QUADERNI DELLA RESISTENZA 
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Luglio 1979 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
 
 
Volume VIII
(da pag. 385 a pag. 392)


I. ATTACCO ALLA CASERMA DI TONEZZA
15 luglio 1944

 
 

 

L’attacco alla Caserma delle «Fiamme Bianche» (G.N.R.) a Tonezza situata nella Colonia alpina Umberto l° è il fatto d’armi che viene a concludere in maniera clamorosa la serie di attacchi ai Presidi militari situati nella vasta area geografica che diventerà la cosiddetta «zona libera» di Posina. Quest’ultima definizione, oramai tradizionale e giustificata perché in Val Posina vi era il Comando del Btg.ne «Apolloni» e quindi il centro politico-militare della zona libera, in effetti appare geograficamente restrittiva perché l’area completamente in mano dei partigiani si estese, dopo l’attacco alla Caserma, anche a tutto l’altopiano di Tonezza, a Folgaria e ad una vasta zona circostante del Trentino.


Fu pertanto l’attacco di Tonezza malgrado l’esito diverso da quanto sperato, a provocare l’allontanamento definitivo delle due Compagnie di «Fiamme Bianche »: si ampliò cosi la superficie montana disponibile liberamente a tutti i garibaldini che in quel mese di luglio si trovavano colà stanziati.


La «descrizione della battaglia» è già stata pubblicata (1), in modo conciso ed efficace, da Lamberto Ravagni («Libero») di Rovereto ed il suo racconto ormai fa testo, anche perché vi partecipò di persona e vi rimase ferito. Ho ritenuto tuttavia necessario riproporlo anche in questa sede affinché vi sia una immediata presa di conoscenza di come si svolse l’attacco.


«La mattina del 15 luglio 1944 l’intero distaccamento di “Turco “, dopo una marcia mattutina, scivola dietro i Tre Pizzi ed attacca dal Bosco la colonia alpina di A Tonezza, adibita a Caserma per i giovani fascisti. Contro 35 partigiani dall’altra parte stanno 270 fascisti, perché la guarnigione proprio nella mattinata è stata rinforzata da una nuova colonna.

Il piano è questo: “D’Artagnan” (2) e “Longo” (Cùel Luigi da Folgaria) si presenteranno con atteggiamento innocente alle sentinelle e poi all’improvviso le immobilizzeranno permettendo agli altri di irrompere occupando la caserma. Ma quando “Longo” si è già presentato con un mazzolino di fiori in mano e sta parlando con la sentinella, all’improvviso si odono due spari ed allora egli elimina le due sentinelle, rientrando subito al reparto.

“D’Artagnan” purtroppo è incappato in un ufficiale pignolo, che vedendolo attraversare il bosco immediatamente dietro la caserma, l’ha fermato ed ha preteso la esibizione di documenti, ricevendone due colpi di rivoltella. Fallita la sorpresa si combatte 1 a 10; noi allo scoperto e i fascisti nella colonia, che per di più è protetta a monte da un fossato. Male armati e soprattutto privi di mortai, con un solo mitragliatore, in queste condizioni ben difficilmente possono essere raggiunti risultati decisivi. “Turco” viene ferito fin dall’inizio da schegge di bombe a mano alla fronte e perde sangue a fiotti, perché emofiliaco.

Ciò nonostante attacca e distrugge a bombe a mano un gruppo di fascisti rinchiusi nello stabile staccato dell’infermeria ed altri ne cattura da solo, poi accortosi che un ufficiale fascista rinchiuso in una posizione isolata insidia da una feritoia il nostro fianco destro, balza allo scoperto e con la pistola prodigiosamente lo elimina. Ormai tutti i fascisti rimasti sono nella caserma, ma accedervi è impossibile. “Spagnolo” (Francesco Santacaterina da Santorso) (3) tenta di penetrare, ma viene colpito a morte. Avevo passato con lui due ore di guardia ai Fiorentini: era un ragazzo veramente generoso, un partigiano valoroso.

Anche il popolare “Treno” (Luigi Marzarotto da Poleo) (4) ha ricevuto una pallottola in fronte. Ma le perdite fasciste sono enormemente superiori. Oltre agli uccisi ed ai catturati all’aperto, anche nella caserma le perdite inflitte sono notevoli: un graduato è rimasto appeso a cavalcioni di una finestra, le bombe a mano Sipe lanciate attraverso le finestre fanno realmente strage. “Turco” poi ha la fortuna di centrare il deposito delle munizioni e provoca una forte esplosione, che sconquassa la Caserma.

Il combattimento dura già da un’ora e mezzo e da Arsiero stanno già arrivando di rinforzo compagnie di tedeschi. lo sono ferito e con me Cavour, altri lo sono più leggermente. È inutile insistere. Turco dà l’ordine di ritirarsi e grondante di sangue con soli 5 partigiani fa fronte al nemico per un periodo sufficiente e poi si disimpegna. Mentre i Tedeschi trovano ormai il vuoto davanti a loro il distaccamento partigiano si divide in due.

Una parte con i feriti si ritira verso la Valdastico, dove c’è “Carlo”, l’altra ritorna ai Fiorentini ed il giorno dopo disarma il presidio dei Carabinieri e la Feldgendarmerie di Folgaria e Carbonare. Intanto nella Valdastico in località Costa, il reparto dei feriti viene sorpreso in una baita. Durante una affannosa ritirata su terreno ripido e spoglio due partigiani sono colpiti a morte, tre sono catturati e immediatamente fucilati, un altro, un sudafricano fuggito dal campo di concentramento, viene portato via prigioniero.

