QUADERNI DELLA RESISTENZA
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Gennaio 1978 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
Volume II
[da pag. 54 a pag.69]
Il «GRUPPO DEL FESTARO» SOPRA SCHIO
10 settembre-17 ottobre 1943
UN INIZIALE E CONSISTENTE GRUPPO ARMATO DELLA RESISTENZA VENETA
Inchiesta di E. Trivellato
L’idea che subito dopo l’arrivo dei Tedeschi uno stuolo di antifascisti di ogni età e di ex militari sia corso spontaneamente nei boschi e sui colli per iniziare una guerra di liberazione contro l’invasore sembra appartenere più all’epica del dopoguerra che alla reale e incerta situazione del momento. La « guerriglia partigiana » vera e propria si organizzò e maturò lentamente nei mesi successivi per la compartecipazione complessa di certe persone e non di altre, a volte per motivazioni politiche, più spesso per scelte individuali, comunque con decisioni difficili a causa della « novità » del concetto e della prassi di una guerra partigiana, che da noi non aveva alcun precedente storico.
Per quanto riguarda Schio, è indubbio che l’occupazione improvvisa della Caserma Cella ed i metodi violenti delle S.S. tedesche quattro morti, centinaia di militari deportati, affissione di un manifesto intimidatorio) provocarono una reazione istintiva antitedesca, ma anche un senso di panico negli anziani più timorosi, nei più giovani con prospettive di prossima chiamata alle armi ed infine in coloro che, per essere segnalati come comunisti, temevano l’arresto.
Quindi un centinaio di persone di tutte le età si spinsero in collina aspettando gli sviluppi degli eventi e notizie rassicuranti; ricordo un gran parlottare, qualche fucile da caccia, lo zaino con la maglia di lana ma anche una certa aria da merendino nel bosco. Tornai con mio padre e con altri verso sera perché – disse lui – il giorno dopo era domenica per tutti ed un buon letto in famiglia, con la « fogàra », è preferibile ad un fienile di fortuna.
Nel bosco la voglia di mandar fuori i Tedeschi c’era nella gente, ma velleitaria e parolaia, cioè intraducibile in azioni concrete ed organizzate. Forse gli unici ad avere idee chiare sulla guerra partigiana erano i Tedeschi, per l’esperienza in altri paesi, prima del nostro. Tale proemio non epico vorrebbe proporre l’ipotesi che in quel settembre del 1943 si unirono in « gruppi armati» potenzialmente aggressivi unicamente quelle persone che avevano precisi motivi per farlo: pericolo di cattura e di deportazione, impedimenti politici preesistenti maturati al confino oppure ambedue.
Appare a nostro avviso più aderente alla realtà l’idea che nelle prime settimane si sia verificato un associazionismo spontaneo difensivo di uomini accomunati dallo stesso problema della sopravvivenza e da un’incertezza di fondo delle intenzioni proprie e di quelle dei Tedeschi. A Schio ad esempio ci sembra logico che i Comunisti appena usciti dal confino e dei quali il Capitano Indenbirken cercò l’elenco in Municipio, siano rifugiati in collina sopra le Aste (« fissi ») racimolando armi e munizioni facendovi convergere da Schio anche i « pendolari », amici di partito o di fabbrica («Gruppo del Festaro »).
Altrettanto spiegabile è che – fra Thiene e Breganze – attorno ad una quarantina di ex prigionieri anglo-americani sbandati e finiti sulle alture di Fara Vicentino si siano aggiunti ex militari italiani e parecchi giovani del luogo (« Gruppo di Fara vicentino »). Meno chiara, ma pur sempre documentabile, ci è apparsa la composizione di un gruppo armato che venne a formarsi sulle pendici dell’Altopiano di Asiago tra Conco e Bassano (« Gruppo di Fontanelle di Conco »). Situazioni sparse non mancarono in altri luoghi in Provincia ma, dalla scarsa documentazione esistente, non ci risulta che perlomeno abbiano avuto una storia « autunnale » così interessante come nel caso dei tre ai quali abbiamo accennato.
I. I CACCIATORI DI ARMI
Il fenomeno del trafugamento e dell’imboscamento di armi nei primi giorni dell’occupazione tedesca è abbastanza frequente in tutto il Vicentino come pure il fatto che alcune persone si siano riunite attorno a queste armi o a qualche uomo più deciso in attesa dello sviluppo degli eventi. A Schio la quantità di fucili, munizioni, bombe a mano e mitragliere a disposizione dell’iniziale resistenza armata fu sicuramente superiore alle necessità del momento e ciò inversamente a quanto avvenne nel 1944 allorché gli assalti alle caserme e gli aviolanci non riuscivano mai a soddisfare la richiesta dei giovani che salivano in montagna nelle formazioni partigiane. È curioso riferire l’origine di tutte queste armi.
1. - Lo svaligiamento dei vagoni merci nella Stazione di Schio.
In Stazione erano in sosta un paio di vagoni merci contenenti materiali di sussistenza (materassi, pentolame ecc.) e « sembra » anche un certo quantitativo di armi e munizioni (Inch. L). Quasi contemporaneamente ad un’azione nel « brolo » del Conte, descritta più avanti, penetrarono in Stazione, alcuni uomini e molte donne e ragazze, forse più interessate alle pentole che agli eventuali fucili ed alle bombe a mano; comunque furono un’ottima ed interessata manodopera per il trasporto dei materiali che avvenne con un tedesco appostato al monumento A. Rossi e armato di fucile mitragliatore. In un diario d’epoca è scritto che il Cap. Indenbirken, per tale fatto, minacciò di arrestare il Podestà ed è altresì certo che nel manifesto del Comando germanico, affisso sui muri di Schio il martedì 14 settembre 1943, vi è la precisa intimazione di restituire tutto il materiale asportato in Stazione.
2. - La postazione del « brolo » del Conte.
