QUADERNI DELLA RESISTENZA 
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Aprile 1979 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
 
 
Volume VII
(da pag. 323 a pag. 334)

IL MANIFESTO DI INDENBIRKEN

Inchiesta di E. Trivellato
 
 
 

 

È conservato in Schio, e fu esposto nella Mostra della Resistenza del 1973, l’originale di un Manifesto affisso sui muri della città dal Comando germanico (Standort-kommandantur) subito dopo l’occupazione tedesca avvenuta nella notte dal 9 al 10 settembre 1943. Nel foglio – a firma del capitano Indenbirken – manca la datazione, la quale però è certa per altre fonti: lunedì 13 o martedì 14 settembre. Infatti il testo del manifesto fu pubblicato integralmente ne «Il Gazzettino» (l) uscito il mercoledì 15 settembre.


Consultando attentamente le notizie riportate dal quotidiano in quei giorni si è rilevato un fatto molto interessante da un punto di vista storico e cioè che gli «ordini» del Capitano Indenbirken agli Scledensi rappresentano le prime disposizioni di un Comando germanico, nelle Provincie di Vicenza e Verona, subito dopo l’occupazione tedesca. Difatti mancano comunicati stampa della Platzkommandantur di Vicenza ed i «Proclami e disposizioni» della Leitkommandantur, cioè del Comando superiore germanico di Verona, appaiono su «Il Gazzettino» solamente il venerdì 17 settembre e quindi un paio di giorni dopo le disposizioni affisse a Schio. Infine le « Comunicazioni» della Prefettura di Vicenza portano la data del 18 e furono pubblicate la domenica 19 settembre. L’importanza quindi del Manifesto di Indenbirken, in quanto precede i Proclami di Wolf, mi ha indotto ad approfondirne sia il testo nell’insieme che le disposizioni.




I. IL «POTERE» AL COMANDO GERMANICO


L’Avviso inizia con una dichiarazione: «LA CALMA, L’ORDINE E LA SICUREZZA È STATA RISTABILITA IN ITALIA DALLE TRUPPE GERMANICHE». Né il Comandante si preoccupò di spiegare agli Scledensi perché le truppe germaniche avessero deciso di ristabilire la calma e l’ordine in Italia; egli comunica, da militare, solamente un dato di fatto. Lo stesso manifesto, se fosse stato compilato dagli Italiani, avrebbe risuonato press’apoco così: «Dopo il tradimento del 25 luglio la cricca del Re e di Badoglio ha firmato una resa con gli Anglo-Americani gettando l’Italia nel caos.. nostri camerati germanici hanno ristabilito l’ordine e la sicurezza per il proseguimento della lotta contro il comune nemico ».


Senza dubbio la politica non era congeniale al Capitano Indenbirken, perché anche il suo tentativo di accattivarsi la simpatia dei cittadini di Schio non va oltre la frase seguente: «LA POPOLAZIONE VIENE INVITATA ALLA COLLABORAZIONE». Da Verona il Comandante Superiore Wolf, nel Proclama pulbblicato ne «Il Gazzettino» del 17 settembre, si dimostrò molto più diplomatico quando scrisse: «Aspetto che la popolazione per buon senso e per comprensione si astenga da ogni azione sconsiderata, da ogni atto di sabotaggio, da ogni resistenza passiva oppure attiva contro le forze armate germaniche».


Invece il Capitano Indenbirken non fece il minimo sforzo per capire la mentalità degli italiani e si regolò con il metro tedesco secondo il quale l’ordine: «Partisanenkriegverboten! » «La guerra partigiana è proibita!» non doveva nemmeno essere discusso ma solamente applicato. A parte queste considerazioni, l’Avviso non lasciava dubbi sui futuri rapporti del Comando germanico con le Autorità scledensi, militari, civili e religiose. Infatti nel manifesto era scritto testualmente:


«IL SOTTOSCRITTO COMANDANTE DELLA CITTÀ È IL RAPPRESENTANTE CON PIENI POTERI DELLE FORZE GERMANICHE. TUTTI I SUOI ORDINI E TUTTE LE SUE DISPOSIZIONI DEVONO ESSERE OSSERVATE DALLE AUTORITÀ, AZIENDE E DA TUTTE LE ORGANIZZAZIONI ».


È in sostanza il potere assoluto. Sarebbe interessante l’aver potuto raccogliere le impressioni e le opinioni delle Autorità locali del tempo (il Podestà, il Comandante dei Carabinieri, il Prefetto, l’Arciprete) oltre che quelle delle persone che avevano un posto di responsabilità (industriali, direttori di banca, pubblica Amministrazione). Come ci si doveva regolare? Quali «atti» erano accettati dai Tedeschi?


Forse in un primo momento, cioè in attesa di conoscere «la bestia », si procedette per intuizione e con quella dose di buon senso che non dovrebbe mancare ai responsabili, applicando comunque la regola del «niente fare, paura non avere» e rinviando quindi tutte le faccende meno urgenti.