In seguito all’azione di Tonezza che, pur non avendo raggiunto gli obbiettivi prefissi, ed il principale era la cattura di armi, rappresentò per le perdite notevoli inflitte ai fascisti un successo lusinghiero, tutta la zona montana viene abbandonata dai fascisti e tedeschi e diventa territorio liberato».

Fin qui il racconto di L. Ravagni.


Dalla parte avversa (G.N.R.) vi è la «Relazione sullo scontro avvenuto a Tonezza fra due Compagnie del Battaglione “Fiamme Bianche” e una banda di ribelli il giorno 15 luglio 1944», stilata in 4 facciate dal Maggiore che comandava il Battaglione durante lo scontro.


Tenendo presente che ciascuno dei contendenti ignorava quanto avvenne nel campo avversario, si può dire che le due versioni messe a confronto sostanzialmente coincidono.


Il Maggiore tuttavia precisa alcuni particolari:

a) la 1a Compagnia era partita dal Campo di Velo d’Astico alle 5 del mattino, era giunta a Tonezza alle ore 11 e si era sistemata in Caserma, dove si trovava già la 2a Compagnia, formata da 4 ufficiali e 96 uomini. In totale le forze fasciste erano di 200 uomini. (Secondo Ravagni i partigiani attaccanti erano 35).
b) l’attacco a sorpresa si scatenò dopo le 11 del mattino (probabilmente verso le 12-12,30) e lo scontro terminò alle 14,30. Il primo autocarro di truppe tedesche arrivò in Tonezza alle 16,30 e ne segui un secondo; alle 17,30 giunsero Ufficiali e militi della Polizia stradale e poco dopo alcuni camions con 70 allievi ufficiali delle «Fiamme Bianche». c) per ordine del Ten. Colonnello del Campo Dux di Velo d’Astico furono ritirate da Tonezza sia 1a che la 2a Compagnia ed i morti ed i feriti vennero portati a valle con un camion.


Un po’ di esagerazione, com’è d’obbligo nelle battaglie, si rileva, nelle due relazioni, nel numero dei morti e dei feriti dell’avversario. Risultano invece documentati i rispettivi Caduti. Le « Fiamme Bianche» persero un Capitano, un Tenente, tre allievi ed uno disperso nelle macerie o catturato. Tra i Partigiani furono colpiti a morte «Treno» e « Spagnolo» (sono da considerare a parte i 5 Caduti del 16 luglio per il rastrellamento in località Costa). In quanto ai feriti le «Fiamme Bianche» a Tonezza ebbero 18 feriti, tra i quali due Ufficiali, mentre fra i Partigiani sono stati feriti «Turco», «Libero», «Cavour» e, meno gravemente, alcuni altri.


È curioso il fatto che il Maggiore, il quale peraltro si trovava all’interno dell’edificio, non fa cenno dell’iniziale tentativo di stratagemma nei riguardi delle due sentinelle e dell’ufficiale ucciso all’esterno, mentre scrive nella Relazione che il Capobanda dei ribelli restò colpito a morte nello scontro.


L’attacco alla Caserma di Tonezza suscitò un notevole scalpore negli ambienti dell’ RSI. e se ne interessò anche Mussolini sul Garda, come appunto è documentato in un Bollettino dell’O. N. B. del l° agosto 1944. (5).


Le inevitabili discussioni sorte nell’ambiente partigiano locale sulla opportunità almeno di attaccare, nei tempi e nei modi concertati da «Turco» e da quanti altri con lui esaminarono le fasi dell’attacco e vi parteciparono, passano naturalmente in secondo piano alla luce del Bollettino dell’O.N.B. dal momento che l’attacco alla Caserma delle «Fiamme Bianche» di Tonezza costituì un duro colpo per Mussolini e per il prestigio del sospirato esercito della R.S.I.


Moltissime azioni partigiane della Resistenza italiana ebbero un esito non sempre felice per le disagiate condizioni di inferiorità in cui si svolgevano.

Quindi l’attacco di Tonezza, pur con i suoi due caduti e con il mancato disarmo delle «Fiamme Bianche», deve considerarsi – a mio parere – molto importante per due fondamentali motivi: ebbe menzione da parte fascista a livello nazionale ed apri lo spazio alla «zona libera» di Posina, la quale, per quanto minuscola e nel complesso di breve durata, rappresenta ugualmente un fatto storicamente di rilievo.


Il fatto che l’azione fosse stata ideata, così sembra, in maniera diversa (6) e che «Turco» ed il suo gruppo attaccante abbiano agito da soli rientra nella psicologia e nel comportamento della guerriglia condotta da giovanissimi, naturalmente portati all’irruenza, alla sopravalutazione delle proprie forze, alla tendenza al rischio, alla eccessiva fiducia nel proprio coraggio.


E non vi è dubbio che «Turco» e tutti gli attaccanti ne ebbero parecchio di coraggio. Gli interventi anticipati o improvvisi sembrano essere la regola, nella conduzione di una guerriglia, forse più che l’eccezione. Bisogna infine ammettere che, anche nelle azioni più meticolosamente preparate, vi è ugualmente un qualcosa che può andare storto. Quindi i giudizi a posteriori sono tutto sommato abbastanza ovvii e facili.