All’interno del « brolo » del Conte, ora Piazza Almerigo e zona residenziale soprastante, vi era allora una baracchetta sita in collina verso Ressecco, dove si trovava un piccolo presidio anti-aereo al comando di un Tenente e dotato di due mitragliere Breda di modello recente. Il mattino del venerdì 10 settembre, mentre i Tedeschi erano appena arrivati durante le notte, entrò nel « brolo » IGINO PIVA con il suo giaccone di cuoio che si era portato dalla Spagna e dalla-Francia; poco prima egli aveva disposto a sua copertura il fratello EUGENIO e PIERIN BRESSAN, armati, con l’ordine di sparare ad un cenno convenuto qualora le cose si fossero messe male con il Tenente; in fatto di trattative con i militari il Piva aveva l’esperienza dei colpi di stato in Argentina, dov’era espatriato per parecchi lustri. Il Tenente in un primo tempo disse di non voler cedere le armi ma, per sua fortuna e per le argomentazioni addotte dal richiedente, si convinse della situazione e del fatto che i Tedeschi avevano già occupato Schio e disarmato i militari. Le armi furono poi trasferite in collina da più persone.
3. - La postazione antiaerea del Castello di Magrè.
Nella Inch. I si è già dato notizia del Presidio anti-aereo di 17 militari, al comando di un Tenente, sistemato in posizione panoramica (mt. 265) sulla collinetta detta il Castello di Magrè. I militari abbandonarono due mitraglie con alcune cassette di munizioni e 17 fucili, che alcuni volonterosi del luogo trasferirono in Raga (Monte Magrè) nella casa di Pietro Barbieri; di qui, molti mesi più tardi le mitraglie finirono nella Valle dell’Agno presso la « Stella ».
4. - I fucili della Caserma Firenze in via Porta di Sotto.
L’ex fabbrica Mario Gioppo, adibita a caserma, era detta « Caserma salsa » per l’umidità dei muri, mentre poco distante in via Porta di sotto vi era la Caserma Firenze dove avevano la loro sede una quarantina di militari, i quali – al comando del Cap. Giovanni Passante Spaccapietra prima e poi del Magg. Aristodemo Schiavon – erano addetti al recupero salme della Prima Guerra Mondiale. All’arrivo dei Tedeschi a Schio essi riuscirono ad eclissarsi (Inch. I) e fu l’occasione buona per i cacciatori di armi per asportare una quarantina di fucili e trasferirli al « Sojo » ed alla « Gaminela » donde finirono in una siepe a lato della ex strada ferrata che congiungeva allora Schio con Piovene. Di qui i fucili salirono al Costesin.
5. - La mitragliera alla Teleferica dei Cementi.
Nella casa colonica dei Dal Lago, sita in via Mollette nei pressi della teleferica dei Cementi, fu abbandonata e nascosta una mitraglia FIAT con raffreddamento ad acqua, della quale furono informati gli incettatori d’armi. Così alcuni uomini andarono a prelevarla. Sistemata la pesante mitraglia e le cassette di munizioni su di un carrettino e coperto il tutto con i « canàri del sorgo », i volonterosi amici si diedero a spingere fino al Macello dove un Tedesco armato, piazzato all’ingresso della Carrozzeria Dalla Via, guardò passare quegli strani tipi che dimostravano un’ostentata indifferenza. Poi infilarono via Dalla Pozza, via Don F. Faccin e la Caussa; alle prime faticose salite in collina furono anche aiutati a spingere e finalmente giunsero a Sessegolo, al Fontanon, dove alcuni altri, che erano stati mandati a ritirarla, provvidero a trasferirla in collina. Ciò avvenne nei giorni dall’11 al 16 settembre 1943.
6. - Lo scambio delle armi ed il mercato « nero ».
Come in altre zone i soldati italiani e gli ufficiali sbandati furono aiutati dalla popolazione per nascondersi e per avere abiti civili, in molti casi in cambio della loro dotazione in armi, essendo queste ingombranti e pericolose nel mettersi in viaggio per i rispettivi paesi. Pertanto la raccolta delle armi e gli scambi diventarono a Schio un gioco cittadino con tutta una sua aneddotica curiosa (mappe, valigie, telefonate mascherate, mercato nero) che lo spazio non ci consente di riferire in questa Inchiesta.
Da « 8 SETTEMBRE » di Sergio Caneva - dattiloscritto cortesemente inviato dall’Autore.
« Fra i primi ad agire in campo aperto nel Vicentino sono Igino Piva, il rivoluzionario di sempre, ed Antonio Canova che il 9 settembre da un treno militare fermo in Stazione a Schio prelevano armi e munizioni, destinate poi al primo nucleo partigiano a Santa Caterina di Tretto. Qualche giorno dopo quattro giovani di Gambellara, i fratelli Di Lorenzo Francesco e Armando, Adolfo Cocco e Serafino Bellame, si portano a Schio in bicicletta ed asportano moschetti e fucili modo 91 dalla Caserma del 57° Fanteria, smontano quindi una mitragliera da 20 mm. all’aeroporto militare di Vicenza, sulla via del ritorno, ed hanno anche uno scontro a fuoco con i carabinieri nell’autoparco di Montebello.
Di questi quattro giovani, Adolfo, Armando e Serafino verranno poi catturati e fucilati a Verona; il quarto, Francesco, diventerà uno dei comandanti della « Pasubio » col nome di battaglia “Romeo” ».
II. INIZIO DELLA RESISTENZA ARMATA SOPRA SCHIO
10 settembre - 17 ottobre 1943
Tra le molte notizie imprecise che abbiamo letto sul gruppo armato costituitosi fin dal mattino del 10 settembre sopra Schio, alle Aste e nelle minuscole contrade di Festaro e di Formalaita, ci sembra che la più curiosa sia quella che abbiamo già riportato testualmente: « Un altro nucleo è segnalato a S. Caterina di Tretto, sopra Recoaro (sic), guidato da Antonio Canova (sic) ». (Relazione di un Convegno di studio - 1976).
Per i lettori ignari dei luoghi è bene allora precisare che, guardando la Val Leogra da Schio, abbiamo a sinistra le colline di Raga e Monte Magrè, oltre le quali vi è la valle dell’Agno e Recoaro, mentre a destra – lungo le pendici del Novegno e del Summano – si estende la zona dei Tretti, che in passato faceva Comune a sé ed ora fa parte del Comune di Schio. Essa comprende tre frazioni geografiche: S. Caterina (mt. 721), S. Ulderico (mt. 711) la più antica ed un tempo sede comunale, S. Rocco (mt. 678). In quest’area pedemontana soleggiata, ricca di boschi, sottoboschi, vallette, pendii e falsopiani si trovano molte case sparse e piccole contrade, circa una trentina.
