QUADERNI DELLA RESISTENZA 
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Luglio 1979 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
 
 
Volume VIII
(da pag. 383 a pag. 385)

POSINA
«Zona libera»

di Emilio Trivellato
 
 

 

 

Introduzione
 
Nella storia delle Brigate d’assalto GAREMI vi fu un breve periodo – all’incirca un mese e mezzo – durante il quale nell’estate del 1944 una «zona» all’interno della vasta area GAREMI poté considerarsi «libera» da presìdi tedeschi e fascisti e disponibile alla circolazione dei partigiani.


L’epicentro fu l’alta Val Posina ma geograficamente la «zona libera» comprendeva: la Val Posina dalla Strenta in su e la Val dei Laghi, ambedue con i relativi valloni secondari, il massiccio del Novegno, le dorsali del monte Alba, il massiccio del Pasubio, le giogaie del monte Maggio e del Toraro e l’altopiano dei Campiluzzi e di Tonezza, oltre al territorio che si estende al di là della Borcola in Val Terragnolo.


L’intera zona presenta molti aspetti favorevoli alla guerriglia: numerosi boschi a vegetazione fitta durante l’estate, luoghi aspri e scoscesi percorribili solo da montanari, continui frazionamenti del terreno con dorsali e canaloni petrosi a sotto bosco, un gran numero di piccole contrade sparse con case parzialmente disabitate, casoni e baite, varie malghe per il rifornimento di latticini, una popolazione ospitale e tendenzialmente antifascista a causa della povertà e della emigrazione endemica.


Da un punto di vista strategico-militare l’intera zona, proprio per la sua conformazione geografica, nel caso di un rastrellamento anche massiccio da parte dei Tedeschi non offriva la possibilità di un «accerchiamento a morsa» in quanto isolatamente o a piccoli gruppi i partigiani potevano traboccare nelle valli viciniori attraverso le maglie dei rastrellatori, sia pure con pericoli e spaventi. Di questo sono conferma le «osservazioni» descritte nei racconti partigiani sul grande rastrellamento di Posina, nella quale chiude appunto al 12 agosto 1944 il periodo della «zona libera».


Questa ebbe inizio verso i primi di luglio dopo che i rastrellamenti del 30 aprile in Val Leogra, dall’Ascensione (18 maggio) e di Vallortigara (17 giugno), inframezzata da perlustrazioni e puntate tedesche e fasciste, avevano reso piuttosto caldo l’ambiente della Val Leogra. Nacque così l’idea di una migrazione di buona parte delle pattuglie e dei distaccamenti nell’area della futura «zona libera» e, dopo una ricognizione locale, partì il «Turco» con 20-25 uomini, i quali, tanto per cominciare a far piazza pulita, entrarono in azione ad Arsiero all’imbocco della ValPosina. «Giulio », già comandante del Battaglione «Apolloni» dopo il trasferimento a Padova di «Roméro», iniziò un progressivo passaggio di pattuglie e distaccamenti in Val Posina e sulle dorsali dei monti soprastanti, mentre il «Marco», pur facendo la spola con Posina, si orientò verso gli altipiani di Tonezza e dei Campiluzzi che anche in seguito, e in pratica fino alla Liberazione, diventarono e restarono la sua zona preferita.


Uno studio completo sulla «zona libera» di Posina nei suoi vari aspetti (composizione delle formazioni, organizzazione militare e logistica, condizioni di vita, comandi e gerarchie esistenti, rapporti con il comando della Brigata GAREMI, infiltrazione di spie, rapporti con la popolazione, azioni partigiane di sabotaggio e di attacco, rete dei rifornimenti e delle staffette, armamento esistente e vari altri) potrà concludersi solo dopo una lunga serie di ricerche.


In questo Quaderno ho ritenuto di approfondire alcuni argomenti particolarmente significativi per la storia locale e nazionale, come appunto l’attacco alla caserma delle «Fiamme Bianche» di Tonezza (15 luglio), l’interruzione della Vallarsa (7 agosto), la Battaglia della Strenta (9 agosto). Della Battaglia sul Pasubio (31 luglio-1° agosto) si è già scritto in altro Quaderno.


