STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

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NELLO SCONTRO CON FILIPPO MARIA VISCONTI

 

VENEZIA VINCE A MACLODIO

 

Nella famosa battaglia si scontrano senza esclusione di colpi milanesi e veneziani, questi ultimi condotti alla cla­morosa vittoria dal conte di Carmagnola, che ha la capacità tattica di muovere le truppe in un territorio difficile ma conosciuto...

 

 

Nel 1423, poco dopo aver pronunciato il suo discorso, moriva il doge Tommaso Mocenigo. Gli succedeva sul trono ducale proprio Francesco Foscari, colui che mai il defunto doge avrebbe voluto quale successore. Del resto la situa­zione alle spalle di Venezia si evolveva con una tale rapi­dità – e non certo in termini tranquillizzanti per la Repubblica –, che si rendeva indispensabile un radicale mutamento della linea politica adottata fino ad allora dal prudente Mocenigo.

 

Questi, difronte all’inarrestabile dila­gare della potenza viscontea – erano cadute nella sua rete anche le città di Reggio, Imola, Parma e Faenza, Brescia e Bergamo –, aveva opposto una politica di conge­niale intesa con lo stesso Filippo Maria Visconti nono­stante il parere già allora fortemente negativo del sena­tore Francesco Foscari.

 

Con lui, una volta diventato doge, l’atteggiamento di calcolata prudenza del Mocenigo, venne infatti progressivamente abbandonato. Inizialmente anche il nuovo doge si attestò su di una posi­zione sostanzialmente neutrale nei confronti dello strapo­tere del Visconti, malgrado gli appelli di Bologna e di Firenze per costituire al più presto una lega contro il potente signore milanese.

 

Appelli che si fecero partico­larmente disperati da parte di Firenze dopo la sua scon­fitta a Zagomera a seguito della quale si sentiva ormai direttamente minacciata. Anche allora il governo vene­ziano non si mosse, limitandosi a chiedere un chiarimen­to al Visconti circa le sue reali intenzioni nei confronti della repubblica fiorentina. Solo nel 1426 Venezia si deci­se ad entrare a far parte di un vasto fronte anti-visconteo voluto anzi con tutte le forze dallo stesso doge.

 

Da quel momento iniziò per Venezia un lungo, interminabile periodo di guerre, guerricciole e sporadici scontri con le truppe del Visconti. Una triste sequela destinata fra pause e fragili paci a durare per più di trent’anni. Le parole del doge Mocenigo che con il Foscari quale nuovo doge Venezia si sarebbe ritrovata presto in guerra, dovet­tero sembrare allora una fatale profezia.

 

Venezia, del resto, non aveva alcuna alternativa o comunque non venne presa in considerazione. La prima fase del conflit­to si concluse il 30 dicembre del 1426 con una pace che assegnava a Venezia la provincia e la città di Brescia. La Serenissima aveva valicato i confini veneti mettendo per la prima volta piede sul suolo lombardo. Era sicuramente un bel colpo per il governo del Foscari, ma l’incalzare della guerra voleva Venezia ancora in armi appena pochi mesi dopo con un’emorragia finanziaria che era appena ai suoi inizi.

 

Il denaro infatti, non sembrava mai suffi­ciente per pagare i veri protagonisti di questa guerra: i capitani di ventura. Mercenari al soldo del miglior offerente, veri e propri professionisti della guerra, sono loro con il loro cinismo e la loro insaziabile sete di denaro a definire e spesso determinare le sorti di una battaglia. E proprio uno di questi capitani, forse il più famoso e conte­so dell’epoca, aveva assoldato la Serenissima nel 1425.

 

Il suo nome era Francesco Bussone, più comunemente noto ieri come oggi come conte di Carmagnola. Con il doge Foscari fu uno dei più accaniti sostenitori dell’ingresso di Venezia nella Lega anti-viscontea. Eppure il Carmagnola aveva fatto la sua fortuna e costruito la sua fama proprio combattendo al servizio di Filippo Maria Visconti per il quale aveva conquistato fra il 1415 e il 1420 numerose città piemontesi e lombarde (Alessandria, Como, Cremona, Bergamo e Brescia ...).

 

Nel 1421, poi, con l’altro grande condottiero visconteo, Guido Torelli, aveva realiz­zato l’antico sogno dei Visconti: la conquista di Genova. E proprio a Genova il Carmagnola si vide praticamente relegato solo un anno dopo dal suo duca, seppur con l’alto incarico di governatore della città. il motivo sembra da ricercarsi nelle feroci gelosie ed invidie che la totale fidu­cia del Visconti nel Carmagnola e i suoi straordinari suc­cessi militari avevano scatenato a corte e fra gli altri con­dottieri.

 

Alla fine del 1424, forse a causa di alcune voci relati­ve ad una congiura anti-viscontea nella città di Genova che avrebbe visto partecipe lo stesso conte, il Carmagnola venne richiamato a Milano al cospetto del duca. Fra i due fu subito uno scontro verbale durissimo alla fine del quale il Carmagnola se ne andò sbattendo la porta. Da allora iniziò a tessere incessantemente le fila della sua vendetta contro il Visconti e che lo avrebbe por­tato ben presto proprio in braccia a Venezia.

 

Dal governo veneziano venne nominato niente meno che capitano generale delle milizie ducali che presto dovettero muover­si ancora una volta contro il signore di Milano che aveva già mobilitato, dal canto suo, 15.000 uomini al comando di Carlo Malatesta, signore di Rimini.

 

Gli uomini della Serenissima, nella loro avanzata, si erano intanto atte­stati nel cremonese, presso Maclodio oggi in provincia di Brescia. I veneziani procedevano attraverso una via aper­ta fra i canneti di una palude, attorno alla quale il Carmagnola aveva fatt0 distribuire 2.000 uomini a caval­lo al comando di Nicolò Tolentino mentre i fanti erano dislocati nel canneto.

 

L’11 ottobre del 1427 il Carmagnola decise finalmente di muovere contro il nemico. L’esercito milanese pagò duramente in quell’occasione l’imperizia del suo comandante che spinse troppo avanti i suoi uomi­ni verso la palude ritrovandosi praticamente accerchiato: di fronte la fanteria veneziana che sbucava dai canneti, alle spalle invece la cavalleria. In aiuto dei milanesi accorsero anche Torello e l’altro grande capitano di ventu­ra destinato a diventare da lì a pochi anni il nuovo signo­re di Milano, Francesco Sforza, il cui fratello intanto venne fatto prigioniero dai veneziani.

 

L’arrivo dei rinforzi arrivò comunque troppo tardi o giusto in tempo per vede­re i veneziani trionfare. Era il 12 ottobre del 1427. Il Carmagnola non solo aveva portato a termine la sua segreta, personale vendetta contro il suo ex signore, ma al tempo stesso aveva procurato a Venezia gloria e prestigio. Carmagnola era in quel momento l’eroe della repubblica veneziana.