La zona dei Tretti costituì sempre un buon rifugio di emergenza e di spostamento, e ciò anche al primo gruppo armato che abbandonò Schio subito dopo l’occupazione tedesca e che venne a sistemarsi nella zona collinare sopra le Aste e nelle due piccole contrade di Festaro e Formalaita, spostandosi – durante i 40 giorni di attività – anche a Cerbaro, ai Rossi e sotto i « Soj di S. Catarinèla ». Ciò è confermato da Igino ed Eugenio Piva, da Biagio Penazzato e da quanti altri parteciparono o ricordano sia il gruppo che i luoghi. Al Festaro ebbe luogo infine la cattura di alcuni componenti in seguito a rastrellamento tedesco (17 ottobre 1943). In conseguenza si è concordato di denominare questo raggruppamento, una volta per tutte, il « Gruppo del Festaro ».
A. COMPOSIZIONE DEL « GRUPPO DEL FESTARO ».
Alle Aste ed al Festaro salirono molte persone sia nei primi giorni che in seguito; alcuni vi rimasero stabilmente oppure abitavano nella zona (i « fissi »), alcuni ridiscesero dopo breve tempo, altri ancora facevano la spola da Schio alle colline (i « pendolari »). Secondo le testimonianze raccolte, il numero dei presenti potrebbe aver raggiunto le 40-70 persone, di tutte le quali è oggi difficile raccogliere i nomi. Però, da più versioni concordanti, furono sicuramente presenti:
IGINO PIVA (« Romero ») - 41 anni - da Ressecco.
(v. Inch. I) - Veniva considerato il capeggiatore del Gruppo per i suoi trascorsi di guerrigliero e di ex garibaldino di Spagna.
EUGENIO PIVA - 38 anni - da Ressecco.
(v. Inch. I) - Anch’egli combattente nelle Brigate Internazionali.
PIERIN BRESSAN (« Gastone ») - 34 anni - dalle Aste.
Di Gio. Battista e di Pietribiasi Maria. Nato a S. Maria delle Quercie (Francia) il 16-2-1909, fonditore alla De Pretto E-W. Arrestato nel Processone di Schio (1938) e condannato dal Tribunale Speciale a 5 anni. Uscito da Ventotene dopo il 25 luglio. Fungeva soprattutto da punto di sussistenza e di appoggio alle Aste per la raccolta di armi e materiali, aiutato dalla moglie e dalla madre.
BIAGIO PENAZZATO (« Bob ») - 29 anni - dalle Aste.
Di Francesco (Cl.1891) - tessitore da Cazzola - e di Santacaterina Caterina. Nato il 18-9-1914. Fonditore alla De Pretto E-W. Coniugato con Battistella Caterina, che durante la guerra partigiana diede poi un notevole contributo alla lotta. Pur non avendo obblighi militari partecipò alla guerra partigiana fino alla Liberazione, coadiuvato dalla arella Pierina. Il fratello Gianni (« Pompei »), dopo la cattura, fu barbaramente ucciso alla caserma Cella nel luglio del 1944.
NELLO » PEGORARO (« Guido ») - 41 anni - dai Cappuccini.
Fu Marco e di Canova Giulia. Nato a Schio il 28-12-1902, follatore in lanificio, coniugato con due figli. Arrestato nel Processone del 1938 e condannato a due anni. Partecipò in seguito alla Resistenza armata come vice-commissario.
In quel primo giorno vi furono anche Gino Manea, condannato dal Tribunale Speciale, e Serafino Molena, pure arrestato per antifascismo.
A mezzogiorno di venerdì 10 settembre 1943 i nominativi sopra citati ed altri 5-8 non identificati si ritrovarono in casa del « MECHE » (curioso tipo del luogo) attorno ad una gran polenta e qualche pezzo di formaggio, preparata per l’occasione dalla nuora del Meche. Ognuno di loro aveva molto da raccontare ed altrettanto da far progetti per nascondere le armi trafugate e per organizzare i rifornimenti ed i collegamenti con Schio.
In seguito capitò anche:
SANDRO COGOLLO (« Randagio ») - 38 anni - di via Pasubio.
Nato a Schio il 10-7-1905. Panettiere dai Casa al Corobbo ed alla Cooperativa di Poleo. Residente a Schio sopra il negozio di Ferramenta Dal Maso. Condannato nel Processone el 1938 a 15 anni, egli era appena tornato da Portolongone dopo il 25 luglio.
Nel « Gruppo del Festaro » sono stati inoltre segnalati da più versioni:
BEPI BORTOLOSO - 50 anni - dalle Aste - S. Martino.
Di Angelo e di Sartori Caterina. Agricoltore, manovale. Venne catturato nel rastrella¬mento al Festaro.
COMPARIN ANTONIO - 28 anni - dalle Aste (Tombon).
Di Luigi - muratore - e di Quartiero Catterina del Tretto. Nato a Schio il 5-4-1919. Bracci¬ante. Celibe. Venne ferito alla testa nel rastrellamento del 17 ottobre 1943 e ricovera¬to in Ospedale. Dopo la Liberazione, sotto la guida del Curato delle Piane, diventò « botanico ».
COMPARIN VALENTlNO - 17 anni - dalle Aste (Tombon).
Fratello più giovane (n. il 4-6-1926). Catturato con un piccolo fucile da caccia, venne lasciato, dopo più di due mesi trascorsi nei forti di Verona in prigionia.
BllLE ANTONIO - 19 anni - da Poleo.
Di Giovanni e di Dalla Valle Maria. Nato a Schio il 17-6-1924. Calzolaio. Catturato durante il rastrellamento, fu poi rilasciato perché ritenuto un ragazzino, stante la sua bassa statura e l’aspetto di un dodicenne. Partecipò in seguito alla Resistenza con numerose vicende e come infaticabile staffetta e coadiutore.
