QUADERNI DELLA RESISTENZA
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Ottobre 1977 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
Volume I
[da pag. 29 a pag. 36]
DAL 25 LUGLIO ALL’11 SETTEMBRE 1943
di Pino Marchi
Il 25 luglio 1943 mi trovavo a Cicigolis. La vita in quel gruppo di case nell’alta Val Natisone, attualmente a pochi chilometri dal confine jugoslavo, scorreva, date le circostanze, abbastanza tranquilla. Di guerra non si parlava poi molto, o, almeno, la gente non ne parlava con me e con la nonna. Ma si respirava aria di fronda. C’era stata anche mia cugina a Cicigolis quel luglio di tanti anni fa, ma se n’era andata qualche giorno prima come se n’era andato un reparto d’alpini tra¬sferito, con effetto immediato, sul fronte jugoslavo. Non s’ascoltava neppure la radio e per leggere i giornali si doveva ridursi a Pulfero al caffè o all’osteria che innalzava anche l’insegna dei monopoli di stato ed era una specie di bazar.
La sera del 25 luglio dunque tutto era tranquillo, ma la mattina dopo arrivò da Gorizia una telefonata. Era necessario ritornassimo al più presto; Mussolini era caduto e il futuro, almeno per mio padre, non si preannunciava per niente roseo. Così, in fretta e furia, partimmo con la corriera. La prima impressione sugli eventi mi venne data dal « Piccolo » di Trieste, letto in un’edicola a Udine. Mi ricordo non tanto i titoli, quanto due grandi fotografie, quelle del Re e di Badoglio... Solo in seguito mi occupai seriamente dell’argomento, ma nel luglio del 1943 certe cose mi dicevano poco e mi sembravano poco comprensibili. Ed era logico lo fossero, data la mia età.
Ebbene quel periodo ormai lontano di storia patria mi è ritornato alla mente con particolare vivezza quando mi sono messo a sfogliare i giornali dell’epoca, in particolare « La vedetta fascista », il quotidiano vicentino del mattino che si presentava « a viso aperto » nell’esaltazione del regime. Era diretto da Arturo Novello e, data la situazione contingente, veniva stampato su due facciate. Un foglio solo insomma mentre il « Piccolo » di Trieste, pur uscendo in maniera analoga aveva davvero il formato che faceva giustizia alla testata, tanto piccolo era.
Alla lettura del foglio vicentino preso in esame per questo breve studio, ben poco si apprende della situazione politica, tant’è vero che non abbiamo trovato cenno alcuno della convocazione del Gran Consiglio del Fascismo. « La vedetta fascista » del 25 luglio titola su tre in apertura: « Unità italiane e germaniche in Sicilia impegnate in aspra lotta su tutto il fronte. Due piroscafi affondati e altri tre colpiti da nostri aerosiluranti ».
Sotto, su una colonna, il consueto bollettino di guerra; per la cronaca il 1155.
Sempre in prima pagina, ma su una colonna, « Fiero indirizzo al Duce dei lavoratori del commercio », mentre in alto, di spalla, il giornale spara: « Dal Cuban al Ladoga i Tedeschi respingono i tentativi di sfondamento nemici e distruggono altri 375 carri armati ».
Sotto, di taglio, un pezzo che all’occhiello reca: « Libertà anglosassone »; nel titolo: « Come gl’inglesi intenderebbero di ridurre l’Italia »; nel sommario: « L’Italia romana è un’offesa permanente all’ambiziosa ingordigia dei dominatori del mondo ».
Ma la più bella notizia, quella che in sostanza potrebbe servire soltanto a mettere un po’ di confusione in casa degli storici e degli studiosi, appare in quarta pagina: « “Una sensazionale scoperta. La responsabilità della Serbia e della Russia nell’attentato di Serajevo” ». E via col testo: Si prova che l’attentato del 28 giugno 1914 venne messo in scena dal colonnello Dragutin Dimitrievic che faceva parte dello S.M. Serbo. Dagli atti venuti alla luce risulta inoltre che l’addetto militare a Belgrado col. Atamanov, non solo promise che la Russia non avrebbe abbandonato la Serbia, ma mise a disposizione i mezzi pecuniari occorrenti per la realizzazione dell’attentato.
