STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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SONO GLI ULTIMI GIORNI PER CANDIA

 

SI RIFIUTA LA RESA

 

Dopo vent’anni d’assedio, per la città di Candia nel 1668 è giunta l’ora decisiva. Anche i turchi sono stanchi e chiedono ai veneziani la resa, che viene sdegnosamente rifiutata dal capitano Francesco Morosini

 

 

Anche se erano trascorsi ormai più di vent’anni da quell’ormai lontano 1647 quando i primi tur­chi posero le tende sotto le assolate mura di Candia, per la capitale dell’isola iniziava solo ora il vero assedio, quello risolutivo e per questo più tragi­co e feroce. Gli attacchi infatti si intensificarono per tutto il 1667.

 

Fra maggio e novembre di quell’anno si contarono ben 32 assalti contro la città, tutti senza alcun esito a dimostrazione di quanto ardua fosse la conquista della città-fortezza. Ci pensò l’arrivo della stagione invernale a far rallentare fortunatamente le operazioni. Il Gran Visir in persona intanto aveva assunto il comando delle truppe portando nell’isola altri rinforzi.

 

Se le piogge ritardarono i preparativi, questi tuttavia non si fermarono neppure durante l’inverno. Il Visir, anzi, durante quei mesi fece costruire un lungo molo oltre l’imboccatura del porto di Candia con l’evidente intenzione di bloccarne i riforni­menti via mare. Questa operazione aggravò non poco la situazione, già di per sé critica I veneziani nel corso della campagna estiva avevano già perso ben 7000 uomini.

 

Con l’arrivo del nuovo anno poi, le cose non migliorarono di certo. I turchi ripresero infatti su vasta scala gli attac­chi prendendo di mira in particolare il bastione di S.Andrea che, tuttavia, non cedette. Intanto nella città si chiudevano le brecce e si contavano i rifornimenti, dal mare la flotta veneziana faceva del suo meglio per contra­stare le navi nemiche.

 

Le galee veneziane cercano di alleggerire l’assedio, mentre i francesi pensano alla gloria...

 

Sette galee comandate da Lorenzo Celsi riuscirono a fronteggiare vittoriosamente 12 galee capitanate dal corsaro Durac, operazione riuscita grazie anche all’arrivo di altre 20 navi del nuovo capitano generale Francesco Morosini, fatte uscire appositamente dal porto di Candia. Qui, intanto, malgrado le vittorie navali la situazione non era buona neppure fra le fila alleate.

 

Morosini voleva affi­dare ai francesi la difesa dei bastioni, ma i “fratelli” d’ol­tralpe rifiutarono quasi sdegnosamente l’incarico. Quello a cui avevano puntato venendo a Candia non era stata certo una semplice azione di pattugliamento delle mura, ma un’azione generale e clamorosa contro i turchi, tale che questi avrebbero alla fine nientemeno che tolto l’asse­dio alla città. Morosini sapendo molto bene come fossero sempre finite le precedenti sortite rispose che una cosa del genere era impensabile.

 

Si dovevano al contrario con­centrare al massimo le poche energie rimaste nella difesa estrema di Candia evitando assolutamente di disperderle in inutili e controproducenti scontri con un nemico che aveva assunto dimensioni macroscopiche. Al comandante veneziano erano rimasti solo 5000 uomini e non poteva certo rischiare di perdere neppure un uomo inutilmente.

 

C’erano le mura da difendere e da rabberciare per le con­tinue brecce che i cannoni turchi aprivano con i loro quo­tidiani cannoneggiamenti. Niente da fare. I Francesi erano decisi a muoversi anche da soli. E così fu lo scontro durante il quale riuscirono a procurare ai turchi delle per­dite e conquistare 200 metri di terra(!), ma altrettanto alte, se non di più in proporzione, erano state le perdite nelle fila dei francesi che, alla fine, dovettero infatti riti­rarsi.

 

Azione inutile ed insensata, ma che arrecò ai nobili comandanti francesi la gloria, quella gloria che tanto ave­vano cercato e voluto! Questa era diventata Candia per gli stranieri. Un’occasione per distinguersi e ricoprirsi di fama e di gloria agli occhi dei più, sempre che non ci si restasse, ricoperti di terra e di pietre...

 

Si chiede la resa ma il Morosini rifiuta con sdegno...

 

Intanto, ovviamente, l’assedio procedeva anche se fra gli stessi turchi iniziava a serpeggiare una certa insof­ferenza mista a stanchezza e demoralizzazione nei con­fronti di un’impresa che sembrava veramente senza sboc­co. E così, chiesto al Sultano di dare almeno un cambio, questi per tutta risposta fece sapere ai suoi soldati che si sarebbero riposati solo dentro le mura di Candia.

 

Se c’era poi qualcuno che non la pensava esattamente così, avreb­be fatto i conti con il Sultano in persona! E così gli scontri ripresero. Il 4 ottobre del 1668 si verificò un fatto clamoro­so, questa volta ai danni dei turchi. Caterino Cornaro infatti riuscì a fare strage di giannizzeri dall’ alto delle mura mentre dalla parte nemica si rispondeva con mar­tellanti tiri di artiglieria. Dal di fuori si distruggeva men­tre dall’interno si ricostruivano le mura crollate.

 

Lo scon­tro durò alquanto e fu la circostanza che portò il Gran Visir turco ad una clamorosa decisione. Dato che con la forza delle armi la città risultava a tutti gli effetti impren­dibile, tramite il suo dragomanno Nicasio Panagiotti scrisse al capitano generale Francesco Morosini esortan­dolo a cedere la città.

 

In cambio si dice, lo avrebbe reso principe di Valacchia e di Moldavia. La risposta del capi­tano veneziano fu tra le più risolute, naturalmente: “...se vuoi provarmi, son parato a dartene un saggio coll’armi, rammentandoti però che il re tuo ti spediva siccome capi­tano delle milizie, non quale negoziatore di regni o pro­vincie”. Morosini non poteva essere stato più chiaro di così e il Visir al contrario, maggiormente umiliato. Dopo questo segreto scambio le parole tornavano così alle armi. L’assedio di Candia continuava...