SARTORI PIETRO (« Colombo ») - 17 anni - dalle Aste.
Nato a Schio il 4-2-1926. Di Giovanni - tessitore al Lanerossi - e di Santacaterina Maria (m. 1940). Fratello di Rosina (1923) e di Giuseppina (1929). Nel periodo del Festaro Pietro si prodigò come staffetta ed in primavera entrò nella guerra partigiana con Germano Baron (« Turco »).
ROMEO LORA (« Romeo ») - 31 anni - da Schio.
Nato il 6-4-1912. Scuole di avviamento e diploma di disegnatore. Coniugato con Toffoli Giacinta. Presente ai Tretti, entrò poi nella guerra partigiana, spostandosi in Raga ed in altre zone.
DALL’ALBA GIUSEPPE.
B. ARMAMENTO, SISTEMAZIONE E SUSSISTENZA.
Si è già detto che buona parte delle armi trafugate a Schio (fucili, bombe a mano, mitraglie) finirono nella zona fra le Piane e le Aste, in quantità superiore alle necessità del momento, per cui furono occultate in più luoghi. È anche noto che alcune vennero cedute a Crestani e Pontarollo per il « Gruppo di Fontanelle di Conco ». Ben più grave si profilò subito il problema di « dar da mangiare » a tutte queste persone, ma le famiglie delle Aste e della zona del Festaro e Formalaita si prodigarono in ogni modo, malgrado la carestia di quel periodo. In particolare va ricordato il fornaio TOSIN delle Piane.
Con un gran pentolone si cercò di preparare anche una specie di rancio e addirittura qualcuno da Schio saliva lassù con i pentolini. Il « peso » di questa prima Resistenza armata venne sopportato dalla gente del luogo, come verrà riferito nelle testimonianze, ma anche la « base » scledense – amici di fabbrica ed antifascisti fece la sua parte. Tra questi, nei ricordi di molti, ricorrono i nomi di MARIO PRENDIN (« Lama ») detto Mario Valmòra, elettricista, 40 anni, residente al Cristo, di ANTONIO CANOVA (« Tuoni »), 38 anni, di via Lungo Leogra, già citato, di GASTONE STERCHELE, 30 anni, già citato, di GILDO BROCCARDO, 38 anni, da Poleo e di molti altri.
Un ruolo di primissimo piano – poco appariscente e poco ricordato – è quello delle donne che furono subito messe a dura prova come staffette di collegamento, trasporto di armi nei passaggi più pericolosi, confezionatrici di indumenti, lavandaie, vivandiere, infermiere. Ad esse è doverosa una futura Inchiesta perché già dalle prime notizie raccolte è emersa una documentazione importante sul ruolo delle donne nella Resistenza locale.
C. I COLLEGAMENTI DEL « GRUPPO DEL FESTARO ».
Nei 40 giorni che vanno dal 10 settembre al 17 ottobre 1943 il gruppo armato sopra Schio cercò subito di stabilire dei collegamenti con altre forze della incipiente Resistenza armata e civile. Ognuno di questi collegamenti ci ha portato fuori della nostra area scledense e di essi verrà quindi detto usufruendo di alcune testimonianze; qui riportiamo le notizie essenziali, che giustificano le nostre « ricerche di sconfinamento »:
1. - VICENZA
La matrice prevalentemente comunista del « Gruppo del Festaro » (usciti dal confino politico ed ex garibaldini di Spagna) è evidente o perlomeno costituì la forza trainante, per cui è logico che vi siano stati dei contatti con l’ambiente politico « comunista» di Schio e di Vicenza (Domenico Marchioro – nominato segretario provinciale del P.C.I. – ed i tre fratelli Lievore – Alfredo, Antonio, Silvano – tutti scledensi).
12. - VALLE DELL’AGNO
Un recente studio di Maurizio Dal Lago, (Valdagno e la Repubblica di Salò, Bibl. civica, Valdagno, 1977) ha messo in evidenza che i Tedeschi occuparono Valdagno il giovedì 9 settembre 1943 e che SEVERINO VISONÀ (« Nave ») raccolse alcune armi dei militari italiani sbandati, nascondendole nella miniera Pulli. Purtroppo le notizie sui primi gruppi di ribelli e di sbandati nella Valle dell’ Agno sono quanto mai scarse e incerte.
Oltre a Severino Visonà risulta attiva la presenza di PIETRO TOVO (Piero « Stella »), un antifascista prebellico organizzatore del soccorso rosso e che ospitò nel gennaio del 1944 Domenico Marchioro, suo amico; è quindi presumibile che fra i due vi fosse un collegamento fin dall’autunno del 1943, considerando che la costituzione del C.LN. valdagnese è del novembre. Uno studio locale potrà forse raccogliere altre notizie, ma si ha l’impressione che nella Valle dell’Agno la Resistenza abbia avuto un inizio « sparso » in nuclei familiari o di contrada, senza grandi capi, e che solo verso dicembre-gennaio – ai primi richiami alle armi – si siano concentrati dei gruppi di varia origine che portarono poi al « Gruppo di Malga Campetto » del gennaio 1944.
3. - « GRUPPO DI FONTANELLE DI CONCO »
Su di un collegamento fra il « Gruppo del Festaro » ed il « Gruppo di Fon¬tanelle di Conco », sito alle pendici dell’Altopiano di Asiago verso Bassano, ab¬biamo alcune notizie, anche nell’ambiente scledense.
4. - « GRUPPO DI FARA VICENTINO »
A Fara vicentino, sito ad una decina di Km. da Thiene sulle alture sopra Breganze, confluirono nei giorni dell’8 settembre una quarantina di soldati angloamericani sbandati e sfuggiti ai Tedeschi. II luogo fuori mano e la recettività della popolazione coagularono anche degli ex militari italiani e suscitarono un entusiasmo « antitedesco » nei giovani locali. II gruppo costituì un punto di germinazione che in seguito si organizzò in vera e propria resistenza armata e civile. Un contatto con il Ten. Zanchi, che faceva parte del Gruppo, è testimoniato da Igino Piva nel settembre-ottobre 1943.
