STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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LA GRANDE AVVENTURA DEI FRATELLI POLO

 

ALLA CORTE DEL GRAN KAN TARTARO

 

Che vita quella dei fratelli Polo! E che fatica riuscire a convincere il Gran Kan per potere tornare a Venezia! Ma alla fine i nostri veneziani ci riescono e trovano ovviamente tutto cambiato. Quanti anni passati al servizio del Kan, e quanti cambiamenti a Venezia e in Europa...

 

 

Scarse sono le notizie attorno all’infanzia del più famoso mercante-viaggiatore veneziano, Marco Polo. La sua famiglia, di origine dalmata, si era trasferita attorno al Mille a Venezia dedicandosi presto alla mercatura e ai commerci con l’Oriente. Il padre di Marco, Niccolò Polo, proprio per questa sua atti­vità trascorreva lunghissimi periodi lontano da Venezia, dove Marco era nato nel 1254 e dove trascorse la sua infanzia accudito dalla sola madre.

 

Nel 1260, infatti, il padre si era recato a Costantinopoli, raggiungendo il fra­tello Matteo, che nella capitale bizantina aveva da tempo i suoi commerci. Con un terzo fratello i Polo si recarono in quell’anno da Costantinopoli in Crimea, a Soldaia, da sempre importante porto ed emporio commerciale tra Oriente ed Occidente.

 

Da lì si inoltrarono poi nella regio­ne del basso Volga spingendosi infine sino a Bukhara dove, a causa di una guerra, furono costretti ad una lunga permanenza di tre anni. Lì i Polo incontrarono casualmente un’ambasceria del re di Persia che si stava recando presso la corte di Kubilay Khan, nipote del famo­so Gengis Khan e sovrano della lontana e favolosa Cina (Katai).

 

I Veneziani si unirono così alle carovane dirette nel Katai giungendo infine nella capitale Khanbalik, l’o­dierna Pechino. Qui vennero benevolmente accolti da Kubilay che li trattenne presso la sua corte fino al 1269. In quello stesso anno i Polo fecero finalmente ritorno a Venezia dove Niccolò poté riabbracciare il figlio Marco ormai cresciuto. Il rientro, tuttavia, durò ben poco, dato che, già nel 1271, i Polo riprendevano la via dell’Oriente portando con loro, questa volta, anche il giovane Marco.

 

Quasi una vita in viaggio

 

Il viaggio, ancora una volta compiuto per via terra, si rivelò lungo ed estremamente pericoloso. I Veneziani per raggiungere nuovamente la corte di Kubilay, impie­garono infatti ben tre anni attraversando la Persia, l’Afghanistan, gli altopiani di Badaksan. Qui, per una malattia di Marco, la comitiva dovette fermarsi per circa un anno per giungere, una volta ripreso il cammino, nel Turchestan cinese. Da qui percorrendo la parte meridio­nale dell’antica via della seta e lungo il deserto del Gobi, i Polo giunsero finalmente alla residenza del Gran Khan.

 

Kubilay accolse con grande entusiasmo i due fratelli Polo riversando tuttavia ben presto la sua stima e la sua sim­patia sul giovane e nuovo ospite, Marco. Il sovrano mon­golo, del resto, si era già dimostrato un sovrano estrema­mente aperto e disponibile ad accogliere ogni novità, curioso di conoscere quanto accadeva e come si viveva dall’altra parte della Terra. Apertura e sensibilità comu­ni del resto al giovane Polo.

 

La considerazione goduta da Marco presso il sovrano si concretizzò ben presto con l’as­sunzione da parte del giovane veneziano di numerosi ed importanti incarichi per conto di Kubilay, Che ne fece uno dei suoi più fidati funzionari. A più riprese Marco venne infatti incaricato di lunghe missioni diplomatiche in diverse province del vasto impero, dal Tibet alla Birmania, che gli consentirono di conoscere gli usi, i costumi, la lingua e i territori di popolazioni tanto lontane ed estranee al mondo occidentale di allora. Questa inten­sa attività diplomatica venne anche coronata con la nomi­na di Marco a governatore per un triennio della città di Yangchow.

 

Il desiderio del ritorno in patria, a Venezia

 

La permanenza dei Polo nel Katai si stava tuttavia protraendo ormai da troppo tempo ed il Gran Khan non sembrava intenzionato a lasciarli partire rinuncian­do così alla loro presenza ed ai loro servigi. L’insofferenza dei Polo dopo così lungo tempo, d’altro canto, aumentava progressivamente e quando si presentò loro un’occasione per poter finalmente ripartire senza per questo offendere la generosa ospitalità del Gran Khan, non se la fecero scappare.

 

L’occasione fu data dal viaggio della principes­sa mongola Cocacin, della medesima stirpe del sovrano, viaggio che l’avrebbe portata al suo promesso sposo il Gran Khan di Persia. E così nel 1292, a quasi vent’anni dal loro arrivo in Cina, i Polo potevano fare finalmente ritorno in Occidente, a Venezia, aggregandosi alla scorta e al seguito di ben oltre 2000 persone, della giovane prin­cipessa. Kubilay, ormai rassegnato alla partenza dei Polo e del giovane Marco, fornì loro le navi indispensabili al lungo viaggio e con le navi le scorte per almeno due anni.

 

Il viaggio di ritorno infatti, si sarebbe svolto nella sua prima parte per via marittima, lungo la penisola di Malacca fino a Sumatra e Ceylon. Superata l’isola e risa­lendo le coste occidentali dell’India, sarebbero poi appro­dati ad Hormuz in Persia. Da qui il convoglio avrebbe proseguito per via terra fino a raggiungere finalmente la corte del sovrano persiano dove i Veneziani sostarono per altri nove mesi, trascorsi i quali i Polo ripresero la via del ritorno attraverso Trebisonda e Costantinopoli.

 

Era il 1295 quando, supera­to il Bosforo, Niccolò, Matteo e Marco Polo si lasciarono alle spalle migliaia di chilometri ed un’avventura com­merciale ma soprattutto, e primariamente, umana ed intellettuale irripetibile. In quel medesimo anno il terzet­to fece infatti ritorno a Venezia dove nel frattempo la madre di Marco era deceduta senza mai più rivederli.