Non sono mancate le difficoltà nell’individuare tutti i partecipanti all’attacco e quindi riporto solo i nominativi di cui ho avuto in qualche modo notizia durante le ricerche sull’argomento:

l. - GERMANO BARON (Turco) da Schio (Poleo), comandante
2. - BRUNO STOCCO (Braccio) da Schio, commissario
3. - LAMBERTO RAVAGNI (Libero) da Rovereto
4. - CUEL LUIGI (Longo) da Folgaria
5. - STELVIO VITELLA (D’Artagnan) da Santorso
6. - FRANCESCO SANTACATERINA (Franz) da Schio (Poleo)
7. - LUIGI MARZAROTTO (Treno) da Schio (Poleo)
8. - ANTONIO SESSEGOLO (Cavour) da Schio
9. - ALDO SANTACATERINA (Leone) dal Tretto (Cerbaro)
10. - FRANCESCO BROCCARDO (Tartaro) da Santorso
11. - GRESELIN GILIO (Bocia) da Santorso
12. - FABRELLO DOMENICO (Rosso) da Arsiero
13. - MONTANARI LINO (Nino) da Reggiòlo (R. Emilia)
14. - SELLA GIOCONDO (Urban) da Laghi (Posina)
15. - MARCHIORETTO PIETRO (Mirko) da Santorso
16. - COSTALUNGA FRANCESCO detto Bepi Maran (Ferro) da Santorso
17. - BATTISTA ALFREDO (Porto) da Santorso
18. - CAPO GINO (Athos) da Santorso
19. - UN INGLESE alto e magro, con mitragliatore, catturato dopo l’attacco
20. - «FRACASSA» da Dueville
21. - MUNARI (Aramis) da Santorso
22. - GIUSEPPE TOMMASI (Sole)
23. - UN MODENESE



Sereno Schiro di Arsiero ha inoltre cortesemente fornito anche i seguenti nominativi:

24. - SANTACATERINA GIOVANNI (Conte) - cl. 1918 - dal Tretto
25. - SARTORI SILVIO (Arlotta) - cl. 1921 - da Schio
26. - SARTORI PIETRO (Colombo) - cl. 1926 - da Schio
27. - ZANINI UGO - cl. 1924 - da Laghi
28. - GOBBI ANGELO (Gorki) - cl. 1922 - ex carabiniere, da Schio
29. - GOBBI ATTILIO (Franca) - cl. 1924 - da Schio
30. - JERARDI NICOLA (Bosco) - cl. 1924 - da Armento (Potenza)
31. - PETTINA TARCISIO (Sanson) - cl. 1924 - n. Tretto, resid. Velo d’Astico
32. - DAL SANTO SANTO (Battisti) - cl. 1922 - da Schio
33. - DALLA VECCHIA NICOLA (Toti) - cl. 1924 - da Santorso
34. - CHIAPPIN ALFREDO (Mario) - cl. 1921 - da Schio
35. - CERBARO GIOVANNI (Goti) - cl. 1921 - da Schio
36. - MONTANARI ANTONIO (Bagai) - cl. 1925
37. - DALL’ALBA EMILIO - cl. 1925 - dal Tretto



Al racconto di Lamberto Ravagni, confermato senza rilievi sia da «Braccio» che dalle testimonianze da me raccolte, vanno aggiunte le notizie di FRANCESCO COSTALUNGA («Ferro») (7) di Santorso:

«La riunione nella quale Turco spiegò il piano di attacco ebbe luogo ai Fiorentini presso Boscoscuro: probabilmente il piano era stato discusso prima fra Turco, Libero, Mirko e Braccio. Siamo partiti il mattino all’alba con un Bren come arma pesante; a metà strada Turco mandò “Fracassa” ai Laghi per far venir su una pattuglia che si unisse a noi, ma dopo un paio d’ore di attesa (Fracassa disse poi di essere stato colpito da colica addominale), Turco decise di attaccare con gli uomini che aveva. Alcuni giorni prima ero andato con Porto e Sole a controllare la linea telefonica e quel mattino Porto ed io siamo andati per tagliare i fili; stavo già con la pinza in mano quando ci arrivò una scarica di mitra da alcuni militi della G.N.R. che giravano per Tonezza.

Durante l’attacco “Franz” fu colpito da una pallottola all’addome mentre stava attraversando il cor-tile e fu impossibile andare a prenderlo. Ad un certo punto dello scontro, che durò un’ora e mezza, i colpi di mortaio e le raffiche erano tali che siamo stati costretti a ritirarci. lo arrivai al Passo della Vena e qui riconobbi Turco solo dai calzoni alla sciatora perché aveva la faccia tutta insanguinata; mi disse di scendere alla fontanella e c’era Porto con due fascisti fatti prigionieri. Intanto i colpi di mortaio si avvicinavano ed i fascisti stavano avanzando in rastrellamento. lo tornai al Boscoscuro sotto i Fiorentini, mentre Porto nascose l’amico modenese (ferito alla caviglia) nel bosco sotto un letto di foglie. Dei nostri, una parte tornò ai Fiorentini ed un’altra scese in Valdastico (8)».


BRUNO STOCCO («Braccio») di Schio, allora commissario del distaccamento, riferisce che Turco - un uomo deciso e sicuro nelle sue azioni - intendeva attaccare la Caserma di Tonezza per impossessarsi di mortai e armi pesanti. Spirito piuttosto autonomo, egli sceglieva gli uomini accuratamente, uno per uno, dopo averli valutati nelle loro capacità operative. Non mi risulta che vi siano stati degli accordi per attaccare assieme a quelli della Valdastico e può darsi che l’idea dell’attacco – così ipotizza «Braccio» – sia sorta contemporaneamente.