Da Sofia invece si apprende che un dirigente della polizia bulgara è stato assassinato dai comunisti, Le altre pagine del giornale recano notizie varie e senza importanza, salvo il lungo elenco di vicentini morti sui vari fronti, In cronaca di Schio il corrispondente getta « Uno sguardo sull’attività della G.L.L. ».
La musica cambia il giorno dopo. « La vedetta fascista », edizione del lunedì, titola su 8 in prima pagina (a quel tempo i giornali non avevano le attuali 9 colonne): « Il Sovrano assume il comando di tutte le Forze Armate ». E ancora: «Il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio nominato Capo del Governo », Infine: « Nell’ora solenne che incombe sui destini della Patria, ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede, di combattimento ».
In apertura il comunicato ufficiale della Stefani:
« Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato, presentate da Sua Eccel¬lenza il cav. Benito Mussolini ed ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato, Sua Eccellenza il cav, Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio ».
Nemmeno un cenno sulla riunione del Gran Consiglio del fascismo e sull’arresto del Duce a Villa « Savoia ».
Ma non è finita. Lo stesso giornale riporta il proclama del sovrano:
«Sua Maestà il Re e Imperatore ha rivolto agli Italiani il seguente proclama: Italiani! Assumo oggi il comando di tutte le Forze Armate. Nell’ora solenne che incombe sui destini della Patria, ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede e di com¬battimento. Nessuna deviazione deve essere tollerata, nessuna recriminazione può essere consentita, Ogni italiano si inchini dinanzi alle gravi ferite che hanno lacerato il sacro suolo della Patria. L’Italia, per il valore delle sue Forze Armate, per la decisa volontà di tutti i cittadini, ritroverà nel rispetto delle istituzioni che ne hanno sempre confortata l’ascesa, la via della riscossa. Italiani, sono oggi più che mai indissolubilmente unito a voi dell’incrollabile fede nell’immortalità dela Patria, Vittorio Emanuele, controfirmato Pietro Badoglio ».
Non poteva, ovviamente, mancare il proclama di quest’ultimo:
«Sua Eccellenza il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio ha rivolto agli Italiani il seguente proclama: Italiani! Per ordine di S.M. il Re e Imperatore assumo il Governo militare del Paese con pieni poteri, La guerra continua, L’Italia duramente colpita nelle sue province invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni. Si serrino le file intorno a S.M. il Re e Imperatore, immagine vivente della Patria, esempio per tutti. La consegna ricevuta è chiara e precisa; sarà scrupolosamente eseguita e chiunque si illuda di poterne intralciare il normale svolgimento, o tenti turbare l’ordine pubblico, sarà inesorabilmente colpito. Viva l’Italia, Viva il Re! Il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio ».
Sotto i titoli si legge, di spalla: « Viva l’Italia! Viva il Re! Sotto la guida illuminata del Re, agli ordini del Capo del Governo, maresciallo d’Italia Badoglio, l’Italia troverà sicuramente la via della riscossa, purché gli Italiani sappiano veramente essere uniti e solidali con « incrollabile fede nell’immortalità della Patria ».
Oltre alle fotografie del Re e di Badoglio in prima pagina appaiono altre notizie, Fra queste una da cui si rileva che « Il popolo di Roma acclama il sovrano. Vibranti – si aggiunge – manifestazioni a Badoglio ed all’Esercito ».
Dopo alcune reazioni all’annuncio da altre città italiane, « La vedetta fascista » riporta il comunicato del comando tedesco sui duri combattimenti in Sicilia, In seconda, cronaca vicentina, apre con questa notizia: « Il nuovo vescovo di Vicenza consacrato in San Marco ». Lo scledense, Giovanni Battista Milani, dal canto suo, ricorda la scomparsa del generale Roversi, eroico difensore del Pasubio, In terza, infine, i consueti saggi storici o letterari. Fra questi « Il conte di Carmagnola » e « Pietro Martin d’Anghiera ».
In quarta vengono pubblicate notizie varie dai fronti e, di taglio, una riguardante il bombardamento di Roma. Il foglio vicentino titola: « Il mondo civile condanna i barbari devastatori ».