5. - « GRUPPO DEL MASETTO » DI TORREBELVICINO
Subito dopo l’8 settembre una dozzina di giovani di Torrebelvicino, comune poco sopra Schio, si portarono in montagna fra Manozzo e S. Caterina in due piccole località dette il Masetto ed il Laghetto. Furono riforniti di armi dal « Gruppo del Festaro » (v. Appendice).
6. - I MILITARI « SBANDATI » NELLA ZONA DEI TRETTI E SUL NOVEGNO
Per iniziativa individuale e quindi « indipendenti » dal « Gruppo del Festaro », salirono in montagna anche alcuni militari di Schio e dintorni che erano sfuggiti ai Tedeschi. Di essi abbiamo numerose testimonianze, poiché quasi tutti entrarono poi nelle formazioni partigiane, ma il fissare qui alcuni nomi e non altri verrebbe a dare un panorama incompleto per la fluidità iniziale degli spostamenti. Si ha notizia tuttavia che la presenza al Festaro dei « politici », qualcuno con esperienze di guerriglia, spinse logicamente questi giovani ex militari a collegarsi a poco a poco con tale gruppo e con i loro amici di partito o di fabbrica. Non vi furono attriti, anzi venne a consolidarsi una solida amicizia. La dislocazione sparsa degli ex militari in tutta la zona dei Tretti evitò la loro cattura in occasione del rastrellamento al Masetto ed al Festaro e ciò consentì il loro graduale inserimento nelle prime pattuglie che andarono ad organizzarsi nel tardo autunno e nell’inverno 1943-1944. Di Germano Baron (« Turco »), di Luigi Marzarotto (« Treno »), di Giovanni Garbin (« Marte ») e di tanti altri giovani ex militari verrà riferito nel prossimo Quaderno.
NOTA
1. IL «GRUPPO DEL FESTARO» - 6. I militari «sbandati» nella zona dei Tretti e sul Novegno.
RASTRELLAMENTO A CERBARO - inizio ottobre 1943
TRANOUILLO COMPARIN, figlio di Valentino e di Anna Santacaterina. Nato a Schio il 6.7.1917, follatore al Lanificio Rossi, residente a Poleo in via Falgare. 12.
«Subito dopo L’8 settembre 1943 tornai a casa da Verona dove mi trovavo nel 79° Fanteria; salii a Cerbaro con “Turco” e fra gli altri ricordo Augusto Marzarotto e Santo Dal Santo dalle Aste. Per circa una settimana venne su a Cerbaro anche Urbano Plebani che era rientrato a Schio e si era rivolto ai fittavoli Baron per chiedere di Germano; ma in seguito il padre Mario salì in macchina a riprenderlo e lo convinse a tornare a Schio. Inizialmente venne a Cerbaro anche Giuseppe Dall’Alba di Torrebelvicino. che veniva spesso mandato a Poleo con il mulo per il rifornimento di viveri. In quel periodo la “base” del gruppo era una “vecchia casa” a Cerbaro ma avevamo alle spalle il rifugio di fuga sul Novegno; un altro luogo di riferimento erano le “Casérevecie”.
Il RASTRELLAMENTI DI CERBARO - "La notizia che nella zona esistevano degli sbandati armati giunse probabilmente al Comando tedesco di Schio e verso i primi di ottobre del 1943 salirono a Cerbaro due camions di alpini tedeschi; noi eravamo già stati avvertiti da quelli del Masetto che a giorni avremmo avuto visite e quindi si cercò di mascherare la nostra presenza rimettendo le ragnatele in cucina. “strame” e “fassine”; quando i tedeschi interrogarono Toni, il proprietario della casa. questi disse che da lui veniva parecchia gente, ma per il fatto che aveva osteria. Ricordo la data del rastrellamento perché i tordi passano ai primi di ottobre ed io dovevo andare fuori con il fucile. Quel giorno piovigginava e quando abbiamo visto i Tedeschi siamo saltati sù e scappati via verso la Casérevecie; stavamo bevendo del latte quando vedemmo arrivare una balilla con 4 Tedeschi. Allora. dopo aver nascosto le cartucce sparse, ci portammo tutti e cinque sul Novegno, Il rastrellamento a Cerbaro precede quindi quello del 17 ottobre al Festaro; dopo quest’ultimo “Turco” salì in alta montagna mentre io scesi a Poleo e. avuto il cartellino della Todt. andai ad Arsiero; avendo le carte in regola fui disponibile a girare in aiuto delle pattuglie”.
ELVIRA BARON, sorella di «Turco».
«In quel periodo mio fratello con il suo gruppo aveva la base a Cerbaro; un altro gruppo si era sistemato al Festaro con Igino Piva; un altro ancora si trovava al Masetto. mentre “Brescia” ed il padre avevano come punto di riferimento le Madeghe. Naturalmente erano tutti un po’ collegati fra loro sia per le armi che per i rifornimenti. Ricordo che capitò a Cerbaro un maggiore inglese che prese degli appunti sulla zona e tracciò alcuni schizzi dei monti; restò lì un po’ di tempo finché vennero a prenderlo in macchina e partì con una tuta celeste da meccanico; prima di andarsene ci promise che. se fosse tornato al comando. avrebbe fatto inviare dei lanci. Nell’inverno del 1943 “Turco” si trasferì per un certo periodo in alta Val Posina alle Lambre, sopra contrada Ganna. assieme a Neffari ed a Santo Dal Santo (“Battisti”)».
III. IL RASTRELLAMENTO AL FESTARO
17 ottobre 1943
Il « gruppo del Masetto » ed il « gruppo del Festaro » subirono il primo rastrellamento della Val Leogra. Antonio Comparin venne gravemente ferito alla testa e tornò a casa il 29 gennaio 1944 dopo una lunga degenza nell’Ospedale di Schio. Igino Piva, Eugenio Piva, Romeo Lora e Bepi Bortoloso furono catturati e trasferiti a Schio ed a Verona, donde furono poi liberati. Ben poche armi finirono in mano dei Tedeschi e quindi il rastrellamento, in sostanza, non riuscì a far piazza pulita dei primi « ribelli ». Molti del « Gruppo del Festaro » nonché i militari « sbandati » e dislocati nella zona dei Tretti, delle Aste e di Poleo restarono nascosti e cominciarono ad organizzarsi in piccole pattuglie che, durante l’inverno 1943-44, diventarono il tessuto resistenziale di base per le successive formazioni partigiane. Ad eccezione del rastrellamento al Festaro, il passaggio dall’iniziale resistenza armata al periodo successivo non fu clamoroso e forse proprio per questo motivo venne mantenuta una eccezionale continuità in tutto il movimento resistenziale di Schio e della Val Leogra. Per la vivacità del racconto, riportiamo alcune testimonianze sulla dinamica del rastrellamento del 17 ottobre 1943.