«Con sicurezza ricordo che feci rilevare a Turco i pericoli di spostare una trentina di uomini senza che dessero nell’occhio, per cui proposi addirittura un frazionamento. Vista la cosa sotto questo profilo, è improbabile che Turco intendesse attaccare con altri partigiani provenienti dalla Valdastico. Già noi, per le condizioni di allora, eravamo un grosso gruppo operativo» (26.6.1979).




APPENDICE
LUSERNA
Attacco al Presidio tedesco
Primi luglio 1944


Una settimana prima «Carlo» si era trasferito dalla Val Leogra in Valdastico assieme ad Aldo Santacaterina («Leone») di Cerbaro, ai due fratelli Saugo di Carrè, Mario (Bill) e Aldo (James). A ponte Posta arruolava il giovane Giuseppe Costa («Ivan») di Pedemonte, attraverso il quale cominciò a stabilire i suoi primi contatti con persone del luogo disposte a dare un aiuto ai partigiani.


Fra gli interventi preliminari, «Carlo» blocca Ponte Posta, disarma un fascista e pubblicamente gli strappa la camicia nera, riunisce gli abitanti di Ponte Posta, Scàlzeri e Longhi e tiene un comizio incitando gli abitanti alla resistenza; analogamente a Montepiano invita la popolazione a collaborare con i partigiani tanto che il paese diventò in seguito uno dei luoghi più fidati. Tra le azioni militari, restando in tema di recupero di armi, una delle prime fu l’attacco al Presidio tedesco di Luserna.


Di recente l’azione è stata riportata anche da Agostini, Marchi, Guerzoni, Costa in «Brigate d’assalto GAREMI», pg. 114):

 

«Nei primi giorni del successivo mese di luglio ha luogo un’ardita azione contro un distaccamento delle G.N.R. installato a Luserna, munito di apparecchiature ricetrasmittenti, dipendente direttamente dal Comando tedesco. Una pattuglia di partigiani al comando di Alberto Sartori (Carlo) e Giuseppe Costa (Ivan), disarma e fa prigioniero l’intero distaccamento recuperando tosto tutto l’armamento e distruggendo le apparecchiature radio. I repubblichini vengono lasciati subito dopo liberi a condizione che non si ripresentino mai più al servizio della R.S.I. Da allora a Luserna si costituì un nucleo di partigiani formato da elementi locali, nucleo che continuò ad operare inquadrato nella “Pasubiana” fino alla liberazione».


Sull’argomento, e più in particolare, GIUSEPPE COSTA («Ivan») (9) riferisce quanto segue:

«L’idea di attaccare il Presidio di Luserna nacque in seguito ad una segnalazione di un giovane studente di S. Pietro in Valdastico, Nerino Serafini deceduto a Rovereto poco dopo la Liberazione (10); egli ci aveva informato sulla situazione a Luserna. L’attacco fu preparato accuratamente e verso sera il gruppo partì. Vi parteciparono – a quanto ricordo –: 1. Alberto Sartori (Carlo) - 2. Aldo Santacaterina (Leone) da Cerbaro - 3. Aldo Saugo (James) da Carrè - 4. Mario Saugo (Bill), suo fratello - 5. Giuseppe Costa (Ivan) da Pedemonte - 6. Agostino Scàlzeri (Pìzzolo) da Scàlzeri (11) - 7. Antonio Lorenzi detto Carnevale (Nadir) da S. Pietro - 8. Romano Tolda da S. Pietro - 9. Giovanni Sartori detto Apollonio da S. Pietro - 10. Nerino Serafini da S, Pietro. Quest’ultimo ci aspettava sul forte sopra Luserna. Arrivammo verso le 10 di sera e “Pizzolo” salì da Nerino ad avvertirlo che eravamo arrivati, sicché ci condusse sul posto.

Tre o quattro militi si trovavano fuori, nel posto di avvistamento, con mitra e moschetti ma alla nostra improvvisa apparizione alzarono prontamente le mani; entrammo allora nella casupola dove c’erano gli altri che dormivano. Dopo aver raccolto le armi e le munizioni e distrutto la ricetrasmittente, portammo giù i prigionieri (circa una dozzina) a Montepiano dove indossarono i vestiti da borghese; prima li abbiamo minacciati di non farsi più vivi nella zona e poi furono avviati per un sentiero che da Montepiano, attraverso il Passo della Vena, porta a Tonezza. Si venne a sapere che il giorno seguente i Tedeschi effettuarono una perquiosizione-rastrellamento a Luserna ma senza alcuna rappresaglia ».



ALBERTO SARTORI («Carlo») precisa che si trattava di un presidio tedesco e non della G.N.R., in quanto Luserna è un Comune di Trento. L’attacco ebbe luogo verso l’alba in conseguenza di un disguido nel percorso fra il gruppetto del C.L.N. di S. Pietro Valdastico ed i cinque partigiani armati.



TERRAGNOLO
Assalto al Presidio dei Carabinieri
luglio 1944



L’assalto a Terragnolo, durante l’iniziale migrazione in Val Posina, ha alcuni aspetti curiosi e conferma la notevole autonomia di azione delle pattuglie.