Martedì, 27 luglio, esce il primo numero, non firmato, de « Il Giornale di Vicenza »; il giorno seguente recherà in calce la firma del nuovo direttore responsabile, Osvaldo Parise.
Due numeri assai importanti, dai quali trapelano chiaramente alcuni diffusi stati d’animo, non privi d’incertezze e di dubbi per il futuro.
Il 27 luglio, titolo su 8 in prima: « L’appello del Maresciallo Badoglio alla Nazione. L’ora grave che volge impone ad ognuno serietà, disciplina, patriottismo fatto di dedizione ai supremi interessi della Nazione. I poteri per la tutela dell’ordine pubblico passati alle autorità militari. La nomina dei nuovi ministri ».
Finalmente appare l’ordine del giorno votato dal Gran Consiglio nella riunione del 24 luglio.
Il Giornale titola ancora: « L’indirizzo rivolto al Sovrano per l’onore e la salvezza della Patria », « S.E. Senise nominato capo della polizia », « Attacchi nemici in Sicilia respinti nel settore centrale del fronte », « La Milizia fa parte integrale delle Forze Armate della Nazione ».
Sulla « storica » seduta del Gran Consiglio del fascismo, convocato per le ore 17 di sabato 24 luglio a Palazzo Venezia, il giornale finalmente si sbottona, Informa che i lavori, presieduti dal segretario del P.N.F. Scorza, si erano aperti con la presentazione dell’ordine del giorno Grandi. Accenna all’intervento soprattutto di Farinacci e, infine, dopo la premessa ecco la parte fondamentale del documento Grandi: « ...è necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali; invita il Capo del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché egli voglia, per l’onore e per la salvezza della Patria, assumere, con l’effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell’aria, secondo l’art. 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a lui attribuiscono e che sono sem¬pre state, in tutta la nostra storia nazionale, il retaggio glorioso della nostra augusta dinastia di Savoia ».
Il comunicato dell’agenzia Stefani conclude riportando il nome dei votanti; a favore: Grandi, Federzoni, De Bono, De Vecchi, Ciano, De Marsico, Acerbo, Pareschi, Cianetti, Balella, Gottardi, Bignardi, De Stefani, Rossoni, Bottai, Marinelli, Alfieri, Albini, Bastianini; contro: Scorza, Biggini, Polverelli, Tringali Casanova, Frattari, Buffarini, Galbiati; astenuto Suardo.
Per la cronaca diremo che la seduta tenne occupati i partecipanti per ben dieci ore; nessun accenno all’arresto di Mussolini.
In cronaca vicentina questa notizia: « Ardente manifestazione al Sovrano e a Badoglio »; quindi « Il richiamo alle armi. Le categorie mobilitate e coloro che sono esclusi ». Nessuna notizia invece dalla provincia. In quarta una nota ufficiosa tedesca dalla quale si apprende che « a quanto si ritiene, questo cambiamento di Governo è da attribuire allo stato di salute di Mussolini, che, ultimamente, era ammalato ».
L’ipocrisia insomma continua, mentre cominciano a muoversi, soprattutto al Nord, le truppe germaniche, almeno finora ufficialmente ancora ... amiche.
I titoli del 28: « Tutta l’Italia stretta intorno al Sovrano con incrollabile fede nell’immortalità della Patria », « Situazione immutata in Sicilia », « Tranquilla sicurezza e decisione del popolo tedesco. Favorevoli commenti all’estero ».
In pagina vicentina il giornale titola: « Per la Patria. Il popolo vicentino al suo posto di dovere ».
In cronaca di Schio si legge: « Il popolo lavoratore acclama al Re e all’Italia ». Il testo del pezzullo è il seguente: « Schiere compatte di lavoratori, al canto dell’inno di Mameli, hanno attraversato le vie della città ch’è stata particolarmente animata fino a mezzogiorno. Il coprifuoco, entrato in vigore lunedì al tramonto, è stato rigorosamente rispettato dalla popolazione che appare disciplinata e che ha risposto con immediatezza alla nuova legge (quella dell’ordine pubblico n.d.r.) ed al proclama di Badoglio, proclama ch’è apparso affisso ieri mattina su tutti i muri della città ».