Il Podestà di Schio pensò di non soprassedere ulteriormente alla necessità di un intervento chirurgico, che aveva dilazionato da tempo, e quindi fece richiesta di un congedo per malattia a partire dal 24 settembre 1943, designando come suo sostituto il Consultore Anziano (2); anche quest’ultimo fu poco dopo sostituito da un Commissario di nomina prefettizia.


Il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Schio, rimasto al suo posto per il servizio di istituto e di ordine pubblico, propri dell’Arma, aveva però registrato il rientro in famiglia dei suoi subordinati, analogamente agli altri militari, nella previsione di una deportazione in Germania.


Anche il Pretore rimase in attesa di una schiarita e l’Arciprete di Schio, noto per intelligenza ed acume, formulò probabilmente previsioni funeste per la nostra zona e per l’ambiente operaio, che uscito dall’euforia del 25 luglio si trovava adesso a dover sopportare una dittatura ben più pesante di quella fascista.


Infine i Titolari e Direttori di azienda avevano scadenze ed obblighi di produzione, di vendite, di salari e quindi dovevano quanto prima fare i conti con i Tedeschi, dal momento che il Capitano Indenbirken aveva detto chiaramente nell’Avviso che: «LA POPOLAZIONE VIENE INVITATA A RIPRENDERE SUBITO IL SUO LAVORO ».


Ed i Fascisti? A mio giudizio è invalsa l’abitudine di considerare i Fascisti in blocco, con un procedimento di sincretismo psicologico del tutto infantile, e di vederli sempre nel ruolo dei «cattivi» dei films western. Che ciò sia comodo non vi è alcun dubbio. Purtroppo diventa problematico condurre inchieste sui comportamenti individuali, per riunire poi i dati in categorie abbastanza omogenee, ma, dalle notizie raccolte, sono dell’opinione che solo qualche «fanatico» di poco criterio si rallegrò dell’arrivo dei Tedeschi, mentre la maggior parte dei fedeli al Fascio ebbe altrettanti problemi da risolvere che gli Antifascisti.


Qualcuno, di fede non proprio granitica, cercò probabilmente di svicolare, ma i nuovi fogli d’ordine del Regime erano chiari: «Esame della situazione degli iscritti al Partito: i traditori e i vili saranno puniti». E svicolare dove? Con quali mezzi per sostentare la famiglia? E con quali pericoli?


Qualcun’altro di maggiore fede ritenne che, restando al suo posto, poteva svolgere una funzione di cuscinetto e di accomodamento fra la popolazione e lo strapotere dei Tedeschi. Così – dal pavido al fanatico – si ebbe tutta una gamma di comportamenti graduati che potrebbero costituire un interessante argomento di studio. Non bisogna infine dimenticare che il fascino e la speranza delle «armi segrete» giocarono un ruolo notevole nel condizionare gli atteggiamenti dei Fascisti.


Per quanto riguarda la popolazione scledense mi sembra ragionevole pensare che, nella maggioranza, non fu capito appieno il significato dei «pieni poteri» tedeschi nei confronti delle Autorità italiane e dei difficili rapporti che si sarebbero instaurati ogni qualvolta vi fosse stato un contrasto di opinione tra Fascisti e Tedeschi. La «gente» si preoccupò soprattutto delle singole disposizioni, come il sequestro dei fucili da caccia ed il censimento delle radio e degli autoveicoli, poiché è naturale che l’uomo semplice vada al concreto e, in un’occupazione militare, veda il danno immediato che gliene deriva, senza tanto sottilizzare su questioni di rapporti politici, di poteri e di responsabilità dirette o indirette.

Un breve esame delle singole disposizioni del Comando germanico mi è sembrato utile per ricreare la situazione ed i problemi del tempo.



II. ARMI ED ESPLOSIVI


Le armi da fuoco figurano nell’Avviso al primo posto fra i giocattoli proibiti e la Kommandantur, per non indurre alcuno in tentazione, dispose categoricamente che: «TUTTE LE ARMI BIANCHE E DA FUOCO, COMPRESI I FUCILI DA CACCIA COME PURE TUTTE LE MUNIZIONI ED ESPLOSIVI, DEVONO ESSERE CONSEGNATI SUBITO AL COMANDO ».


Per i veicoli da trasporto, al punto 3), si chiariva che «dopo la verifica seguirà la riconsegna », mentre per le armi mancava tale precisazione e quindi si doveva dedurre che armi ed esplosivi sarebbero rimaste immagazzinate e non più restituite. Contro il disposto di Indenbirken sulle armi si mossero per primi gli industriali di Schio in quanto le guardie giurate e i loro  custodi si trovarono improvvisamente disarmati: fu subito richiesto un permesso di riarmo al Comando germanico, il quale si rese conto della poca efficienza di un custode disarmato e rilasciò l’autorizzazione; d’altra parte tali guardie proteggevano una produzione utile al Tedeschi.