BIAGIO PENAZZATO (« Bob »)
Di Francesco (Cl. 1891) - tessitore al Lanificio Cazzola - e di Caterina Santacaterina. Nato a Schio il 18-9-1914; nel 1943 già coniugato e residente ai Cappuccini. Alle Aste si trovavano il fratello Gianni (« Pompei» ) e la sorella Pierina. « Bob » fu Vice-comandante del Btg.ne « Ramina ».
« Ad 11 anni ragazzo di bottega del fabbro Zuliani in via Porta di Sotto, fui licenziato in tronco, con altri due, per un nostro sciopero di protesta contro il lavoro domenicale. Fornaio da Zuanetto e poi lattoniere da Dolo in Quartier Nuovo, entrai infine come aiutante fonditore alla De Pretto a 16 anni. Di leva nel 1° Rg.to Pontieri di Verona, tornai nel 1936. Nel 1943-44 restai militarizzato alla De Pretto ma partecipai contemporaneamente anche alla guerra partigiana.
Mio padre era un tipo accomodante, gli piacevano le chiacchiere in osteria ed il gioco delle bocce; invece mia madre Caterina era un’antifascista « feroce », che teneva una foto di Matteotti in ogni libro di casa. Rammento che alle Elementari, tornando da scuola, mi divertivo a scrivere sui muri con il gesso: “abbasso il fascismo!”, finché un giorno venni scoperto e la cosa fu riferita da un fascista, con minaccia di denuncia, a mio padre, il quale mi allungò per l’occasione due ceffoni; ricordo inoltre uno scontro violento durante il servizio pre-militare, che non potevo sopportare.
A Schio, nei primi giorni dell’occupazione tedesca, fummo in molti a trafugare e trasportare armi in collina ed a mezzogiorno del 10 settembre la nuora del « Meche », tre case prima del Festaro, preparò una gran polenta con formaggio per una quindicina di persone, fra le quali ricordo Igino Piva, il fratello Eugenio, Pierin Bressan, Romeo Lora, Pino Manea, Nello Pegoraro, Serafin Malena, che aveva l’osteria al Costesin, ed altri. Rino Sella di Pieve venne su solamente i primi giorni e Sandro Cogollo arrivò qualche tempo dopo. C’era poi Bepi Bortoloso dalle Aste (Cl. 1892-3) che fu spesso bastonato nei primi anni del fascismo, perché era un tipo un po’ anarchico; lavorava come un dannato ad un suo pezzetto di terra tutto a masiere e faceva anche il manovale, ma senza un lavoro fisso. Poi c’era Antonio Bille (Cl. 1924), un « bagolon » sempre in vena di scherzi e che abitava in centro a Poleo.
Al Festaro si trovavano anche i due Comparin dalle Aste, Antonio il botanico (Cl. 1919) ed il fratello Valente (Cl. 1926). Giù a Schio operavano Mario Valmòra (Prendin), il « Pelloni » (Romano Faccin), Toni Canova e molti altri. In un primo tempo vennero su in collina un centinaio di persone, ma parecchi ritornarono a Schio dopo alcuni giorni. Nella zona di Cerbàro si trovava inoltre Germano Baron (« Turco »), ancora convalescente dalla Russia, il quale aveva formato un gruppetto autonomo di ex militari sbandati. Rammento che in quel periodo venne scavata qualche trincea coperta con frasche come rifugio di fortuna; però di solito ci si spostava dal Festaro a Formalaita, ai Reghellini, ai Rossi, a Cerbaro e sotto i soj di S. Caterinèla. Subito dopo la guerra ho segnato alcune date su di un libretto e trovo che il rastrellamento al Festaro ebbe luogo il 17 ottobre 1943.
Le cose andarono in questo modo: al Masetto, vicino a Manozzo, quelli di Torrebelvicino avevano organizzato un gruppo di 10-12 giovani ed uno di loro venne da noi al Festaro a chiedere armi. Igino Piva prudentemente le aveva nascoste in più luoghi e mandò Bepi Bortoloso a tirarne fuori alcune a Formalaita. Mi è stato riferito che in seguito “una persona” della zona del Masetto segnalò a Schio la presenza del gruppo di sbandati, per cui i Tedeschi andarono su a fare un rastrellamento. Dopo la cattura di alcuni, che furono sottoposti a bastonature ed a minacce di immediata fucilazione, si venne a sapere che le armi erano state prelevate al Festaro. Bille, mandato da « Turco », ci riferì che i Tedeschi stavano venendo da Santacaterina verso Cerbàro.
Ci sembrò impossibile che venissero anche da noi, in quanto non conoscevano i sentieri; invece avevano costretto uno del Masetto, quello che era venuto a chiedere le armi, ad accompagnarli. L’arrivo dei Tedeschi al Festaro colse un po’ tutti di sorpresa; ricordo che da una finestra della casa vidi prima un Tedesco nel cortile e poi molti altri, assieme ad un gruppo di borghesi rastrellati; Eugenio Piva si trovava sulle scale, mentre Igino stava entrando in casa; c’erano anche Bepi Bortoloso e Romeo Lora. Pensai di uscire da una finestra della stanza, ma era in disuso e fissata con un chiodo, per cui mi buttai attraverso i vetri portando fuori il telaio con le spalle e finendo a lato della casa, dove non potevano vedermi; saltai una siepe, rotolai lungo un pendio per cinquanta metri ed entrai nel bosco, mentre udivo alcune raffiche di arma automatica.
