STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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GLI ULTIMI EROI DI UN’ASSURDA GUERRA

 

LA MORTE DI CATERINO CORNARO (ANNO 1669)

 

Nel 1669 l’assedio turco alla città di Candia si fa serrato. Le due parti ormai stremate ed impazienti, si scontrano con sempre maggior violenza in sortite sempre più ravvicinate e a cadere sono anche personaggi eccellenti

 

 

Con il 1669 iniziava un anno decisivo entro il quale infatti si sarebbe definitivamente e final­mente risolto l’assedio alla città di Candia e con questo il destino dell’intera colonia veneziana nell’Egeo. Dopo più di vent’anni si stava avvicinando ine­sorabile il momento risolutivo.

 

A concludersi era una guerra di fatto mai esplosa in forme eclatanti, fatta di scontri, sfide, battaglie navali ed ultimatum intervallati da momenti di silenzio, da lunghe pause, giusto il tempo da permettere alle due parti di riorganizzarsi. E i turchi, dopo aver dovuto ripiegare sotto l’incalzare degli uomini del marchese de la Feuillade si stavano, all’inizio del nuovo anno, per l’appunto riorganizzando.

 

Acmet fece subito costruire tutta un’intricata rete di trinceramenti simili ad un labirinto in modo tale da conferire la massi­ma possibilità d’azione ai suoi uomini in condizioni di eccezionale sicurezza rafforzata anche dai numerosi can­noni disposti in vari punti di questa rete difensiva. Invano i veneziani bombardavano le postazioni nemiche. Gli uomini morti venivano prontamente sostituiti, ai can­noni colpiti altri e di nuovi se ne aggiungevano.

 

ùC’era da tenere a bada l’esercito turco, ma c’era anche da prosegui­re una pesante attività di rafforzamento e di restauro di quelle parti di mura che crollavano sotto il tiro nemico ormai incessante. Per gli assediati, inoltre, si facevano sempre più difficoltosi e dilazionati anche i rinforzi e i rifornimenti. Con sempre maggiore difficoltà infine, si tro­vavano anche uomini freschi da rimpiazzare al posto dei caduti che in quell’anno non furono davvero pochi. Nel solo 1668 Venezia aveva perso infatti a Candia 5340 sol­dati e 586 ufficiali oltre 2400 fra guastatori e remiganti.

 

Candia, il bastione imprendibile, vanto di Venezia...

 

Ma non era finita. Con il nuovo anno a queste vitti­me se ne sarebbero presto aggiunte molte altre e di non poco conto e prestigio. Anche con il 1669l’obbietti­vo dei turchi non sembrò mutare. Si doveva distruggere il forte di S.Andrea, punta di diamante delle fortificazioni candiote. In quei primi mesi dell’anno ne aveva assunto il comando in qualità di provveditore generale, Caterino Cornaro, un’altra mitica figura di quell’assurda guerra.

 

Militare eccellente e uomo dotato di una non comune capacità organizzativa, il Cornaro fece proprio fino in fondo il gravoso compito sovraintendendo costantemente alle operazioni di difesa del forte. Mai stanco e sempre presente, il provveditore veneziano seguiva e gestiva con cura ogni operazione all’interno del forte con eccezionale energia ed impegno.

 

Disponeva gli uomini alla difesa, controllava le munizioni e le artiglierie piazzate sulle mura, infondeva coraggio e speranza. Questo almeno, fino alla giornata fatale. Era il 13 maggio e Caterino Cornaro si trovava in una delle numerose gallerie del forte accom­pagnato da altri ufficiali assieme ai quali stava concertan­do alcune opere di difesa.

 

Tutto si consumò in un attimo improvviso. Una bomba nemica colpì in pieno quel settore del forte dilaniando cose e persone. Fra queste ultime anche il Cornaro che risultò inizialmente solo ferito ad un fianco, ferita che si sarebbe comunque dimostrata morta­le.

 

ùSarebbe infatti spirato fra le braccia dei presenti pochi istanti dopo. Prima di morire ebbe però il tempo di rivol­gersi al sergente generale Varisano Grimaldi raccoman­dandogli la difesa del forte a oltranza. Furono quelle le sue ultime parole e la sua estrema volontà.

 

A Venezia, quando giunse la triste notizia, il Senato fece predisporre dei grandiosi funerali pubblici mentre alla sua memoria quattro anni dopo il fratello Girolamo, decorato cavaliere dopo l’eroica fine del congiunto, fece erigere nella chiesa del Santo di Padova un monumento commemorativo ad imperitura memoria del valoroso Caterino. Ma Venezia era ormai stanca anche di piangere e di ricordare i suoi eroi e quello del Cornaro sarebbe stato, pur nella fatalità della fine, l’ultimo glorioso ed eroico esempio di fedeltà patria.

 

L’assedio: una grande spesa economica oltre che umana ...

 

Malgrado i tardivi aiuti offerti in quegli ultimi due anni di assedio da altre nazioni europee, la Serenissima era quella che maggiormente ancora soste­neva i costi maggiori dell’assedio, sia in termini umani che economici. Significativa in tal senso – e non certo casuale – la rimostranza dell’ambasciatore veneziano Antonio Grimani presso ilpontefice Clemente IX con dati alla mano.

 

Nel solo 1668 Venezia aveva fornito 8700 sol­dati, 2000 guastatori, 1000 marinai, 221 bombardieri e 60 operai di varie qualifiche. Non solo, ma anche la maggior parte delle derrate alimentari per sostenere l’esercito e gli assediati di Candia portava il marchio di S.Marco: grano, farine oltre a tutto ilmateriale bellico:41 cannoni, polvere da sparo per 2.879.000 libbre, 790.000 libbre di piombo a cui si aggiungevano ferro, legno, stoffe, ordigni vari e il tutto spedito per via mare con l’impiego di 79 vascelli e 77 imbarcazioni per una spesa complessiva per il solo anno di quasi 4.000.000 e mezzo di ducati! Anche le cifre astro­nomiche dei conti sostenuti dalla Repubblica, spingevano evidentemente con forza verso una rapida chiusura del­l’assedio, in un modo o nell’altro.