Questo è il racconto di Giovanni De Rossi (Ceck II) di Schio:

«Il milanese Lugano ed io fummo spostati dalla Valle dell’Agno in Posina per recare un messaggio a “Giulio”; appena arrivati cercammo il contatto che ci era stato indicato, un certo Cervo il quale gestiva una piccola centrale elettrica locale situata prima del paese venendo da contrada Ganna. Siamo rimasti da lui per un po’ di tempo perché “Giulio” non era ancora arrivato. Nel frattempo abbiamo fatto visita alla famiglia dell’Ing. Ervy Perrone in contrà Ganna ed abbiamo conosciuto altri partigiani della zona. Tra questi vi era uno di Posina, un autotrasportatore, che insisteva perché assaltassimo il Presidio dei Carabinieri di Terragnolo in modo da recuperare delle armi, dal momento che solo “Lugano” ed io eravamo armati. Con l’incoscienza dell’età, siamo partiti una sera in cinque : 1. Ceck II - 2. Lugano - 3. il nuovo amico di Posina - 4. un ex carabiniere sbandato - 5. un quinto che non ricordo. Arrivati a Terragnolo, ci siamo diretti alla casa dove dormiva il Maresciallo del Presidio e, dopo aver bussato, gli abbiamo intimato di uscire perché eravamo dei partigiani e la casa era tutta circondata. Con lui ci siamo spostati verso il Presidio (5-6 carabinieri).

Qui passai la mia pistola all’amico di Posina in modo da figurare che entravamo armati almeno in tre; gli altri due restarono fuori a parlottare in modo da dare l’impressione di essere in tanti. Il Presidio era a 2 o 3 piani e, a pensarci dopo, potevamo facilmente restare intrappolati; invece i Carabinieri si lasciarono tranquillamente disarmare e noialtri, siccome eravamo in pochi, abbiamo prelevato solo delle pistole, munizioni e 4 carabine, lasciando sul posto varie altre armi. Intanto il mattino dopo la gente aveva chiacchierato e “Turco” venne a saperlo.

Nel frattempo era in Posina anche “Giulio” e quando io e Lugano ci siamo presentati al Comando, “Turco” ci investì di tante male parole che addirittura ci minacciò di farci fucilare, perché lui era in buonissimi rapporti con il Maresciallo di Terragnolo, il quale gli forniva informazioni su eventuali rastrellamenti. Per fortuna “Giulio” intervenne a calmare le acque, e a chiudere la faccenda, tanto che dopo restammo tutti amici. È curioso però il fatto che alla fine ci fecero anche osservazioni perché, avendo fatto il colpo, dovevamo almeno portar via tutte le armi».



II. LA BATTAGLIA SUL PASUBIO
31 luglio - 1° agosto 1944


Tra gli avvenimenti più significativi della guerriglia in area GAREMI durante la «zona libera» di Posina vi è la Battaglia sul Pasubio, della quale si è scritto in precedenza in apposito capitolo (cfr. Quaderni 6).


Note

(1) LAMBERTO RAVAGNI ["Libero"]. Nato a Rovereto il 20.9.1926 ed ivi residente, avvocato. Cfr. Studi Trentini di scienze storiche, Trento, Soc. di studi per la Venezia tridentina, Annata XXIX - 1950 - Fasc. I e II, pg. 253 e segg. - Sull'argomento cfr. anche L. Agostini, P. Marchi, A. Guerzoni, G. Costa in "Brigate d'assalto Garemi", 1978, pg. 113. 

(2) VITELLA STELVIO ["D'Artagnan"]. Nato a Santorso il 30.7.1923. Circa un mese dopo l'attacco alla Caserma di Tonezza restò ucciso nel grande rastrellamento di Posina e, poichè in quel momento era solo, fu ritenuto disperso. Venne ritrovato alla fine della guerra nella zona di Laghi-Campiluzzi.

(3) SANTACATERINA FRANCESCO ["Franz"]. Di Tranquillo e di Comparin Elisa. Nato a Schio il 16.7.1926 e residente alle Falgare (Poleo). La famiglia si trasferì a Santorso il 19.12.1935. Gravemente ferito nell'attacco alla Caserma e raccolto dalla G.N.R. fu portato a Thiene dove morì lo stesso giorno. Il nome di battaglia "Spagnolo" è stato attribuito a Bellotto Gino di Schio (Poleo) e l'omonimia andrebbe chiarita.

(4) MARZAROTTO LUIGI ["Treno"]. Di Giobatta e di Cerbaro Rosa. Nato a Schio il 20.12.1920, agricoltore, reisdente a Poleo. Caduto nello scontro del 15.7.1944 e recuperato dalla G.N.R., fu considerato "disperso" e, in anagrafe, tolto dal Registro per irreperibilità il 4.11.1951.