Il numero de « Il Giornale di Vicenza » del 29 luglio, oltre alle consuete notizie di guerra, annuncia « lo scioglimento del P.N.F. » e « la soppressione del Gran Consiglio e del tribunale speciale ».
L’editoriale « Amore di vita » è firmato da Antonio Barolini, cronaca di Schio invece una corrispondenza dal titolo « Servire la Patria lavorando ».
Ma la notizia veramente importante e che avrebbe dovuto far meditare molti è questa: « Continuano a circolare e a diffondersi false voci di avvenimenti sensazionali che non hanno alcun fondamento. Queste voci sono evidentemente sparse da elementi irresponsabili e antinazionali, che hanno interesse a turbare la tranquillità e l’ordine. Si invitano di nuovo i cittadini a diffidare di tali voci e a non prestarsi in alcun modo alla loro diffusione ».
Infatti, soprattutto nelle province di Gorizia, di Trieste e di Udine i « fatti sensazionali » si toccavano con mano. Movimenti sempre più intensi di partigiani sloveni, traffico intenso di truppe germaniche, voci riprese da emittenti straniere che parlavano di un prossima armistizio fra l’Italia e gli Alleati...
Intanto « Il Giornale di Vicenza » deve vedersela con la censura ed appaiono degli spazi bianchi. Qualche numero esce a due pagine, quello del 31 riporta però un telegramma di Benedetto Croce al Ministero dell’Educazione popolare e si continua a parlare di guerra combattuta a fianco del valoroso alleato germanico.
Sul numero del 1° agosto in cronaca di Schio una notizia che fa piacere: « Scritte ed emblemi che spariscono ». Nient’altro, ma è sufficiente per dare una idea della situazione. Ed ecco, il 2 agosto, che si riparla delle notizie e delle voci messe in giro dai soliti elementi irresponsabili.
« False notizie della radio nemiche. Recisa smentita a tutte le manovre propagandistiche ». Il testo, in pratica, riporta alcune di queste « voci »: l’occupazione slovena di Trieste, Pola e Fiume, l’inizio del disarmo di alcuni reparti italiani in Grecia, l’invasione di alcune zone della provincia di Udine da parte di brigate partigiane slovene.
Voci che avevano dopotutto un certo fondamento, come avevano fondamento le altre che spingevano l’Italia all’armistizio.
Poi, per tagliare l’aria, la notizia « importante » quanto assurda: « Proclamata la sua indipendenza la Birmania ha dichiarato la guerra agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna ».
Una finestrella in cronaca vicentina spiega ai cittadini come debbono comportarsi, sia a piedi sia in bicicletta, all’intimazione di « Alt, chi va là! ». Le solite notizie dai fronti, i comunicati di guerra, quello del comando tedesco. Poi il 3 agosto leggiamo: « La Milizia ha diritto alla fiducia e al rispetto della nazione ». Il 4 agosto in cronaca di Schio leggiamo: « Circolava senza lasciapassare durante il coprifuoco ».
Il giorno successivo « Il Giornale di Vicenza » riporta la ferale notizia della morte del sottotenente Sandro Gregori, mentre il 7, in prima pagina, si legge che al consiglio dei ministri si è affrontato l’esame della situazione finanziaria (tristissima, naturalmente).
L’8 i comandi supremi italiano da un lato e tedesco dall’altro informano: « La lotta continua violenta nella zona centrale del fronte siculo ».
9 agosto, prima pagina: « La Patria è ora più che mai affidata a tutti gli Italiani », il 1° si combatte ancora, ma Benedetto Croce offre ai lettori vicentini alcuni pensieri sulla libertà. A Torino ed a Genova si registrano invece incursioni terroristiche.
L’11 agosto appare sul foglio locale una lettera di Francesco Saverio Nitti ed un bel titolo eclatante « Solo Badoglio può salvare l’Italia ». E più sotto: «Sicilia: trincea d’Europa ».
