STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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FATICOSA L’ELEZIONE DEL NUOVO E RESTIO DOGE

 

CONTARINI RIFIUTA IL DOGATO

 

C’è chi vuole il potere assoluto e chi nicchia e proprio non ne vuole sapere. Anche perché il compito di doge non era dei più facili e il fardello era pesante assai. Contarini fu uomo molto restìo alle lusinghe del potere, ma dovette rassegnarsi alle minacce dei rappresentanti dello Stato che non potevano accettare defezioni...

 

 

Alla morte del doge Lorenzo Celsi sotto il cui dogato era scoppiata la rivolta dei coloni vene­ziani di Candia successivamente domata, sali al trono Marco Corner. La sua elezione non fu priva di contrasti e di obiezioni, prima fra tutte l’avan­zata età – aveva più di 80 anni – e la sua condizione eco­nomica, risultando il Corner estremamente povero.

 

L’aspirante doge tuttavia seppe difendere le sue ragioni e la sua candidatura davanti al Maggior Consiglio con una tale passione e al tempo stesso con tanta saggezza da spuntarla e venir eletto quale nuovo doge. Il tempo si dimostrò tuttavia meno clemente col vecchio doge, che scese infatti nella tomba da lì a pochi anni il 13 gennaio del 1368 lasciando ancora una volta Venezia senza doge.

 

Se il governo del Corner, seppur breve, si caratterizzò come un periodo di pace e prosperità, non così il governo del suo successore Andrea Contarini, con il quale infatti la repubblica veneziana si ritrovò nuovamente in guerra coi genovesi e non solo.

 

Contarini, al contrario era un uomo di indole estremamente pacifica, assolutamente privo di ambizioni personali pur essendo l’esponente di una ricca ed illustre famiglia che darà a Venezia ben otto dogi. Del resto, le circostanze e le modalità che accompagnarono la sua ascesa al trono ducale sembrano confer­mare una natura del tutto scevra da aspirazioni di pote­re.

 

Il Contarini infatti, rifiutò per ben due volte l’alta cari­ca. La prima volta sembra sia stata ancora nel 1261, dopo la morte di Giovanni Dolfin. Le ragioni di questo primo rifiuto restano del tutto sconosciute, ma si narra che egli addusse una strana profezia fattagli da un moro quando, ancor giovinetto, si trovava in Levante. Questi gli predis­se la sua possibile ascesa al trono ducale aggiungendo però che sotto il suo governo avrebbe rischiato di perdere la città e l’intero Stato. Per non incorrere nella funesta profezia, dunque, Andrea Contarini avrebbe rifiutato di salire sul trono ducale. Ma le leggende, circa la riluttanza da parte del Contarini di assumere l’alta carica, non si fermano certo qui.

 

In un’altra occasione, si narra infatti, gli venne predetta la sua elezione a doge. Innamoratosi di una monaca che, dicono le fonti, pare lo ricambiasse, Contarini nel momento in cui stava per farla sua, si accorse di un anello nuziale che la monaca portava al dito. Alla domanda che cosa fosse quell’anello, la donna rispose che era l’anello, il simbolo delle nozze mistiche con Cristo.

 

Di fronte a questa risposta il Contarini si penti improvvisamente e fuggì dal monastero. Un crocefisso nel chiostro del convento durante la sua fuga, gli fece un cenno di approvazione col capo. Quel medesimo crocefisso gli sarebbe poi apparso in sogno una notte e gli avrebbe appunto predetto la sua elezione a doge di Venezia, ma che avrebbe anche affrontato in quella veste una delle prove più dure per la sua città.

 

Perché alla fine abbia accettato, comunque, appare fin troppo evidente. Ritiratosi in uno dei suoi possedimenti nel padovano, alla notizia di essere stato eletto quale nuovo doge Contarini rispose inizialmente all’ambasciatore che gli portava la notizia con un categorico rifiuto, ma a quel punto la rispo­sta del Consiglio fu ancora più categorica. O il Contarini infatti, avrebbe accettato la nomina assumendosene tutte le responsabilità o sarebbe stato condannato all’esilio e alla confisca del suo patrimonio.

 

Doge sotto minaccia

 

Solo dietro queste pesanti minacce, pare, il Contarini si rassegnò a diventare il nuovo doge di Venezia. In una cosa tuttavia, la leggenda del crocefisso apparso in sogno si dimostrò invece veritiera e cioè che sarebbe stato doge in un momento in cui la sua città si vide costretta ad affrontare una delle prove più terribili che mai avesse dovuto affrontare nell’ormai secolare sua storia.

 

Nei suoi 14 anni di ducea, al Contarini infatti non dovettero certo mancare i momenti durante i quali rimpiangere la pace della sua tenuta padovana. Iniziò la città di Trieste all’in­domani, praticamente, della sua elezione con una improv­visa rivolta. Una città molto più piccola dell’attuale alla quale Venezia non aveva mai prestato particolare atten­zione, ma che riuscì a tenere impegnata la flotta venezia­na in una lunga ed estenuante guerra che si concluse solo con la capitolazione della città presa per fame.

 

Dopo Trieste, fu il turno di Padova dove Francesco da Carrara proseguiva nella sua opera di provocazione con la fortifi­cazione degli argini del Brenta che segnava allora il confi­ne fra il comune di Padova ed il territorio veneziano men­tre per via diplomatica continuava a tessere sinistre alleanze anti-veneziane.

 

Una congiura organizzata e finan­ziata dallo stesso Francescoda Carrara arrivò anzi a minac­ciare il cuore di Venezia, tanto che il Consiglio dei Dieci si vide costretto a decretare lo stato di emergenza Le calli e i canali dovevano essere sorvegliati da pattuglie e gli stranie­ri perquisiti prima di entrare in città, mentre i sospetti pote­vano essere torturati. Come se non bastassero i guai in casa propria, anche nel Levante le cose sembravano mettersi veramente male.

 

Nel 1373 a Cipro scoppiarono violenti disordini fra la comunità veneziana e quella genovese anche se fu un’altra, ben più grave circostanza a riaccendere le ostilità tra le due repubbliche nemiche. Intanto anche Genova tesseva le sue reti di alleanze tanto che alla fine venne formandosi un formidabile ed imprevisto fronte anti­-veneziano, dove ciascuno dei suoi membri portava o accam­pava i suoi interessi: Padova con le sue mire espansionisti­che, Genova con i suoi interessi commerciali, il duca d’Austria che aspirava ad annettersi il trevigiano, il re d’Ungheria che sperava di recuperare la Dalmazia fino al Patriarca di Aquileia che sperava invece di recuperare Trieste, ampliando ulteriormente il suo già potente feudo. Venezia si trovava così, improvvisamente e quasi inaspetta­tamente circondata. I Carraresi ed i Genovesi erano riusciti a chiudere la Serenissima in una trappola mortale.