(5) Dal "BOLLETTINO DELL'OPERA BALILLA" n.ro 18 - 1° agosto 1944 - XXII "IL DUCE FRA I GIOVANI DELL'OPERA BALILLA" - "Una rappresentanza di Avanguardisti, Balilla, Piccole e Giovani Italiane e due Compagnie del Battaglione d'assalto "Fiamme Bianche", accompagnati dal Presidente Renato Ricci e da dirigenti dell'Opera Balilla, si sono recati a rendere visita di omaggio al Duce, presso il Quartier Generale. All'apparire del Duce, nel bel viale ove erano schierati i reparti, un alto grido di fede e di entusiasmo si è levato dai giovani. Una profonda emozione appariva dai loro occhi, e nello stesso tempo la grande soddisfazione di trovarsi al suo cospetto e di gridargli, in nome di tutta la giovinezza dell'Italia fascista, la propria passione. Anche il Duce appariva commosso; per la prima volta infatti, dopo i tristi avvenimenti dello scorso anno, Egli è venuto a contatto diretto con i suoi giovani, ed ha potuto leggere nel loro sguardo la ferma decisione di seguirlo sino in fondo nel suo sforzo di ridare alla Patria la sua antica grandezza. Nel passare in rassegna lo schieramento, il Duce più volte si è fermato dinanzi ai reparti, intrattenendosi particolarmente con il Comandante del Battaglione e con le "Fiamme Bianche" che hanno recentemente dimostrato nello scontro di Tonezza la loro ferma volontà di offrire tutti sè stessi nel nome d'Italia. Ai legionari che immobili sull'attenti davano uno spettacolo superbo di fierezza ed agli Ufficiali tutti, il Duce ha rivolto la sua parola di elogio per il valore con cui essi hanno vittoriosamente affrontato e messo in fuga i ribelli. Al termine della visita, alla quale erano presenti alcuni rappresentanti della Hitler Jugend, il Duce ha espresso ai dirigenti il suo vivo compiacimento per l'opera svolta in questi dieci mesi di attività dalla rinascita dell'Organizzazione, tutta intesa a dare ai giovani la preparazione necessaria, fisica e spirituale, per essere oggi più che mai la certezza presente ed avvenire della patria fascista".

(6) IL PIANO STRATEGICO "CHIESA" - Alcune testimonianze affermano che l'attacco alla Caserma delle "Fiamme Bianche" di Tonezza sarebbe stato concordato alcuni giorni prima in maniera diversa da come si svolse. Qual'era allora il piano strategico iniziale? In merito vi sono le seguenti testimonianze:

GIUSEPPE COSTA ["Ivan"]: "Due o tre giorni prima dell'attacco si incontrarono a Montepiano in Valdastico "Turco" e "Carlo", forse anche "Braccio"; ero presente anch'io con altri. L'idea era di sfruttare il fatto che gli allievi della G.N.R. erano soliti alla domenica recarsi a Messa, mentre in Caserma restavano solo alcune guardie. Un gruppo di partigiani doveva bloccare la gente in Chiesa ed un altro si sarebbe recato alla Caserma. Prima però bisognava minare un tornante subito sotto Tonezza in maniera da far saltare la strada se fossero arrivati dei rinforzi da Velo d'Astico. A conclusione dell'incontro a Montepiano si stabilì che il gruppo della Valdastico sarebbe venuto su a Tonezza al sabato in modo da riunire tutte le pattuglie (mi sembra che dovesse parteciparne anche un'altra). Il venerdì "Carlo" ebbe ad orecchio che "Turco" aveva intenzione di attaccare prima di domenica (come fissato invece a Montepiano) e quindi mandò subito Aldo Santacaterina ["Leone"] da Cerbaro alla Malga di Prà Bertoldo, dopo i Fiorentini, per dissuadere "Turco" da quell'attacco anticipato. Il mattino del sabato 14 luglio, verso le 9 circa, io stavo salendo lungo il sentiero che da Montepiano porta a Tonezza attraverso il Passo della Vena ed erano con me una ventina di donne che dovevano trasportare giù del burro dalle malghe della zona. Incontrai "Turco" e "Braccio" con tutto il distaccamento e, fatte quattro chiacchiere, ci salutammo proseguendo ognuno per la sua strada. Né "Turco" né "Braccio" mi accennarono che dopo 3 ore circa dal nostro incontro avrebbero attaccato la Caserma di Tonezza. Tornai con le donne verso Montepiano e quando arrivai fra Boscoscuro e Ponte posta sentii i colpi e le raffiche della sparatoria di Tonezza, ma sul momento non pensai affatto che fosse "Turco" che andava ad attaccare. Fu a Ponte Posta che uno del vecchio Comitato di Valdastico mi informò che da Tonezza stavano arrivando dei feriti, tra i quali anche "Turco". Allora mi recai subito in frazione Scàlzeri, dove appunto si trovava con altri" [1.6.79].

 

ALBERTO SARTORI ["Carlo"]: "in quel periodo in Valdastico ci si incontrava a contrà Baisse in zona di S.Pietro Val d'Astico e ricordo Bill, James, Judek [Giacomelli - presidente CLN di S.Pietro], "Gusto Patrizio" di Settecà, poi intendente della Pasubiana e Giuseppe Costa (Ivan). In quei giorni, prima dell'attacco di Tonezza, "Leone" era in giro e ci venne a riferire che nella zona dei Fiorentini era arrivato "Turco" con un suo distaccamento e che si proponeva di dare l'assalto alla Caserma di Tonezza. "Turco" lo incontrai solo dopo che fu ferito. La notizia portata da Leone mi colse di sorpresa perchè noi in Valdastico avevamo già studiato un piano di attacco alla Caserma, comprese le mine a due tornanti, e per questo attacco avevo già convinto "Spiridione" a darci una mano con una o due pattuglie. Mi è completamente nuovo, o almeno non ricordo, che vi fosse un piano per bloccare gli allievi della G.N.R. in chiesa. mandai subito "Leone" da "Turco" per impedire l'attacco, ma quando "Leone" arrivò su trovò solo una sentinella ed i materiali pesanti che avevano lasciato sul posto. "Turco" era appena partito ed aveva una mezz'ora di vantaggio, per cui "Leone" fece uno sforzo tremendo per raggiungerli e li trovò sotto lo Spitz. Quando "Leone" riferì che in Valdastico avevano già preparato tutto perl'attacco, "Turco" replicò che ormai era tardi perchè le pattuglie erano già in movimento. A quanto ricordo, a mio avviso "Turco" ha preparato tutto per conto suo "contemporaneamente" a quello che noi stavamo organizzando in Valdastico. Quel giorno sentii il finimendo su a Tonezza e, quando arrivarono i feriti, accolsi Cavour alla Trattoria Basso e mandai una staffetta a chiamare il dr. Cadore, che disse di non poter venire e tramite una seconda staffetta mi mandò delle iniezioni ed una siringa, che buttai in acqua bollente e si spaccò, per cui fui costretto a mandarne a prendere un'altra. Un grosso gruppo che venne giù da Tonezza lo mandai sopra contrà Costa in un casolare detto Pissavacca. Non vi è dubbio che i rastrellatori andarono là a colpo sicuro perchè avevano avuto delle segnalazioni sullo spostamento dei partigiani da parte di spie della Valdastico" [5.6.1979].