Poi si fece avanti il Commissario prefettizio, di recente nomina, il quale ritenne che anche i suoi quattro Vigili urbani dovessero circolare armati, per motivi di ordine psicologico e per il prestigio delle sue milizie (3).


Ed i guardiafili? erano una ventina di persone addette alla vigilanza dei collegamenti elettrici e dei pali telegrafici. . . . ..


Anche i funzionari delle Imposte di Consumo – una decina di daziari – avevano qualche preoccupazione, a quei tempi, a girare disarmati, stante la situazione annonaria ed il malanimo dei cittadini e degli agricoltori verso la gabelle e i dazi di buona memoria.


Nel piovoso autunno del 1943 ed in considerazione dell’arrivo dei Tedeschi i cacciatori scledensi non ebbero certo voglia di andare a caccia ma la consegna del proprio fucile al Comando tedesco fu un dramma veramente sofferto. Infatti in primavera si diedero a trafficare, tramite l’Associazione Cacciatori, per riavere l’arma. Niente da fare! i Tedeschi non mollarono. Allora si pensò di acquistare un fucile nuovo ma anche il commercio dei fucili da caccia era proibito. Allora, con un’inventiva del tutto italiana, l’Associazione Cacciatori riuscì ad escogitare il «fucile a prestito», come sistema autorizzato, ed a convincere anche i Tedeschi. In caso contrario, se il Comando germanico non avesse aderito, non è da escludere che i cacciatori si sarebbero rivolti ai partigiani per avere qualche 91 o addirittura lo Sten.


Va tuttavia considerato che, nell’insieme della popolazione scledense, le misure di sicurezza disposte dal Comando germanico in tema di armi e di esplosivi vennero a coinvolgere un settore molto limitato di cittadini, cioè all’incirca 10 guardie giurate-custodi, 20 guardiafili, 9 daziari, 5 dipendenti comunali, 4 Vigili urbani e qualche raro privato. Essendo in pratica inesistente il collezionismo d’armi, ed a parte la pistola d’ordinanza di qualche ufficiale, il gruppo veramente colpito fu quello dei cacciatori, ma non è stato possibile rinvenire dati numerici sulla loro consistenza. Per motivi di lavoro subirono un intralcio i due armaioli della città e qualche industria che usava esplosivi nelle cave di pietra.




III. AUTOVEICOLI


Nella situazione attuale della motorizzazione il punto 3° del manifesto di Indenbirken («Tutti i veicoli da trasporto sono da consegnarsi subito alla Caserma del 57° Fanteria in Schio») sarebbe inattuabile per ragioni di spazio: come e dove concentrare le migliaia di autocarri, auto e moto di Schio e dei Comuni della Val Leogra?


Invece nel 1943 il cortile della Caserma Cella permetteva di riunire tranquillamente tutto il parco macchine valleogrino. L’automobile per uso privato era un « lusso », solo in rari casi una necessità professionale (medici); la moto invece, spesso trasformata in motocarrozzetta, costituiva un trasporto a motore più usuale, almeno per chi aveva l’animo di affrontare le intemperie e le strade in terra battuta di allora.


A parte poi il biroccio ed il traino animale in genere, il mezzo imperante era la bicicletta, sia per recarsi al lavoro che per viaggi sudati come Schio-Vicenza, Schio-Padova, Schio-Bassano con andata e ritorno nello stesso giorno: biciclette robuste, pesanti, spesso senza cambio di rapporti, a volte addirittura con ruota fissa e di regola con le pezze nei copertoni per evitare l’uscita a salsicciotto della camera d’aria dai buchi di logorio della gomma vulcanizzata e rattoppata. Tutto un archivio dell’industria scledense del tempo è dedicato ai problemi di assegnazione di copertoni agli operai.


Con l’entrata in guerra, per necessità di risparmiare i carburanti e la gomma, i trasporti a motore a scoppio furono drasticamente limitati (4) ed i permessi di circolazione venivano rilasciati solo ai servizi di pubblica utilità ed ai veicoli adibiti a trasporti agricoli, industriali e commerciali, quando non era proprio possibile il traino animale. (Ad esempio il cemento per le fortificazioni tedesche nel basso Vicentino veniva prelevato dal cementificio di Schio mediante precettazione di contadini che arrivavano in fabbrica con carri trainati da buoi).


In queste condizioni dei trasporti il mezzo « privato» da turismo, da diporto o comunque non rigorosamente indispensabile fu eliminato dalla circolazione ed i privati in possesso di auto o moto si trovarono costretti a sistemare il loro mezzo «sui cavalletti», in attesa di tempi migliori.