Anche Romeo Lora saltò giù dalla finestra, ma appena girato l’orto, un Tedesco gli puntò contro un’arma e Romeo protestò dicendo: “Par dio, xe el modo de far ciapàre sti’ spaventi!”. Eugenio sentì un Tedesco salire le scale, saltò anche lui dalla finestra e si nascose dietro un filare di viti e poi verso il pollaio, da dove riuscì a scappare nel campo, inseguito a raffiche; purtroppo venne catturato più in alto. Bepi Bortoloso fu messo al muro e, sotto la minaccia di fucilazione, fu costretto ad indicare un nascondiglio di armi. Nel tentativo di fuga Antonio Comparin venne ferito gravemente alla testa, con asportazione di mezzo orecchio, e trasportato a Schio su una scala come barella. Il fratello più giovane fu catturato con un fucilino da caccia in mano. Igino Piva fu bloccato sulla porta di casa. A distanza di tanti anni, ho ancora viva l’impressione del tedesco in cortile, che vedevo per la prima volta in tuta mimetica ».
IGINO PIVA (« Romero ») (cit.)
« Nell’ottobre del 1943 avvenne il rastrellamento al Festaro e quel giorno ero in abito civile, e non in tenuta da montagna, perché tornavo da Vicenza dove mi ero recato in riunione per avere notizie e direttive sulla condotta della iniziale guerriglia. Ignorando per tale motivo la situazione esistente al mio arrivo al Festaro, fui bloccato sulla porta della casa che ci ospitava da un tedesco armato; questi mi fece addossare ad un muretto ed io colsi l’occasione per stracciare a pezzettini i fogli di carta con le istruzioni per la guerriglia, che avevo portato da Vicenza, buttandoli in un piccolo corso d’acqua senza farmi scorgere. Fra i tedeschi del rastrellamento, c’era anche un austriaco che mi fece capire di essere un viennese di idee socialiste e che avrebbe cercato di aiutarmi; sul momento non pensai di fidarmi, ma seppi più tardi che era vero e che tornò a Schio dopo la fine della guerra. Dopo la cattura venni portato con gli altri alle Scuole Marconi di Schio, ove subii un’interrogatorio; poi fui trasferito alla C. Chinotto a Vicenza ed infine a Verona dove rimasi fino al 22 dicembre 1943.
Al Festaro Antonio Comparin aveva terminato, su mio ordine, di nascondere un gruppo di armi e gli avevo detto di tornare a casa; ma al ritorno fu bloccato dai Tedeschi, che – in un tentativo di fuga – gli spararono alla testa. Valentino Comparin fu internato al Forte S. Leonardo di Verona e di qui liberato il 22 dicembre 1943. Assieme a lui furono internati tre del Masetto colà catturati ed una donna, la cantiniera ».
PIERINA PENAZZATO
Nata a Schio (Aste) il 24-11-1919. Staffetta partigiana e sorella di Biagio e Gianni.
« Quando la colonna dei militari italiani disarmati dai Tedeschi alle Scuole Marconi passò vicino allo steccato di demolizione che c’era allora nell’area del Palazzo Astra un gruppo di donne cercò di creare confusione fra un Tedesco e l’altro di guardia in modo da tirar fuori dalla fila qualche militare.
C’era Mino Facci e mi sembra anche « Lama » (Mario Valmora). Ne portammo via cinque, dei quali due finirono a casa di Beniamino Facci e tre vennero a casa nostra alle Aste, dove furono riforniti di vestiti in borghese per il loro rientro a casa; ricordo che qualcuno in seguito ci scrisse per ringraziarci. In quei giorni mio fratello Biagio, informato da « Lama », mi chiamò per un trasporto di armi dal “brolo” del Conte a collina; mi caricai sulle spalle un sacco da montagna pieno di bombe e ricordo che mio fratello disse: “Guarda che la guerra comincia adesso”. Nella zona del Festaro in quel periodo c’era una specie di centro di raccolta dei militari sbandati e vi era anche una decina di anglo-americani, ai quali Sandro Cogollo faceva scuola di italiano.
Mi è rimasto impresso un particolare curioso: alcuni neozelandesi salivano sugli alberi con una tale agilità che sembravano delle scimmie e noi donne, da sotto, a gridare: “Macaco, te te còpi”. Più tardi vennero smistati perché “Lama” ne portò un paio a Schio da Fulvio Veghini e credo che siano stati poi indirizzati verso la Svizzera vestiti con tute da meccanico. Biagio ricorda un capitano inglese che restò lì pochi giorni e due tenenti (Bob e John), in tempo di pace impiegati di banca, i quali rimasero una quindicina di giorni; questi ultimi, tramite “Lama” e Veghini, furono spediti a Trieste e verso la Jugoslavia ».
APPENDICE: IL «GRUPPO DEL MASETTO »
Il centro di Torrebelvicino, subito oltre Schio, è situato in una strettoia fra il Monte Enna (mt. 975) a destra ed il Monte Civillina (mt. 948) a sinistra, salendo lungo la strada nazionale verso Valli del Pasubio, l’alta Val Leogra e Pian delle Fugazze. Nel suo Comune vi è, a valle oltre il torrente Leogra, il piccolo centro di Pievebelvicino, antica sede di lanifici, mentre in alto a destra il paesetto di Enna. Vi fu un Circolo operaio a Torre, molto attivo e con una storia interessante della quale si dirà in seguito, ma antichissimo è quello di Pieve nelle sue lotte e scioperi di fine Ottocento; in Pievebelvicino nacquero i fratelli Marchioro, tutti condannati dal Tribunale Speciale (Inch. IV).
Nei giorni dell’8 settembre 1943 parecchi giovani del luogo si avviarono in montagna, per precauzione ed in attesa degli eventi; alcuni tornarono dopo pochi giorni in paese, altri vi rimasero riuniti nelle due località vicinissime del Masetto e del Laghetto al piede del Monte Enna oltre che nella contrada Manozzo; tra loro vi erano anche due ex prigionieri alleati. Il piccolo gruppo non disponeva inizialmente di armi, ad eccezione di qualche pistola ed alcuni fucili da caccia, e vennero quindi a stabilirsi dei collegamenti, nella zona di S. Caterina, con gli ex militari di Poleo come Germano Baron (« Turco »), Bruno Redondi (« Brescia »), Luigi Marzarotto (« Treno »), Gino Bellotto ed altri, infine con il « Gruppo del Festaro » sopra Schio, che li rifornì di armi.