 

(7) COSTALUNGA FRANCESCO ["Ferro"]. Di Giuseppe (agricoltore) e di Grazian Margherita. Nato a Santorso il 23.2.1924. Guardia frontiera a Fiume, subito dopo l'8 settembre i Tedeschi li imbarcarono in una nave e furono trasferiti a Venezia per la deportazione. Francesco riesce a saltare dal treno ed a tornare a casa. Dopo i bandi di novembre e durante l'inverno si nasconde a tezze ed in casa. A maggio, assieme a Boraccia, si collega con Brescia ed altri di Poleo. Quando a S. Caterina era pronto un gruppo numeroso per andare sull'altopiano di Asiago, giunse notizia di perlustrazioni e di spari in Valdastico, per cui il gruppo (un centinaio di giovani disarmati) si spostò in Valle dell'Agno al comando di Brescia e di Tokio. A Malga Campetto si sperava nei lanci ma dopo un giorno di permanenza tutto il gruppo tornò alle Madeghe, la maggior parte rientrò in famiglia. "Boraccia" andò poi con Carnera nella zona dei Tretti, mentre "Ferro" salì a Colle Xomo con Tom e Mirko. Successiva discesa in Posina e poi stanziamento di "Ferro" e "mirko" a Malga Melegna.

 

(8) ANTONIO SESSEGOLO ["Cavour"] da Schio, che si era dato da fare con la sua pattuglia per recuperare i due feriti del rastrellamento di Vallortigara, si trovava ora lui stesso ferito gravemente. Egli infatti riferisce:

"Dopo Tonezza fui condotto in Valdastico e qui il dr. Cadore mi prestò le prime cure (so che in seguito fu costretto ad allontanarsi dal paese per la sua attività a favore dei partigiani e credo sia andato dalle parti di Lonigo)".

Sempre in tema dei feriti della battaglia di Tonezza vi è la seguente testimonianza.

GIUSEPPE COSTA ["Ivan"] così racconta: "Il ferito più grave era senza dubbio "Cavour", che con altri era stato portato in contrà Forme dove feci venire il dr. Cadore nella trattoria "Basso", tra Forme e S.Pietro Valdastico; qui lo medicò ed in seguito portarono "Cavour" in una galleria sopra le Forme, dove in seguito si recò più volte anche il dr. Cadore. "Libero", ferito al polso, fu trasferito su di una roccia sopra S.Pietro Valdastico. Invece "Turco" con alcuni dei suoi era sceso nella frazione Scàlzeri e di qui lo accompagnammo al Tiro a Segno a Lastebasse, un posto a nostro giudizio molto sicuro, dove il dr. Cadore esaminò la ferita alla testa, disse che non era grave e lo medicò. Forse "Turco" non si sentiva sicuro in quel posto e sparì. Invece tutto il gruppo che era sceso da Tonezza si riunì a valle in una località vicino a frazione Costa. Qui furono nascoste delle armi, alcuni restarono lì, la maggior parte invece si allontanò. Il mattino successivo, il 16 luglio, era domenica e si mise in moto un rastrellamento; vicino a frazione Costa, dove c'erano le armi nascoste ed alcuni partigiani, piombarono per delazione i rastrellatori e ne catturarono quattro:

1. GRESLIN GILIO ["Bocia"] da Santorso
2. FABRELLO DOMENICO da Arsiero
3. MONTANARI LINO ["Lino"] nato a Reggiòlo di Reggio Emilia il 28.8.1922
4. SELLA GIOCONDO ["Urban"] dai Laghi.