Tale era la situazione del 1943, già prima dell’occupazione tedesca, e pertanto l’ordine del Capitano Indenbirken, il quale accennava già nel manifesto all’immediata riconsegna del veicolo al suo proprietario, si presentava chiaramente come un «censimento» della motorizzazione esistente. Il fatto da rilevare è però, a mio parere, un altro e cioè che il Comando germanico di Schio volle avere subito un controllo degli autoveicoli, con proprio personale militare e con propri elenchi, senza attendere che tale censimento venisse effettuato da Autorità italiane tramite il Consiglio Provinciale della Economia. Infatti quest’ultima intervenne solo in un secondo tempo e con mansioni più che altro burocratiche (5).



Tuttavia, nel manifesto, anche Indenbirken era incorso in un errore perché aveva scritto « TUTTI I VEICOLI DA TRASPORTO»; qualcuno si domandò se dovesse recarsi in Caserma Cella con il proprio carrettino a mano o con il carro agricolo. Di qui la successiva precisazione ne «Il Gazzettino» che il censimento riguardava gli «autoveicoli» civili (autocarri, autovetture, motocicli ecc.).


Come per le armi i «cacciatori» nutrirono un notevole rancore contro i Tedeschi a causa della requisizione dei fucili da caccia, così i proprietari degli «amati» furono i più accesi oppositori agli ordini del Comando germanico; ricordo che mio padre disse testualmente: «Piutosto che darghe la moto ai Tedeschi la spaco in tanti tochi!»; con essa egli aveva vinto qualche medaglia nel Motoraduno dal Pasubio e, oltre all’uso per lavoro, considerava la sua B.S.A. inglese, tubi alti e valvole in testa, 500 di cilindrata, come una delle poche soddisfazioni della sua vita. Con lui molti altri motociclisti scledensi erano preoccupati del fatto che i Tedeschi, in un’eventuale ritirata dall’Italia, avrebbero requisito («rubato») anche le moto.


Ma dopo il primo spavento, causato soprattutto dall’indole militaresca del Capitano Indenbirken il quale non si curava di spiegare i motivi delle sue drastiche disposizioni, intervennero la Prefettura ed il Consiglio Provinciale dell’Economia che diedero al problema un tono burocratico all’italiana e riuscirono a calmare gli animi, convincendo tutti che in fondo si trattava solo di espletare le solite pratiche e riempire l’immancabile carta bollata.




IV. CARBURANTI


«LE AZIENDE COMMERCIALI, INDUSTRIALI ED I PRIVATI DEVONO DENUNCIARE SUBITO, PER ISCRITTO, TUTTI I CARBURANTI (BENZINA, NAFTA), LUBRIFICANTI (OLII E GRASSI) E PETROLI POSSEDUTI ».


A differenza della trazione a vapore, il motore a scoppio necessita di un carburante, cioè di una sostanza gassificata che scoppia e determina la propulsione. Di qui l’impiego della benzina, un olio minerale leggero proveniente – con le nafte e le paraffine oleose e solide – dalla distillazione frazionata del petrolio «greggio».


La previsione di un esaurimento dei giacimenti petroliferi, la necessità per alcuni Stati di importare quasi tutto il greggio richiesto dai bisogni nazionali ed infine l’indirizzo autarchico del Fascismo avevano portato anche in Italia allo sviluppo di ricerche per un carburante alternativo (Commissione tecnica governativa olii minerali). Un primo tentativo fu il processo del «cracking», il quale consentiva di ottenere benzina dal sottoprodotti petroliferi.


Venne poi applicato anche il processo «Bergius» che dalle ligniti e dalle torbe forniva la benzina cosiddetta «sintetica». Infine verso gli anni trenta la Pignone-Hag e la Scaglia avevano cominciato a produrre i gasogeni, cioè delle apparecchiature da applicarsi agli autocarri e nei quali bruciando parzialmente antracite o carbone di legna o anche legna in presenza di vapore acqueo, si otteneva una miscela di idrogeno e di ossido di carbonio, che alimentavano il motore a scoppio una volta che questo fosse stato avviato con po’ di benzina.


Più modesto era l’uso di gas naturali compressi, come il gas illuminante ed il metano, mentre in periodo bellico ebbe una certa diffusione l’impiego di una miscela di benzina e di alcool metilico ed etilico denaturato. Durante l’ultima guerra gli Anglo-americani disponevano di riserve petrolifere più che sufficienti, invece Germania e Italia si ridussero letteralmente «alla fame » di benzina e di nafta. Vi fu il tesseramento per gli usi civili pubblici e privati, ma la circolazione degli autoveicoli non dipendeva tanto dai tagliandi ottenuti ma dalle saltuarie ed imprevedibili assegnazioni di carburante.


Il problema diventò particolarmente grave per le industrie, che in aggiunta avevano subito pesanti limitazioni anche nel consumi di energia elettrica (6). La denuncia dei carburanti e dei lubrificanti, richiesta dal Comando germanico di Schio non veniva certo a cadere in una situazione florida e quindi ben poco venne ad incidere sulle restrizioni già in atto da molti anni in Italia.