Sul rastrellamento di Posina, che conclude la «zona libera», ha già riferito «Giulio» (cfr. Brigate d’assalto GAREMI, cit., pgg. 84-89) e in questo Quaderno sono stati raccolti solamente alcuni racconti partigiani, con la riserva di completare l’argomento in un prossimo Quaderno mediante una ricerca sulla dislocazione delle formazioni, sui Caduti, su Malga Zonta, facendo anche seguire un commento generale.


Va sottolineato infine che, proprio due giorni prima del rastrellamento di Posina, la Brigata GAREMI, costituitasi a Malga Campetto sopra Recoaro il 17 maggio, diventò il Gruppo Brigate GAREMI (Alberto comandante, Lisy commissario) e ne è documento una lettera-circolare del 10 agosto 1944.


Poiché vi fu una certa «manovra di palazzo», le cui conseguenze si trascinarono per mesi e che tuttora rappresenta un pabulum di polemiche e discordie, mi è sembrato opportuno inserire nel Quaderno anche una ricerca preliminare su questo spinoso argomento, avendo l’impressione che le vicende drammatiche del rastrellamento di Posina abbiamo soffocato e rimosso in molti partigiani e comandanti il ricordo di questo trapasso di poteri mentre in realtà esso chiude il primo periodo della Resistenza garibaldina locale (pre-GAREMI e Brigata GAREMI) ed apre il secondo periodo (Gruppo Brigate e poi Gruppo Divisioni Garemi). Non si poteva quindi sottacere uno spartiacque così importante.


Ma, prima di concludere questa breve introduzione, è utile inquadrare brevemente la «zona libera» di Posina nel panorama più generale e nazionale delle forze partigiane garibaldine dell’ alta Italia. Secondo P. Spriano (Storia del P.C.I., cit., Vol V, pg. 377) il 20 luglio 1944 Longo inviava a Dimitrov il seguente messaggio-relazione:


«Già costituite oltre 60 efficienti Brigate d’assalto Garibaldi, varie divisioni con relativi comandi militari. Ogni Brigata comprende almeno 5-6 distaccamenti di 30-40-50 uomini, ciascuno già provato nella lotta, cioè un complesso di almeno 250-300 uomini. Contiamo ora nelle Brigate Garibaldine un 25-30.000 armati e oltre 5-10.000 disarmati. Vi sono 7-10.000 partigiani influenzati dagli altri partiti del C.L.N., soprattutto Partito d’Azione».


Per quanto riguarda poi le «zone libere», P. Spriano (pg. 362 e segg.) scrive:

"La prospettiva insurrezionale, tra il giugno e l’agosto del 1944 diventa una cosa molto concreta, anche se non si realizzerà. (. . .). Il fenomeno più massiccio, in giugno, è l’occupazione delle vallate alpine appenniniche, e la tendenza alla costituzione di «zone libere» dall’Emilia alla Liguria, dal Piemonte al Veneto. Sono numerose le vallate liberate nella prima fase estiva (. . .). Il Veneto non è da meno del Piemonte, della Lombardia, della Liguria, dell’Emilia nella crescita di un esercito partigiano e anche nel processo di unificazione delle varie sue componenti. Si tende, nel Bellunese e nella provincia di Treviso, a fare delle varie formazioni qualcosa di omogeneo, anche politicamente (sic), da parte dei dirigenti comunisti (Gaddi, De Luca, Piero Dal Pezzo, Clocchiatti, Elisio Dal Pont) (. . .). Anche dove si è forti non si riesce sempre a tenere, neppure in giugno-luglio, tutte le zone liberate, le perdite partigiane sono molto alte, di migliaia e migliaia di morti, e non meno gravi i sacrifici delle popolazioni civili; non c’è vallata senza eccidi di contadini, di giovani, di famiglie intere, massacri e incendi, dalla Val Seria al Friuli, dall’Oltrepò pavese all’Appennino toscoemiliano, da Fossoli a Fondo Toce».


In questa visione nazionale della Resistenza garibaldina nei mesi di giugno-luglio-agosto 1944, la storia della Brigata d’assalto GAREMI, dislocata nell’Alto Vicentino-Trentino, si inquadra perfettamente: a) costituzione di una «zona libera» con epicentro a Posina, b) processo di depurazione politica da parte di «Alberto», quasi sicuramente su direttive regionali.


È pertanto in questa dimensione, non localmente ristretta ma nazionale, che vanno letti e valutati gli avvenimenti della «zona libera» di Posina. 

Emilio Trivellato

(a questa introduzione seguono tutti i capitoli relativi  a "Posina zona libera")