Purtroppo una « spia » locale scatenò un rastrellamento di truppe tedesche e la conseguente cattura di alcuni componenti e di una parte delle armi. Il significato e l’importanza del « Gruppo del Masetto » consistono soprattutto nella presenza iniziale anche sui monti sopra Torrebelvicino di giovani armati, molti dei quali più tardi entreranno nelle formazioni partigiane più organizzate della primavera del 1944.
PUBBLICAZIONE DEL COMUNE DI TORREBELVICINO
«Uomini, nella maggioranza non istruiti, umili operai, ex militari che dopo la resa dell’8 settembre 1943, per intimo convincimento, sentono il dovere di non scendere ad alcun compromesso con il fascismo, si riuniscono verso la fine di settembre nella frazione di Enna in località Masetto e cominciano ad organizzare una pattuglia per l’opposizione armata. A fianco di questa pattuglia, viene poi costituito il primo Comitato Territoriale di liberazione per Torrebelvicino e Pievebelvicino. ( ... ). Ad un mese dalla costituzione della pattuglia, quella « sbrancà de tusi » subisce il primo rastrellamento da parte delle forze tedesche informate da spie locali. L’armamento è pressoché inesistente, costituito da pochi fucili militari e fucili da caccia con pochissime munizioni, quindi è impensabile un’azione di difesa. Essi trovano allora salvezza in montagna, tra i crepacci e le cenge del Novegno » (da « Il nostro impegno: libertà» edito dal Comune di Torrebelvicino, 25 aprile 1975).
RIUNIONI A TORREBELVICINO
Per ulteriori notizie sul « Gruppo del Masetto » si sono riuniti nel novembre 1977: Luigi (1899). Pietro (1892), Sergio (1923), Acquasaliente, Primo Bianco (1912 « Marano »), Antonio Nardello (1924 « Thomas »),Angelo Pilati (1914 -« Niso »), Arturo Tessanti (1929).
« Nel ricordo dei presenti nell’autunno del 1943 si rifugiarono nella zona del Masetto, Laghetto, Manozzo i seguenti giovani: Bogotto Piero, Busellato Antonio, Galletto Guido, Marangoni Luigi, Pilati Angelo, Stiffan Francesco, Vallortigara Adorino ed il fratello (“Morgan”), Zironda Guido e parecchi altri; qualcuno tornò in paese dopo breve tempo, la maggior parte restò sia al Masetto che a Manozzo ». Di Dal Zotto Luigi, Filippi Giuseppe, Tessanti Alessandro e Trentin Antonio verrà riferito nel prossimo Quaderno.
TESSANTI ARTURO. N. il 6-10-1929. Figlio di Attilio (vedi Inch. IV - Tribunale Speciale) e fratello di Alessandro («Leone»).
« Nel 1943 alla Fonte Margherita si trovavano di stanza numerosi Alpini, una quarantina, al comando di un tenente. Alla notizia dell’arrivo dei Tedeschi, i militari attraversarono il torrente Leogra e cominciarono a risalire il ripido pendìo boscoso che si trova al di là; ma il tenente ordinò di tornare e così due-tre Tedeschi con una motocarrozzetta, scesi da Valli del Pasubio, tennero tutti a bada con un fucile mitragliatore, li fecero prigionieri, li trasferirono alla Caserma Cella e poi in Germania. Solo alcuni fuggirono nel bosco. Di questo fatto fui testimonio oculare ».
ANGELO PILATI (« Niso »). Fu Giuseppe - agricoltore - e fu Cencherle Maria. Nato a Torrebelvicino il 30-10-1914.
« All’8 settembre 1943 mi trovavo a Gorizia nell’artiglieria montagna della “Julia” ed il giorno 12 partii, con un gruppo di 11 militari, per tornare a casa; ricordo di aver attraversato Palmanova e, per vie nascoste, di essere arrivato a Torrebelvicino, in divisa ed armato, verso il 19-20 settembre. Alcuni giorni dopo salii con altri al Masetto e qui vi furono, specie nei primi tempi, molte difficoltà di vettovagliamento; c’era un’osteria, ma una trentina di giovani trovarono alloggio a Manozzo. Appena si ebbe notizia che la situazione era diventata più calma, qualcuno tornò giù in paese. Il gruppo disponeva di vecchi fucili, di qualche pistola d’ordinanza e delle armi ottenute in seguito a Cerbaro da quelli del Festaro. Nella zona si erano rifugiati anche un maggiore ed un capitano neozelandesi, fatti prigionieri in Libia e sfuggiti ai Tedeschi. Tramite Pierin De Molo del C.L.N. di Torrebelvicino vennero avviati in Svizzera.
A quanto ricordo, il rastrellamento avvenne verso la metà di ottobre del 1943 e quella sera mi ero recato a Schio con i due neozelandesi; al ritorno vi era uno splendido chiaro di luna ed i due amici si fermavano ogni cento metri per riposarsi, al punto che mi meravigliai come gli Alleati potessero fare una guerra con dei soldati così stanchi. Questo ritardo ci ha salvato. Infatti, non appena abbiamo sentito il rumore degli scarponi dei Tedeschi sulla strada, ci siamo buttati nel bosco lasciando a terra un bel fiasco di vino portato su da Schio e che fu poi ritrovato da Silvio Casarotto. Nella fuga ci siamo imbattuti in un ex militare di Trissino, ferito e tutto sporco di sangue, il quale pensò in un primo momento che fossimo dei Tedeschi. Dopo essere risaliti verso il monte Enna siamo scesi ai Corobolli e qui abbiamo sistemato il ferito. Le armi nascoste al Masetto vennero subito scoperte e mi sembra di ricordare che Piero Bogotto, Antonio Busellato (ora in Australia) e Luigi Marangoni furono catturati e trasferiti a Verona ».