V. APPARECCHI RADIO


Una disposizione che suscitò malumore fu quella della consegna degli apparecchi radio, specialmente perché nell’avviso mancava l’accenno ad una eventuale riconsegna della radio al proprietario; prevedendo che qualcuno avrebbe scassato l’apparecchio per la rabbia di doverlo consegnare ai Tedeschi nell’avviso fu precisato. che doveva, trovarsi «in perfetto stato».

Essendo ormai notorio che i possessori di una radio ascoltavano le emittenti straniere e seguivano l’andamento della guerra sulla scorta delle notizie fornite in particolare da Radio Londra i Tedeschi volevano impedire il propagarsi di notizie della propaganda nemica, specialmente nelle prime settimane dell’occupazione militare dell’Italia. Un’idea tutto sommato peregrina, in quanto bastava una sola radioricevente clandestina in Schio per captare una notizia, trasferirla nelle fabbriche e da queste in tutte le famiglie.


Malgrado tale considerazione abbastanza ovvia, vi fu sempre la caccia agli ascoltatori di Radio Londra, si ebbero processi in Pretura e qualche arresto; addirittura vennero compilati in Municipio gli elenchi dei 1200 circa proprietari di apparecchi radio, spuntando con cura le persone notoriamente antifasciste (7). È poiché si voleva a tutti i costi che i cittadini seguissero i bollettini di guerra e le notizie della propaganda governativa, arrivò ad un certo punto una disposizione della Prefettura che imponeva l’apertura della radio negli esercizi pubblici e nei ristoranti per cinque volte al giorno durante la trasmissione del Giornale Radio. Gli avventori dovevano per forza sorbirsi il notiziario in silenzio e senza commenti (8).



VI. IL COPRIFUOCO


A prima vista può sembrare strano che il Comando germanico abbia voluto stabilire l’orario dei negozi in Schio, di solito determinato dal Prefetto per tutta la Provincia o dal Sindaco d’intesa con le categorie commerciali. In realtà l’orario dei negozi ha un duplice aspetto: il periodo nel quale devono restare chiusi ma anche il periodo nel quale «devono» restare aperti. A quest’ultimo obbligo si riferiva in particolare il Comando germanico, poiché la chiusura di alcuni negozi (generi alimentari, esercizi pubblici, farmacie ecc.) a discrezione o per la paura citi proprietario di incidenti e spari, avrebbe creato una protesta popolare e quindi una compromissione dell’ordine pubblico.


Fu mantenuto l’orario normale di 8 ore di apertura, al mattino dalle 8 alle 12 e nel pomeriggio dalle 15 alle 19; invece i caffè, i bar, gli alberghi, i ristoranti dovevano tenere aperto fino alle dieci e mezzo della sera, ma non oltre, perché mezz’ora dopo – alle 11 – cominciava il coprifuoco e nessuno poteva circolare per le strade fino al mattino senza un permesso rilasciato dal Comando germanico (9) oppure dall’azienda dove l’operaio eventualmente lavorasse nei turni di notte. Una storia curiosa ed interessante si potrebbe dedicare al coprifuoco a causa della varietà di situazioni che si presentarono: comportamento della ronda, spaventi dei cittadini, infrazioni e ritardatari, circolazione notturna dei partigiani «fissi» in montagna oppure a mezzo servizio cioè coloro che di giorno lavoravano in fabbrica e di notte partecipavano ad azioni belliche o ad attività di sussistenza.



VII. DISPOSIZIONI VARIE


Nell’Avviso si notano molte altre disposizioni che richiedono studi particolareggiati: registro delle presenze in alberghi e pensioni, blocco dei prezzi, circolazione della carta moneta, ingiunzione di riprendere il lavoro. In un secondo tempo seguirono diffide alle tipografie, proibizione di scattare fotografie all’aperto ed altre restrizioni (10).


Ma per uno studio dei rapporti fra i Comandi germanici e le Autorità italiane appaiono interessanti due atteggiamenti: a) l’orientamento di alcuni privati a scavalcare gli uffici italiani per rivolgersi direttamente all’Hauptmann und Kommandant, essendo notorio che egli solo in concreto deteneva il potere (11); b) il carattere perentorio usato dai Tedeschi nelle loro richieste al Podestà o ai Commissari prefettizi, i quali poi dovevano arrangiarsi e soprattutto esporsi personalmente al rancore dei cittadini (12).



NOTE
(1) Per lo svolgimento della presente Inchiesta si è resa necessaria la consultazione di alcuni documenti dell’Archivio Comunale di Schio. Ringrazio quindi il Sindaco dr. Giovanni Bertollo, la dr.ssa Lanfranchi direttrice della Sovraintendenza Archivistica di Venezia, l’archivista Vittorio Giaretta. Per la consultazione è stata ottenuta l’autorizzazione della Direzione Generale AA.GG. Personale Ispettorato Centrale Servizi Archivistici del Ministero dell’Interno - Prot. n° 790 dell’1.8.1978 p. il Prefetto Capo dell’Ispettorato Centrale (Giusso). A tutti il più vivo ringraziamento per la sollecita e cortese collaborazione.


