STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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INIZIA COSì IL DOMINIO SULLA TERRAFERMA VENETA

 

VENEZIA CONQUISTA PADOVA

 

La conquista di una città avviene o per assedio o per tradimento. E la “conquista” di Padova non fece eccezione: la quinta colonna della famiglia Da Carrara fece da battistrada alla potenza delle armi veneziane neutralizzando il controllo degli Scaligeri sull’intero territorio del Veneto centrale...

 

 

Nel 1329 veniva a morte dopo un dogato di 16 anni Giovanni Soranzo e prontamente gli suc­cedeva sul trono ducale Francesco Dandolo. Venezia fino ad allora era stata da sempre una potenza marittima e a questo era legata la sua fama. II rapporto con il suo entroterra tuttavia, non era certo di minore importanza dato che dalle sue campagne giunge­vano via fiume a Venezia i generi ed i prodotti di prima necessità indispensabili per la sopravvivenza fisica dei suoi abitanti.

 

In quest’ottica, l’evoluzione delle vicende storico-politiche dei Comuni veneti riguardavano sempre più anche Venezia. Una città, quella lagunare, in costan­te crescita demografica se si pensa che solo nell’ultimo secolo aveva raddoppiato la sua popolazione con un con­seguente, crescente aumento della domanda di generi ali­mentari che la legavano sempre più alle città agricole del­l’entroterra.

 

Già agli inizi del XIII secolo era emersa la necessità di entrare in qualche modo nella vita politica dei Comuni, esigenza momentaneamente frustrata durante il ventennio ezzeliniano durante il quale Venezia si rese conto anche della pericolosità di avere alle spalle una signoria personale e dispotica quale fu quella del da Romano.

 

Caduto il “tiranno” nel 1260, la pace non tornò certo a regnare nella regione dove si scontravano ormai apertamente, le mire espansionistiche dei due Comuni più forti, quello padovano dei da Carrara e quello verone­se dei della Scala. Una situazione che da un sostanziale equilibrio nel corso della seconda metà del secolo, arrivò al punto di crisi politico-militare in quello successivo.

 

Cangrande della Scala infatti, aveva rapidamente con­quistato Feltre e Belluno togliendo successivamente ai Padovani Vicenza per arrivare a conquistare infine, la stessa Padova nel 1328. La potenza espansiva del signo­re veronese arrivò così l’anno seguente alle porte di Venezia quando proprio nel 1329 fece installare niente meno che a Mestre i suoi doganieri.

 

La morte di Cangrande in quel medesimo anno non mutò di molto la situazione per Venezia, se non in peggio. II suo successore Mastino II procedeva infatti sulla linea paterna annet­tendosi anche le città di Parma, Brescia e spregiudicata­mente pure Lucca in Toscana. Forte di questi inarrestabi­li successi Mastino II aveva poi iniziato ad intralciare pesantemente il commercio fluviale da e per Venezia ina­sprendo esageratamente i dazi sulle merci e minacciando lo stesso monopolio veneziano del sale.

 

Il della Scala, infatti, aveva inaugurato l’importazione del prezioso minerale da Salisburgo, città ricca infatti di miniere di salgemma, ed aveva costruito, vicino a quelle veneziane, le sue saline. Ora poteva inviare a Venezia il suo amba­sciatore Marsilio da Carrara, signore-fantoccio di Padova e nominato vicario degli Scaligeri dopo la loro conquista della città.

 

L’eccessiva fiducia, o forse la prova di tale fidu­cia, concessa dai veronesi a Marsilio si dovrà rivelare ben presto un grave, fatale errore. Il padovano infatti, non poteva certo accettare il ruolo di semplice vicario della “sua” città, al servizio per di più del nemico conquistatore, e così i negoziati con Venezia rappresentarono per il da Carrara una preziosa occasione per poter riacquistare eventualmente la città proprio con l’aiuto degli stessi veneziani che, di ragioni per contrastare il potere scalige­ro ne avevano sin troppe.

 

Si narra, così, che durante un banchetto diplomatico, caduta la forchetta al doge, Marsilio si sia inchinato a raccoglierla sussurrando al Dandolo in quei brevi istanti. “Che premio se vi conse­gnassi Padova?” E il doge: “La Signoria di Padova”. E così fu.

 

Venezia accettando di appoggiare il da Carrara nelle sue segrete aspirazioni, entrava a pieno titolo nelle con­vulse ed intricate vicende dei Comuni veneti. Oltre Padova infatti, Venezia garantì al signore carrarese anche Monselice, Este, Cittadella e Bassano, in cambio di garanzie economiche e di una reciproca alleanza difensi­va, Venezia otteneva invece oltre a questo, il dominio di Treviso e del suo territorio “sbarcando” così anche fisica­mente sulla terraferma.

 

E così, il 10 ottobre del 1336 Pietro de Rossi, il più giovane rampollo della spodestata famiglia signorile di Parma, ma anche uno dei più validi condottieri del tempo, riceveva dal doge in persona il gon­falone di S.Marco. Era l’investitura ufficiale da parte dei veneziani del comando di un esercito che riuniva nelle sue file gli esponenti di un vastissimo fronte anti-scalige­ro che includeva anche i Gonzaga, gli Estensi e gli stessi Visconti, spaventati dalla crescente potenza dei signori veronesi.

 

Dopo la prima vittoriosa serie di scontri dell’e­sercito della coalizione, il comandante de Rossi portò le sue truppe verso Padova dove si trovava a difesa della città Alberto della Scala accanto a Marsilio da Carrara che in realtà aspettava speranzoso, all’insaputa dello sca­ligero, l’arrivo degli eserciti.

 

Mastino d’altro canto, aveva dovuto lasciare la città per accorrere a Brescia dove un attacco diversivo di Azzo Visconti richiamò astutamente il potente signore veronese. Padova, così, lasciata in mano all’inetto Alberto divenne una facile preda per l’esercito del de Rossi che poteva contare anche sulla complicità interna dei fratelli carraresi Marsilio ed Ubertino.

 

Fu pro­babilmente quest’ultimo ad aprire le porte della città alle truppe anti-scaligere che arrivarono nella piazza centrale senza trovare alcuna resistenza. Alberto si rese conto troppo tardi di quello che stava accadendo e venne facil­mente catturato e spedito a Venezia quale prezioso pri­gioniero. Anche per Mastino della Scala, del resto, le cose non volgevano certo per il meglio tanto che nel 1339 fu costretto a chiedere la pace. Pace che si dimostrò estre­mamente vantaggiosa soprattutto per i veneziani.

 

Padova, infatti, tornava solo formalmente ai Carraresi che di fatto si erano rimessi nelle mani del governo lagu­nare che riusciva anche a confermare il possesso di Treviso e del suo territorio da Castelfranco a Oderzo, assi­curandosi una preziosa via per i paesi d’Oltralpe dove venivano largamente distribuiti i prodotti provenienti dall’Oriente ed importati da Venezia. II primo, importan­te nucleo del futuro dominio veneziano sulla terraferma aveva così preso lentamente consistenza.