STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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VENEZIA ESTENDE IL SUO PROTETTORATO

 

MUORE IL RE DI CIPRO

 

Erano trascorsi soli tre anni da quando Caterina Cornaro aveva raggiunto il marito a Cipro, che questi veniva a mancare lasciando la giovane sposa sola ed in attesa di un figlio. Venezia non perde tempo...

 

 

Il 10 novembre del 1472 Caterina Cornaro salpava da Venezia alla volta di Cipro per ricongiungersi con lo sposo Giacomo II di Lusignano, re dell’isola, sposata per procura quattro anni prima. Con quel matrimonio Giacomo si assicurava l’alleanza con Venezia mentre il governo e il senato della repubblica ponevano le premesse per un possibile, futuro possesso della strategi­ca isola.

 

Caterina, appena diciottenne, partiva con una scorta di quattro galee alla volta del suo nuovo regno. Un imprevedibile destino attendeva tuttavia la giovane Cornaro. Nel 1473 infatti, Giacomo di Lusignano moriva dopo alcuni giorni di agonia lasciando vedova Caterina e in attesa di un figlio. II re, malgrado l’eccezionale caldo di quell’estate, aveva ugualmente voluto recarsi a caccia nei dintorni di Famagosta venendo poco dopo colto da un’im­provvisa infermità dovuta probabilmente all’eccessiva esposizione al sole di luglio.

 

II re moribondo chiamò a sé il suo cancelliere Tommaso Ficcardo per comunicargli la sua volontà, sentendo ormai prossima la fine. Se Caterina avesse partorito un maschio, lo dichiarava quale suo unico e legittimo erede al trono; se fosse nata invece una femmina, Caterina avrebbe regnato unita­mente alla figlia. Per altri, invece, in quest’ultimo caso Giacomo avrebbe disposto che a salire sul trono sarebbe stato un suo figlio illegittimo.

 

Nominati poi i tutori fece infine allontanare il cancelliere. In quelle tristi ore, secon­do alcune fonti, fece visita al giovane re ormai sul punto di morire anche il comandante supremo della flotta vene­ziana, Pietro Mocenigo. Certamente la situazione impre­vista creatasi a Cipro, doveva aver allarmato non poco il senato veneziano. In occasione di quell’estremo incontro, Giacomo di Lusignano avrebbe alla fine chiesto al Mocenigo che sua moglie e il suo prossimo figlio venissero presi in custodia dal senato veneziano.

 

Detto questo, e congedato anche il Mocenigo, il 7 luglio del 1473 all’età di appena trentatré anni, Guido di Lusignano, re di Cipro, spirava dopo 12 anni di regno. Venne poi sepolto con tutti gli onori nella chiesa latina di S.Niccolò in Famagosta. La presenza della flotta veneziana e del suo comandante Mocenigo in quelle incerte giornate, sembra molto più credibilmente da imputare al timore di improvvisi ribal­tamenti contro la stessa regina veneziana dell’isola, dopo la morte del sovrano. In fondo, c’era sempre in circolazio­ne la legittima erede Carlotta di Lusignano che poteva ora riaprire la lotta per la successione al trono dopo la morte del fratellastro usurpatore.

 

E dietro a Carlotta c’e­rano anche gli interessi della casata di suo marito, Ludovico di Savoia. Venezia temeva dunque un complot­to ai danni di Caterina e quindi degli interessi della repubblica e per questo la prudenza non era mai troppa.

 

La flotta del Mocenigo quindi, aveva l’evidente scopo di proteggere eventualmente la giovane regina e con lei gli interessi veneziani sull’isola. Questo scopo si rese eviden­te quando i veneziani iniziarono a fortificare le principali postazioni dell’isola e allontanando dalle cariche pubbli­che tutte quelle persone anche solo sospettate di non essere fedeli alla Serenissima. Pietro Mocenigo sovrain­tendeva anche a scopo intimidatorio a tutte queste opera­zioni che ebbero tuttavia solo l’effetto d’incrementare l’in­sofferenza della nobiltà cipriota nei confronti delle sem­pre più pesanti interferenze veneziane nell’isola. Un’insofferenza destinata ad esplodere violentemente non appena Pietro Mocenigo avrebbe lasciato Cipro. E così, infatti avvenne.

 

I nobili ciprioti tramano

 

La cospirazione trovò nell’arcivescovo di Nicosia il suo punto di riferimento operativo tanto che fra i congiu­rati che penetrarono nel palazzo di Famagosta all’alba del 14 novembre del 1473, c’era anche l’arcivescovo in persona. Poco prima del sorgere del sole il gruppetto riu­scì ad entrare nel palazzo con la forza, uccidendo il ciam­bellano e il medico personale di Caterina che, svegliata dal trambusto, assistette impotente all’orribile strage.

 

La tragedia personale per la giovane regina, si sarebbe tutta­via consumata da lì a pochi istanti quando i congiurati scovarono lo zio e il nipote Marco Bembo che vennero ugualmente passati a fil di spada. I loro corpi martoriati, poi, vennero gettati nel fossato del castello sotto le fine­stre dell’appartamento reale. Caterina si trovava in una situazione a dir poco disperata, coinvolta, suo malgrado, in una rete di opposti interessi dalla quale solo con fatica ne sarebbe uscita.

 

Accanto all’irrequieta nobiltà cipriota, alle pretese della legittima erede Carlotta di Lusignano e agli interessi veneziani sull’isola, si aggiunsero ben presto infatti, anche gli Aragonesi di Napoli. Caterina venne anzi costretta a fidanzare una figlia del suo defunto marito (illegittima), con Alfonso, figlio altrettanto illegittimo del re di Napoli. Tutto questo a dispetto del fatto che Caterina avesse partorito da pochi mesi un bambino, figlio ed erede del defunto Giacomo III che infatti aveva lasciato il trono proprio al suo nascente figlio.

 

Quando a Venezia giunse la notizia di quanto stava accadendo nel­l’isola, il senato non esitò ad intervenire pesantemente. II governo ducale non poteva certamente starsene tranquil­lo di fronte alla prospettiva di vedere gli aragonesi instal­larsi a Cipro. E così, innanzitutto, si procedette alla caccia e all’arresto dei congiurati e ai loro complici.

 

Nell’isola intanto venivano inviati due consiglieri che praticamente gestirono il potere al posto di Caterina. Ormai il trono era ridotto ad una mera formalità. Le cose per la sfortunata regina, anzi, non avevano ancora cessato di andar male. Nel 1474 infatti le moriva anche il figlioletto di appena un anno. Con quest’altro lutto Caterina perdeva definitiva­mente ogni peso e ogni legittimazione per continuare a regnare e ben presto anche per il senato veneziano la gio­vane regina, allora poco più che ventenne, sarebbe diven­tata più un impiccio che un vantaggio.