(2) RICHIESTA DI CONGEDO PER MALATTIA.
Schio. 23 settembre 1943 - Al Comando Germanico della Città di Schio - Informo questo Comando che da domani dovrò lasciare l’Ufficio di Podestà per assoggettarmi ad un intervento chirurgico presso l’Ospedale di Schio. Della cosa ho informato la R. Prefettura ed ho designato a sostituirmi il Consultore Anziano - Il Podestà.
Dalla Prefettura di Vicenza - Gab. n° 99/802 - 25 settembre 1943 - Al Podestà di Schio - Preso atto di quanto comunicato con la nota sopraindicata Vi accordo un mese di congedo per motivi di salute - Il Prefetto.


(3) PORTO D’ARMI PER I VIGILI URBANI. Municipio di Schio -17 novembre 1943 - Oggetto: Permessi porto d’arme per le Guardie Urbane - Al Comando delle truppe Germaniche - Schio - Si prega codesto Comando di voler rilasciare il permesso di porto d’arma ai sotto notati (quattro) Vigili Urbani alle dipendenze di questo Comune - Il Commissario Prefettizio.


(3) COMANDO GERMANICO . Richiesta di un parere del Podestà per una domanda di porto d’armi.
STANDORTAELTESTER SCHIO - UnterRueckgabe - den, 16.10.44 DerGemeinde SCHIO - ZubeiliegendenAntragwirdumStellungsnahmederGemeindegebeten. DER STANDORTAELTESTE - Lv. Hauptmann (firma illeggibile).
Al Municipio di Schio con preghiera di ritorno: Si prega voler esprimere il vostro parere relativamente alla allegata domanda. Timbro: Standortkommandantur.


(3) FUCILE A PRESTITO . . . Associazione Provinciale Cacciatori -23 luglio 1944 -Lettera alla Sezione di Schio con le seguenti precisazioni: «1) Coloro che hanno versato il proprio fucile al Comando Germanico in seguito al bando e non lo ebbero di ritorno 2) Quelli sprovvisti di fucile ai quali non è consentito l’acquisto perché ne è vietato il commercio» dovranno fare una “Domanda fucile a prestito”.


(4) TRASPORTI FUNEBRI . Prefettura di Vicenza -5 febbraio 1943 - Oggetto: Limitazione dell’uso degli autoveicoli per i trasporti funebri. (Usare il traino animale). Il Prefetto.


(4) PERMESSO DI VIAGGIO SU AUTOLINEA O FILOVIA. La drastica limitazione dei viaggi con trasporti pubblici è confermata anche da questo permesso (da Archivio Giovanni Meneghini). PERMESSO PER UN VIAGGIO DI CORSA SEMPLICE O DI ANDATA E RITORNO SU AUTOLINEA O FILOVIA (Tip. Zola & Fuga -Vicenza). Il Signor Meneghini Giovanni fu Eugenio di anni 80 di professione farmacista è autorizzato a compiere un viaggio di andata e ritorno sulla linea Schio-Torrebelvicino per il percorso da Schio a Torrebelvicino. Vale per l’andata fino a tutto il giorno 12 agosto 1943 e per il ritorno fino a tutto il giorno 12-8-1943. Schio, lì 12-8-43 - IL PODESTÀ - p. P. Bolognesi.
I titolare è tenuto ad esibire, su richiesta, i documenti di identità. Il presente permesso va ritirato all’inizio del Viaggio di ritorno.


(5) CIRCOLAZIONE AUTOVEICOLI. Prefettura di Vicenza, 29 settembre 1943 - Oggetto: Circolazione autoveicoli - In base alle disposizioni emanate dal Comando Germanico tutti i proprietari di autoveicoli civili (autocarri, autovetture, motocicli etc.) che si trovano in possesso di permessi rilasciati dalle autorità militari tedesche, devono non oltre il 6 ottobre, curarne il deposito presso il Consiglio Prov.le dell’Economia, che provvederà al rilascio di apposita carta di autorizzazione da assicurare nella parte interna del parabrezza. (La carta sarà rilasciata) sempre che la necessità di continuare i servizi dell’autoveicolo sia comprovata dall’applicazione di servizi di pubblica utilità e da fondamentali esigenze della vita produttiva. La circolazione di carburante liquido o autarchico che le presenti e le future disponibilità potranno consentire (seguono le norme per i libretti di esercizio, la circolazione notturna e nei giorni festivi, il limite di validità territoriale, il trasporto di persone estranee) - Il Prefetto.


(6) RIDUZIONE CONSUMO ENERGIA ELETTRICA. Ai Lanifici di Schio - Da Sua Ecc. il Prefetto ricevo oggi l’ordine di avvertire tutte le Industrie locali che il consumo dell’energia elettrica per uso industriale dev’essere ridotto del 50%. Il provvedimento entra in vigore subito. Schio, 9 settembre 1943 - Il Podestà.


