STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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DURANTE UN IMPROVVISO ATTACCO DEI TURCHI

 

PIETRO ZENO MUORE A SMIRNE

 

Nella continua guerra che oppose i Turchi ai Veneziani l’episodio di Smirne acquista un suo valore poiché giunge al culmine del conflitto e dopo numerosi successi della Repubblica. Una mossa sbagliata, cioè l’allontanamento di contingenti di armati, dette il destro ai Turchi di assalire la città. ..

 

 

Liquidati gli ambasciatori inglesi, ancora per pochi mesi il doge Bartolomeo Gradenigo doveva sedere sul trono ducale venendo a morte infatti il 28 dicembre del 1342. Il nuovo doge fu allora Andrea Dandolo. Questi era eccezionalmente giovane – non aveva neppure 40 anni – per ritrovarsi a ricoprire la massima carica dello Stato veneziano, in genere e da sempre appannaggio di personaggi molto più anziani.

 

La relativa giovane età del Dandolo era tuttavia bilanciata dalle sue non comuni doti di studioso – scrisse ben due cronache sulla sua città – e di legislatore – aveva compilato un importante repertorio di leggi –, capacità ufficialmente riconosciute forse, con una laurea dottorale conseguita all’Università di Padova. Amico del Petrarca che lo tene­va in grande considerazione e stima, il nuovo doge si distingueva, oltre che per il suo contenuto culturale, anche per i suoi modi gentili e raffinati, tanto da venir affettuo­samente soprannominato “il contino” o “il cortigiano”.

 

Le premesse personali del Dandolo facevano dunque sperare in un dogato lungo e felice mentre, al contrario, quello di Andrea si dimostrerà uno dei governi più tristi, difficili e sfortunati della storia di Venezia Le cose sembravano inizialmente essere incominciate bene per il dogato del Dandolo.

 

Poco dopo la sua ascesa infatti, Venezia aderiva ad una larga coalizione militare nata per fronteggiare quello che da lì a pochi anni sarebbe diventato il nuovo incubo per l’Europa cristiana: i Turchi. Divisi in una miriade di tribù originariamente stanziate nell’Asia nord­orientale, sotto le ripetute ondate dei conquistatori Mongoli i Turchi si erano progressivamente spostati verso occidente dividendosi in vari rami e costituendo diversi regni.

 

Una di queste orde, stanziatasi nel Caucaso e nell’Anatolia orientale, agli inizi del XIV secolo premeva minacciosamente sui confini dell’Impero Bizantino dove la debole ed inetta dinastia dei Paleologhi, salita al trono nel 1261 dopo il crollo dell’Impero Latino d’Oriente, non era riuscita a risollevare le sorti dell’impero.

 

Un impero estremamente indebolito da sessant’anni di governo cro­ciato-Iatino, ma anche da continue guerre di successione, da un’amministrazione burocratizzata ed inefficiente, da un’incapacità dei governanti di dare delle vere e radicali riforme nel campo politico, sociale ed economico. I Genovesi ed i Veneziani poi, si contendevano e si divide­vano di fatto il monopolio dei commerci nell’area, mentre nella penisola Balcanica accanto ai residui regni crociato­-cristiani crescevano le potenze Serba e Bulgara. In que­sta situazione di sostanziale fragilità dell’impero bizanti­no si inserivano le aspirazioni espansionistiche dei Turchi Ottomani che andarono a sostituire in Asia Minore i Turchi Selgiucidi abbattuti dai Mongoli.

 

E così, già nel 1326 con la presa della città di Brussa sul Bosforo proprio di fronte a Costantinopoli – la capitale avrebbe resistito alla loro pressione ancora per poco più di 100 anni –, aveva inizio la loro espansione ai danni dell’impero bizantino e la conseguente minaccia per tutto l’Occidente. Per il momento l’avanzata si fermò lì, pur andando a costitui­re una nuova ed incomoda presenza nel Mar Mediterraneo Orientale, passaggio nevralgico ed obbliga­to per le navi mercantili europee, genovesi e veneziane in particolare.

 

La minaccia turca

 

Il Pontefice con la costituzione della Lega anti-turca aveva raggiunto il suo scopo. Ne facevano parte Bisanzio, Cipro e Rodi, il Papato e naturalmente Venezia che prontamente armò 15 galee affidandone il comando a Pietro Zeno. Questi era figlio di Biaggio e venne sopran­nominato Dragone da quando si fece affiggere sullo scudo la figura di questo animale.

 

Nel 1334 aveva già avuto modo di scontrarsi valorosamente coi Turchi e nel 1337 combatté per il suo governo contro Mastino della Scala nel padovano. Per il suo valore e per la sua saggezza venne scelto dal Signore carrarese di Padova quale Podestà della stessa città, carica che ancora ricopriva quando venne richiamato in patria per assumere il deli­cato compito di guidare la flotta veneziana contro i Turchi.

 

Salpata da Venezia, la flotta guidata dunque da Petro Zeno fece rotta verso le coste nemiche della peniso­la anatolica. I primi scontri con i Turchi ebbero un felice esito tanto che molti centri della costa vennero conquista­ti, compresa l’importante città di Smirne. Qui, il coman­dante veneziano, pose il suo quartier generale riconoscendo giustamente la posizione strategica dell’antica città.

 

I Turchi tuttavia, una volta incassato il colpo non si rassegna­rono tanto facilmente alla sconfitta e così ricominciarono nuovamente a scontrarsi con le truppe cristiane. Un fatto, narrato dallo storico Giovanni Villani, resta di per sé emblematico della precaria e fragile situazione che la con­quista aveva creato. Il 17 gennaio del 1344 le milizie del re di Cipro e del Gran Maestro di Rodi lasciarono Smirne per andare ad incendiare le micidiali macchine lancia-proiettili dei Turchi, lasciando però in questo modo quasi completa­mente sguarnita la città.

 

I Turchi non si fecero certo scap­pare l’occasione attaccando infatti Smirne e riuscendo a con­quistarne una delle porte sconfiggendo duramente i cristia­ni. Pare che Enrico, Patriarca di Costantinopoli e lo stesso Pietro Zeno, comandante veneziano, stessero assistendo alla Santa Messa quando gli “infedeli” attuarono la cruenta sortita che si rivelò fatale per i due stessi personaggi.

 

Sorpresi infatti nella chiesa, vennero brutalmente trucidati dai Turchi. I resti dei due malcapitati vennero poi spediti a Negroponte e lì tumulati. Malgrado la ristretta vittoria e la tragica fine del comandante veneziano, la città di Smirne era destinata a restare in mano cristiana venendo affidata alla protezione dei potenti cavalieri di Rodi. Un dominio tut­tavia, che sarebbe durato ancora solo mezzo secolo, fino al 1402 quando la città venne definitivamente conquistata dal leggendario condottiero turco Tamerlano.