile se non addirittura impossibile fosse la gestione ed il controllo di un territorio costantemente minacciato all’esterno e minato al suo interno.

 

Se dentro i confini dell’Impero, infatti, i latini dovevano fare quotidianamente i conti con la crescente ostilità dei greci, all’esterno la resistenza bizantina si andava a poco a poco organizzando attorno agli imperatori esuli a Nicea. Non solo. Una minaccia ancor più grave pesava infatti sul già precario e fragile impero crociato, quella dei bulgari. Tra il X ed XI secolo il regno bulgaro era pressoché scomparso venendo assorbi­to nell’impero bizantino finché alla fine del 1100 Pietro e Giovanni di Asen riuscirono a liberare il loro popolo dalla dominazione imperiale e a dar vita al secondo regno di Bulgaria (1187-1396).

 

Quando i latini conquistarono Costantinopoli estendendo il dominio sulle terre apparte­nute all’impero bizantino, il re bulgaro Kalojan non dove­va essere granché entusiasta all’idea di dover convivere con dei nuovi, estranei vicini. E così tra il marzo e l’aprile del 1205 le orde dello zar bulgaro dilagarono nel territorio dell’antica Tracia ­– all’incirca l’attuale Bulgaria –, stermi­nando e sconfiggendo i soldati franchi sotto le mura di Adrianopoli. L’imperatore Baldovino sceso personalmen­te in campo venne catturato e finì i suoi giorni in una pri­gione bulgara.

 

Anche il doge perde la vita a causa dell’Impero

 

Ma a perdere la vita nella disastrosa e tragica circo­stanza non fu solo lo sfortunato imperatore Latino d’Oriente, ma anche lo stesso doge Enrico Dandolo ormai ultranovantenne. Il doge infatti guidava il comando della retroguardia dell’esercito durante la ritirata da Adrianopoli a Rodosto sul Mar di Marmara.

 

L’età, la fati­ca della marcia forzata ed il caldo ormai estivo, costarono la vita al doge veneziano che spirò infatti lungo il tragitto il 10 giugno del 1205. Quella coi Bulgari, del resto, doveva rivelarsi una guerra lunga e carica di incertezze alternate a lunghe pause, violente riprese e paci violate. Gli impe­ratori bizantini al contrario, individuarono ben presto nel bellicoso popolo bulgaro un possibile alleato per riuscire a cacciare finalmente i latini dal trono di Costantinopoli.

 

La città stessa, così, venne ripetutamente minacciata ed assediata dai bulgari in ben tre occasioni fra il 1222 ed il 1238. A guidarli un valoroso re soldato, Giovanni Asen II con il quale i domini bulgari si erano spinti fino alla Grecia settentrionale. Costantinopoli tuttavia, resisteva ma la continua minaccia spinse infine i veneziani allo scontro diretto con i bulgari alle cui truppe si univano a poco a poco anche quelle dell’imperatore greco in esilio.

 

Durante l’ultimo assedio alla capitale da parte delle trup­pe congiunte dello zar Asen II e dell’imperatore bizantino Vatace, i comandanti veneziani Leonardo Querini e Marco Gussoni pare con sole 25 galee, riuscirono a rom­pere l’assedio sconfiggendo la flotta nemica forte di ben 300 navi. Alla sconfitta subita dai bulgari e dai greci que­sti risposero l’anno successivo (1238) con un nuovo attac­co che chiamò nuovamente i veneziani allo scontro.

 

Durante l’inverno intanto, il re bulgaro e l’imperatore greco avevano avuto tutto il tempo di prepararsi alla nuova battaglia rinforzando l’imperatore le proprie navi e Asen II facendo costruire la prima flotta che mai l’eserci­to bulgaro aveva avuto in precedenza.

 

Per il momento l’Impero Latino è salvo

 

Così, nella primavera del 1238 i due eserciti – terrestre e marittimo –, mossero alla volta di Costantinopoli per darvi l’assalto. Era soprattutto sulla flotta che i due principi bulgaro e greco contavano per la buona riuscita dell’impresa. All’esercito Latino, invece, si unirono le navi di Goffredo de Villerdouin con sei vascelli da guerra che trasportavano 1000 cavalieri, 300 balestrieri e 500 cava­lieri.

 

Furono le sue navi, per prime, a scontrarsi con quel­le nemiche. Lo scontro durò giusto il tempo per consentire a quelle veneziane di prendere il largo alla guida di Giovanni Michiel, Podestà di Costantinopoli per conto del governo veneziano. L’arrivo e l’intervento della flotta ducale fu come quasi sempre era accaduto, determinante. Lo scontro fu durissimo ed alla fine l’imperatore Vatace e lo zar Asen II furono costretti a cercar scampo nella fuga.

 

Non è escluso l’intervento anche di navi pisane e genovesi accan­to, eccezionalmente, a quelle veneziane, ma resta che il rischio e con esso il merito maggiori furono dei veneziani e del loro comandante Giovanni Michiel. La città ancora una volta era stata faticosamente salvata e con essa il fragile Impero Latino d’Oriente il cui imperatore accolse con onore e grande soddisfazione l’intrepido ed abile podestà venezia­no che aveva condotto alla vittoria i suoi uomini. Era il 1238 ed ancora nessuno, nel breve istante della gioia per l’inspe­rata vittoria, poteva già immaginare che al dominio latino in Oriente restavano in realtà ancora poco più di 20 anni. Per il momento, appunto, prevaleva ancora tra i latini la soddisfazione ed il sollievo per lo scampato pericolo.