(7) APPARECCHI RADIO IN POSSESSO DI PERSONE NOTORIAMENTE ANTIFASCISTE. Prefettura di Vicenza - 9 novembre 1943 - Oggetto: Apparecchi radio-riceventi in possesso di persone notoriamente antifasciste - Risulta che molte persone abitudinariamente ascoltano le emissioni di «Radio Londra» e di altre stazioni radioemittenti nemiche e propagano le notizie della propaganda nemica. È necessario nell’attuale momento reprimere ed infrenare tale attività subdola e deleteria eppertanto dispongo che sia subito proceduto al ritiro degli apparecchi radiofonici riceventi in possesso di persone notoriamente indicate come ascoltatrici delle emissioni di «Radio Londra» o di altre radioemissioni nemiche. (...) A cura dei Podestà, Carabinieri, d’intesa con i Segretari Politici od anche su denuncia degli stessi Segretari Politici. (Conservare gli apparecchi a radio in Municipio e rilasciare ricevuta: (Inviare comunicazione in Prefettura del numero degli apparecchi ritirati e le generalità del possessori). Il Prefetto.


(8) RISTORANTI-BAR-CAFFÈ. Prefettura di Vicenza - 5 novembre 1943 - A tutti gli esercenti di ristoranti, bar, caffè . È fatto obbligo di mettere in azione gli apparecchi radioriceventi sull’onda della stazione di Roma alle ore 8 -13 -14 -17 - 20,30 per ascoltare il Giornale Radio. -  Il Prefetto.


(9) RICHIESTA DI PERMESSO DI CIRCOLAZIONE DURANTE LE ORE DI COPRIFUOCO. Schio, 22 settembre 1943 - Al Comando Germanico della Città - Prego voler rilasciare il permesso di Circolazione durante le ore del coprifuoco al segretario capo di questo Comune, il quale ha sovente bisogno di uscire di casa per ragioni di servizio - Il Podestà.


(9) IL COPRIFUOCO E L’UCCISIONE DI ELDA TOMASI ELDA TOMASI. Figlia terzogenita di Giulio (classe 1897 deceduto il 29.12.1970) e di Ruaro Elvira (CI. 1898). Nata a Schio (Magrè) il 15.9.1930. Uccisa in casa dai tedeschi il 14 giugno 1944 con una raffica di mitra sparata attraverso la finestra. Il racconto del tragico fatto è del cugino ElderPizzolato: «Un caldo crepuscolo concludeva quel mercoledì del 14 giugno 1944. Vigeva l’ora legale e il coprifuoco alle 20 costringeva grandi e piccoli a rintanarsi nelle case quando il sole era ancora alto nel cielo. Pattuglie armate di soldati tedeschi, comandati da agenti della SS, battevano le strade della città e della periferia annunciandosi con nutrite scariche di fucileria. Anche quella sera, nel cortile interno del caseggiato al n. 9 dell’allora via Cesare Battisti (ora Contrà Barona) di Magrè, stavo giocando con la cugina Elda Tommasi, non ancora quattordicenne e tre anni più anziana di me, quando, incuriositi dall’avvicinarsi degli spari, decidiamo di salire in solaio (come avevamo fatto altre sere) per vedere, attraverso piccole fessure delle imposte, la pattuglia che passa. Nella stanza di sotto al primo piano, nella cucina dei nonni, ci sono i genitori e gli zii abitanti sullo stesso stabile se pure in appartamenti diversi: la nonna è a letto gravemente ammalata. La ronda arriva alla Pozza (allora Piazza Cesare Battisti), i soldati si dispongono in semicerchio, scrutano con fare minaccioso le porte e le finestre che si affacciano sulla strada e si accorgono che «i balconi» della cucina non sono chiusi ermeticamente (gli zii erano soliti lasciare sulle finestre, dietro le imposte quasi chiuse, dei grossi vasi di fiori di cui la nonna era appassionata cultrice). Alcune urla gutturali partono in direzione della abitazione: noi due, impauriti. scendiamo precipitosamente le scale e ci affacciamo alla porta della cucina giusto in tempo per sentire lo zio Domenico Tomasi (fortunosamente sfuggito alla deportazione l’8 settembre) che grida concitato: «Via che sparano!» Istintivamente giriamo sui tacchi per rifugiarci nelle nostre abitazioni sul retro dell’edificio. In quell’istante si ode una raffica di mitra, un grido, un rantolo: Elda cade a terra di schianto. Il drappello dei militari non si cura della destinazione del suo piombo e riprende la perlustrazione: gli spari si susseguono verso Via San Benedetto e la Piazza di Magrè. In casa c’è un momento di panico; Elda non dà segni di vita, non si scorge  nessuna ferita, non ci sono tracce di sangue. Il papà Giulio (invalido della Grande Guerra) e gli zii si danno da fare, qualcuno tenta di praticare alla ragazza la respirazione bocca: tutto è inutile, Elda non rinviene, si pensa ad un collasso. Incuranti del pericolo le  zie Maria Tomasi (sposata ad Elio Pizzolato) ed Elena Zanella (sposata a Lodovico Tommasi) escono allo scoperto per correre a chiamare un sacerdote ed un medico. Dopo poco giunge Don Umberto Broianigo, allora cappellano a Magrè, scortato dalla pattuglia incriminata incontrata lungo il tragitto: salgono in casa anche i nazisti, borbottano, fingono di non capire, se ne vanno. Si è sempre dell’opinione che Elda sia stata colta da collasso.
Arriva anche il dottor Antonio Sola e purtroppo solo per constatarne il decesso. Da un attento esame, quasi per caso, ci si accorge di una macchiolina di sangue, confusa tra i «pois» del tessuto del leggero vestitino estivo, proprio nel mezzo della schiena. Un proiettile di mitra, con una piccolissima ferita, ha raggiunto il cuore provocando la morte istantanea. Più tardi si cerca di ricostruire la dinamica del fatto: non si riesce a capire da dove sia entrato il proiettile essendo le vetrate, delle finestre chiuse, ancora intatte. Per una fatale combinazione la pallottola ha forato il telaio in legno della finestra e dopo un assurdo gioco di rimbalzi, di cui si possono ancor oggi constatarne i segni, ha concluso nel modo più crudele la sua tragica traiettoria».