Ma il 12 bisogna dare il contentino all’alleato tedesco e via con la sparata: « Vittoriose operazioni offensive dei germanici all’Est» e poi viene spiegata tutta la verità su Orel.
Ferragosto è alle porte, ma quella parola che tanto sarà usata in tempi più tranquilli e meno ferrigni, ferie, non viene pronunciata. Il 14 agosto « Il Giornale di Vicenza », in prima pagina, esce con questi titoli: « La dura lotta in Sicilia », «La furia distruggitrice nemica si abbatte per la seconda volta sull’Urbe. Il Pontefice si inginocchia al cospetto delle rovine e benedice la folla in piazza S. Giovanni ».
È il bombardamento aereo, ordinato dagli Alleati, per mettere fine agli indugi del Governo italiano in tema armistiziale. E le voci? False?
Giorni tranquilli i successivi. Le solite notizie senza peso, poi il giorno 18 si legge: « Le retroguardie italo-tedesche in Sicilia contrastano duramente l’avanzata nemica » e ancora « I germanici resistono sempre alla pressione sovietica».
Ma il 19 si comprende che la Sicilia è finita. « Un messaggio del Maresciallo Badoglio ai Siciliani », titola il nostro giornale; poi si legge « Pagine di gloria e di eroismo nella dura battaglia della Sicilia» e il 20 il colpo finale: « Un preciso dovere. Affrettare il giorno del ricongiungimento della Sicilia alla Madrepatria ». In cronaca di Schio appare un articoletto dal titolo: « A Schio si ricordano i morti ». Il 21 il Re invia un suo messaggio ai Siciliani, mentre a Schio si assistono gli sfollati con varie iniziative e si procede « alla raccolta per l’esercito delle divise fasciste ».
Il 23 un nuovo mistero svelato: « I danni recati al popolo italiano dalla nefasta politica finanziaria fascista » e il 24 i cittadini possono andar via sicuri, in quanto « È consentito a chiunque di denunciare gerarchi e funzionari che si sono arricchiti indebitamente ». Ma « In Sicilia gli anglosassoni fanno incetta di opere d’arte» e sul fronte orientale continua « la dura lotta nei settori del Njus e di Charcov ». A Schio sono in corso aggiornamenti ... toponomastici. Piazza Italo Balbo ridiventa piazza Garibaldi e il Campo sportivo non si chiamerà più del Littorio.
Il 25 agosto Roma è dichiarata città aperta e, senza commenti, si apprende che Ettore Muti è morto. In cronaca di Schio una notizia importantissima: « Reduci dal confino simpaticamente accolti ». Si tratta di Carlo Marchioro, Eugenio Piva, Alfredo Lievore, Cracco e Bressan. Sembra davvero che un’epoca nefasta sia finita.
Il 29 apprendiamo che re Boris è morto e « Perché Rodolfo Hess andò in Inghilterra ». È una notizia questa che merita d’essere riportata. È datata Berna ed attribuita al ministero britannico delle informazioni Brenden Braken. In sostanza si riferisce che Hess (che era, come è noto, il delfino di Hitler) si era recato in Gran Bretagna perchè credeva di trovarvi degli uomini pronti a rovesciare il governo di Churchill e far così cessare gli attacchi contro la Germania. La verità, inutile dirlo, era un’altra. E siamo giunti a settembre con il numero de « Il Giornale di Vicenza » che riporta, in prima pagina, questi titoli: « Il barbaro attacco dei Liberator su Civitavecchia », Quaranta apparecchi nemici abbattuti nel cielo del Lazio e della Campania, «Duri cambattimenti in corso all’Est » e « Farinacci dovrà restituire parecchie centinaia di milioni ».
In cronaca di Schio si dà notizia dell’arresto di un ex-squadrista, Mario Dal Prà, già impiegato presso la segreteria della locale casa del fascio. Il 2 settembre due notizie importanti: « La solenne parola del Sommo Pontefice rivolta al mondo straziato da quattro anni di guerra. È l’unica voce di amore che dall’inizio della bufera, sorge immutabile e confortante sulle nuove sciagure », e « Concetto Marchesi Rettore Magnifico dell’Università di Padova ».