 

Nei paraggi si trovava anche un civile, PRETTO SILVIO da Contrà Costa, che per essere uscito in abiti di tutti i giorni pur essendo di domenica, fu considerato un partigiano e siccome lui probabilmente non riuscì a spiegare la sua posizione di civile, venne fucilato con gli altri quattro. A frazione Costa vi furono inoltre incendi e saccheggi, ma non furono arrestate altre persone. Nel momento del rastrellamento io mi trovavo vicino a frazione Costa con Bruno Stocco ["Braccio"], "Carlo" ed altri. Il lunedì 17 luglio, preoccupati dai rastrellamenti, si decise di recuperare dei materiali (armi, sacchi a pelo, vivieri) che avevamo nascosto verso contrà Dogana in un tunnel che portava acqua ad una segheria. Partimmo in parecchi ("Carlo", "Braccio", "Ivan", "James", "Bill", forse anche "Leone" e qualche altro). Era l'alba, quasi scuro, e ci siamo fermati davanti una cosa vicina, dove c'era una donna che ci teneva nascosto dell'altro materiale; quando accese la luce al primo piano partirono subito delle violente raffiche da un prato vicino dove si trovavano dei Tedeschi, forse appostati dal giorno prima o forse arrivati lì nelle prime ore della notte. Non si può escludere che abbiano sparato per motivi di oscuramento, ma probabilmente avevano sentito i nostri passi. Ci siamo immediatamente dispersi, "Carlo" ed altri da una parte, io e "Braccio" da un'altra. Con noi si era aggregato il giorno prima un militare sbandato oriundo del meridione: scappò anche lui ma fu catturato, finì in campo di concentramento in Germania e tornò dopo la Liberazione. Anche qualche giorno dopo abbiamo fatto un secondo tentativo di recuperare dei materiali in contrà Dogana, ma quando "Carlo", "Leone" ed io stavamo per andare sul posto ci fu una persona che ci avvertì che nelle vicinanze c'erano ancora dei rastrellatori. Passati al di là dell'Astico, abbiamo notato che Tedeschi e Fascisti stavano ancora cercando armi in contrà Costa e nel bosco, per cui si decise di fare un'azione diversiva sparando delle raffiche e lanciando una bomba a mano. I Tedeschi lanciarono due razzi, fecero l'adunata e, saliti sui camions, vennero stranamente a Casotto e passarono sulla strada proprio sotto di noi. Contammo 17 camions e dal posto vantaggioso nel quale ci si trovava, avremmo potuto buttar giù parecchie Sipe sugli automezzi, ma fummo trattenuti dal fatto che poi i Tedeschi avrebbero scatenato una rappresaglia nella località più vicina, cioè a Casotto, dove avevano già bruciato due case".

 

(9) GIUSEPPE COSTA ["Ivan"]. Di Serafino (muratore) e di Irene Rossati. nato a Pedemonte il 28.11.1922. Di leva nell'11° Rg.to Alpini a Trento, poi sui confini della Jugoslavia e poi in Russia con i complementi della "Julia". Rientrato in Italia, all'8 settembre si trova nella Caserma Alpini di Bassano d. Gr. e, quando con altri fugge il 9 settembre sera, viene ripreso in un posto di blocco da Ufficiali degli Alpini e riportato in Caserma, donde però riesce a calarsi dal muro con una corda nel pomeriggio del 10 e quindi a piedi, via Conco-Asiago, torna a Pedemonte il mattino del giorno 11. In precedenza, lavorando a Bolzano, a Bressanone, al Brennero, aveva accumulato un ofrte rancore antitedesco contro i Bolzanini, che di sera solevano effettuare dei pestaggi verso gli italiani. Il suo inserimento nell'attività resistenziale ebbe inizio nella primavera del 1944. Questo è il racconto di "Ivan":

"Un giorno mi trovavo a Scàlzeri, frazione di Pedemonte, dove ero nato e vissuto. Lì incontrai il dr. Cadore, il quale mi chiese se potevo, il giorno dopo, recarmi nel suo ambulatorio, senza tuttavia spiegarmi il perchè. Il giorno dopo mi recai da lui a S.Pietro d.V. ed egli mi presentò tre o quattro persone che non conoscevo. Si parlò della situazione politico-militare, anzi parlarono loro, perchè io ero a zero, come la maggior parte dei giovani di allora. Ricordo che parlavano di costiuire un Comitato di Liberazione Nazionale, di staffette, di medicinali da procurare. Dopo la riunione non li rividi più, ma con il medico ebbi altri contatti. Una volta mi mandò alla stazione di Arsiero con un pacco di medicinali da consegnare ad una persona che mi aspettava all'ingresso con un vistoso fazzoletto nel taschino. Un'altra volta mi mandò con una lettera al Ponte di Schiri dove trovai una signorina di S.Pietro in Gù (seppi più tardi che suo padre - un professore - morì in campo di concentramento). Ebbi poi altri incontri con il dr. Cadore e con i membri di quel primo Comitato della Valdastico, ma non furono prese decisioni vere e proprie perchè si era piuttosto guardinghi nel muovere i primi passi. Un giorno di fine giugno del 1944 arrivò Alberto Sartori ["Carlo"] il quale mi persuase a passare all'azione armata, cosicchè mi portai in montagna armato di un fucile mod. 91".

 

(10) NERINO SERAFINI. Di Domenico (negozio calzature). Nato a S.Pietro d.V. nel 1926, studente. Incautamente presente al prelevamento di una spia fascista, venne segnalato e quindi si aggregò alle formazioni partigiane. Catturato il 29 luglio 1944, fu trasferito al campo di concentramento di Bolzano, dal quale tornò dopo la Liberazione. Per rappresaglia il padre di Nerino, la madre ed una sorella furono tradotti nelle carceri di Trento e la loro casa a S.Pietro d.V. venne bruciata.

 

(11) AGOSTINO SCALZERI (n. Pedemonte il 10.10.1923) e ANTONIO LORENZI ["Nadir", n. a Rotzo il 28.12.1911] vennero catturati nel rastrellamento del 6 gennaio 1945 e morirono con altri della Valdastico in campo di sterminio a Mathausen (cfr. AA.VV. Brigate d'assalto Garemi, pg.118).