(9) Permesso di protrazione del coprifuoco per uno spettacolo al Teatro Civico. (da Archivio Giovanni Meneghini).
STANDORTAELTESTER - SCHIO - SPERRZEITVERLAENGERUNG. DerInhaberdiesesScheinesistberechtigt, in VerbindungmitderTheaterkarte, nachSclussderVorstellungendesTheatro Civico, aufdemkuerzestenWegeseineWohnungaufzusuchen. DER STANDORTAELTESTE.
COMANDO DI PRESIDIO - SCHIO - PROTRAZIONE DEL COPRIFUOCO. Il possessore della presente carta e del biglietto d’ingresso del Teatro Civico è autorizzato a raggiungere la propria abitazione dopo la fine dello spettacolo percorrendola strada più breve. IL COMANDANTE DEL PRESIDIO.


(10) DIFFIDA ALLE TIPOGRAFIE. Comune di Schio - 11 ottobre 1943 - A tutte le Tipografie di Schio - Per ordine del Comando Germanico di Città codesta Ditta è diffidata alla stampa di avvisi, manifesti, pubblicazioni etc. da esporre al pubblico, senza la preventiva autorizzazione del Comando predetto, ottenuta a mezzo del locale Ufficio di P.S. - Vi tengo pertanto responsabile del mancato adempimento del presente ordine e vi avverto che contravvenendo sarete passibile di gravi provvedimenti penali. - Il Podestà.


(10) FOTOGRAFIE ALL’APERTO. P.S. - 10 aprile 1944 - «Esecuzione fotografie all’aperto» - Il divieto di fotografare al-l’aperto è stato imposto dall’Autorità germanica; alla stessa pertanto dovrà essere chiesto il permesso cui si riferisce la Vs. lettera del 6 corrente - Il Commissario Prefettizio.


(11) ISTANZE AI COMANDI GERMANICI. Prefettura di Vicenza - 29 settembre 1943 - Ai Podestà e Commissari Prefettizi dei Co¬muni - Oggetto: Istanze - Viene rilevato che numerose persone si rivolgono direttamente ai Comandi Militari Germanici per il disbrigo di pratiche di competenza delle Autorità Italiane o che, comunque, debbono essere prospettate all’Autorità Militare Germanica da uffici pubblici italiani. Su richiesta del Comando Militare Germanico, prego, pertanto, i Podestà di invitare le popolazioni a prospettare le loro necessità ai competenti uffici italiani, ai quali, nei casi in cui era necessario un provvedimento dell’Autorità Militare Germanica, faranno a questa le occorrenti segnalazioni. Il Prefetto.


(12) REQUISIZIONE DI ALBERGHI E DI ABITAZIONI E CAMERE DI PRIVATI. Standortkommandantur Schio - Schio, den 21 Oktober 1943 - An die Gemeindeverwaltung Schio - LautBefehlderKommandantur Schio für Quartiere italienischerMinisterien, die Hotels «Due Mori» and «Vittoria» und 200 Privatwohnungen und Zimmer bereitzustellen - Hauptmann&KommandantIndenbirken. (firma autografa) Al Municipio di Schio - D’ordine del Comando del Presidio Germanico di Schio dovrete mette le disposizione di Ministeri italiani gli Alberghi «Due Mori» e «Vittoria» e 200 abitazioni private e camere  --II Capitano e Comandante Indenbirken.