Il 3 si riparla dei beni degli ex-gerarchi fascisti. Il foglio vicentino titola così: «Il sequestro dei beni di un primo gruppo di ex-gerarchi (Farinacci, Brandimarte, Rossoni, Bottai, Starace, Biagi, Arpinati, Cianetti e Sassetti), e ancora: « Il grosso patrimonio di Edda e Ciano », « Bottai e Buffarini Guidi tradotti a Regina Coeli ».
Ma il 4 prendono sopravvento le notizie di guerra: « Sbarco nemico sulla costa calabra. Le gravi perdite inflitte al nemico nella gigantesca battaglia di Orel ». Poi un corsivo dal titolo « Il calice amaro » dedicato alle perdite dei territori italiani. Da Schio invece si apprende che oltre 22 mila lire sono state raccolte a favore degli scarcerati politici. Passando alle notizie del giorno 7 queste possono essere così sintetizzate dai titoli de « Il Giornale di Vicenza: « II terreno del litorale calabro conteso strenuamente dalle nostre truppe. Decisa reazione italo-germanica »; « L’inchiesta sui pa-trimoni dolosi », « Violenti attacchi sovietici », « Sul fronte finnico ». Ma da Madrid si ammonisce: « È necessario preoccuparsi della pace ». La cronaca vicentina si apre così: «S.E. Carlo Zinato Vescovo di Vicenza sarà oggi accolto dai fedeli del Berico con filiale affetto e profonda venerazione ».
L’8 mattina nessuno è al corrente di ciò che sta succedendo. Il Giornale oltre alle consuete cronache riporta queste notizie: « Tempestoso panorama - Aspra lotta in Calabria fra nostre retroguardie e avanguardie nemiche ». «Le truppe germaniche all’Est impegnate in duri combattimenti difensivi ».
Ma il 9 è fatta. Su otto colonne la notizia che molti già avevano appreso soprattutto da Radio Londra; altri invece erano riusciti a captare radio Casablanca che continuava a diramare la notizia dell’armistizio.
« L’Armistizio dell’Italia con le forze anglo-americane » - « La richiesta del Maresciallo Badoglio accolta dal generale Eisenhower - La fine di ogni atto di ostilità contro gli anglo-americani ». Quindi la comunicazione del Capo del Governo alla radio, già comunque appresa dagli Italiani la sera dell’8, come l’avevano appresa (ma molto prima) i tedeschi. Ecco comunque il testo integrale:
" Roma, 8. Il Capo del Governo Maresciallo d’Italia Badoglio questa sera alle ore 19,45 ha fatto alla radio la seguente comunicazione: Il Governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".
Frase quest’ultima che getterà ancora per quasi 600 giorni l’Italia nella rovina, ma nel contempo, spingerà molti Italiani a stringere le file e a dar vita al movimento di resistenza armata contro i nazisti. A Gorizia, la mattina del 9 settembre, si fecero vedere le prime avanguardie del IX Korpus sloveno e iniziò la lenta ritirata delle nostre truppe dal fronte sloveno e croato bloccata però dal preciso e puntuale intervento dei tedeschi. E per molti di quei soldati ebbe inizio una tragica odissea.
Il « Giornale di Vicenza », per colmo dell’ipocrisia, sotto la notizia annunciante l’armistizio pubblica il Bollettino di guerra 120l. Ne riportiamo le prime righe: « Sul fronte calabro reparti italiani e germanici ritardano in combattimenti locali l’avanzata delle truppe britanniche ... ». E Cassibile?
La cronaca vicentina è avara di notizie e di commenti, ma non tralascia le reazioni dei vicentini all’annuncio. L’8 però si festeggiava anche la Natività di Maria Vergine e la ricorrenza viene indicata come ragione di consolazione per il popolo berico.
Il l0 settembre non si sanno più che pesci pigliare. Il foglio vicentino titola: « Dopo la firma dell’armistizio » e «L’Italia in lutto », «Truppe americane sbarcano presso Napoli », « Reazioni internazionali », « La battaglia nel bacino del Donez prosegue con immutata violenza », « Il pensiero rivolto ai Caduti e lo sguardo verso l’avvenire ».
L’11 settembre ci si chiede « Perché l’Italia è stata costretta a chiedere l’armistizio », ci si scusa della assoluta carenza di notizie e di informazioni, ma si riporta questa comunicazione di Badoglio: « L’Italia, ad evitare la sua totale rovina, è pertanto obbligata a rivolgere al nemico una richiesta di armistizio ». Ed i preliminari finalmente appaiono nella loro interezza, con una notizia di taglio dalla quale si apprende « La profonda comprensione di tutto il popolo italiano ». Infine qualcosa che ci lascia di stucco: « Stalin verrebbe proclamato capo della chiesa russa ».
Ed ancora si invita la gente a mantenere la calma. Nessuna notizia appare in merito ad eventuali movimenti di truppe germaniche in zona o nel settentrione. Tutto tranquillo dunque?
Il 12 altra notizia ambigua: « La situazione in Italia dopo l’armistizio ». Il Giornale si occupa ancora dei « Combattimenti nel settore di Novorossijsk » e informa che « La città libera di Roma non è occupata ». Ma il giorno seguente la doccia fredda: « Mussolini liberato da paracadutisti tedeschi ». E chi sapeva, dei lettori, che Mussolini era stato catturato?
Andiamo avanti, con il comunicato straordinario di Berlino che informa della liberazione da Campo Imperatore del Duce e prosegue con una titolazione piuttosto ambigua date le circostanze: «Il Führer dichiara che le dure prove sopportate rendono il popolo germanico degno della vittoria ». Il pezzo si conclude con alcune precisazioni sull’Italia.
Ma ecco la notizia temuta: « Il territorio italiano occupato dai germanici dichiarato zona di guerra ». E appare l’ordinanza del comandante in capo del comando tedesco del Sud, feldmaresciallo Kesselring, che suona come un «ukase» e che sarà foriera di tanti lutti, di tante disgrazie, di tante distruzioni.
Nella stessa pagina il generale Calvi di Bergolo in un suo messaggio alla cittadinanza romana (il Re & C. se ne sono già fuggiti a Brindisi) la invita alla calma. Il 14 da un dispaccio da Berlino si apprende come è avvenuta la liberazione di Mussolini.
Il Giornale, tranquillo, informa sugli aspri combattimenti in corso all’Est, ma anche sull’entrata in vigore del coprifuoco in città dalle ore 21 alle 4.
Si apprende anche che l’Albania è stata occupata dalle forze germaniche e da un comunicato del Ministero degli Esteri del Reich veniamo informati sui colloqui avvenuti con il Maresciallo Badoglio e con Guariglia dal l° all’8 settembre.
Il giorno seguente fanno spicco queste notizie: « Disordinata fuga da Salerno delle truppe anglo-americane. Violenti combattimenti nel settore di Salerno », « Il Re, il Principe Umberto e Badoglio a Palermo ». La notizia – falsa – è ripresa dall’« Evening Standard ». Lo stesso giorno, in cronaca di Schio, appaiono le disposizioni impartite dal comandante germanico, capitano Indenbirken. L’ordine, perché di ordine si tratta, si conclude con l’invito alla popolazione di collaborare.
Il 16 settembre, il sogno nato dal 25 luglio, è davvero infranto: « Mussolini riprende la direzione del Fascio », spara il foglio vicentino, e aggiunge, «Il Tripartito rimane in vigore» e cominciano ad apparire i comunicati delle forze armate tedesche. Si apprende anche come fu ucciso Ettore Muti e, « dulcis in fundo » il lettore è obbligato a leggere « le parole del maresciallo Graziani ai soldati ed al popolo italiano».
Il 20 settembre è il duce che si fa sentire con un discorso a tutti gli Italiani, ma il giorno 26 viene pubblicata la notizia con la quale noi concludiamo questa inchiesta. « Il Giornale di Vicenza », con particolare evidenza, informa della ferma adunata del Fascio repubblicano, alla presenza del prefetto Bruno Mazzaggio e del comandante della 42esima legione Berica. È la fine di tutte le speranze, e la nascita di quel movimento di Resistenza che proprio qui, sui nostri monti, ridarà nuova credibilità democratica alla nostra gente.
Pino Marchi