QUADERNI DELLA RESISTENZA 
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Marzo 1978 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
 
 
Volume III 



IL « SINCRETISMO »


di Emilio Trivellato
 
 

 

 

AUTUNNO 1943

« Il compito della storia appare allora in tutta la sua difficoltà: dobbiamo risvegliare il passato, rimetterlo al presente, ricostruire l’ATMOSFERA DELL’EPOCA quale è stata vissuta dai contemporanei, senza imporle categorie nostre, e, fatto ciò, determinare poi se i contemporanei siano stati mistificati e CHI, di loro o di noi, ha visto meglio la VERITÀ DEL TEMPO ».
M. MERLEAU-PONTY Sens et non-sens, 1948


L’argomento armistiziale – 8 settembre 1943 – è già stato oggetto di ampia ricerca storica e di numerosi memoriali, redatti ormai a centinaia di volumi, da parte soprattutto di comandanti e diplomatici che furono spettatori o partecipi della strategia dell’insieme, se di strategia si può parlare. Indipendentemente dalle cause e dalle responsabilità, la constatazione più importante e indiscutibile è il fatto che l’esercito si trovò « senza ordini superiori ».


Ora, se vi è un organismo che si fonda sull’ordine, questo è proprio l’esercito. In termini sociali venne a crearsi quindi nei giorni dell’8 settembre una situazione di ANOMIA cioè, letteralmente, di assenza di leggi, di regole di comportamento, di ordini e poiché i vari individui che formano una società funzionano per interscambi secondo un equilibrio dinamico di azioni e di reazioni, una volta caduto tale equilibrio, per improvvisa scomparsa della punta della piramide gerarchica governativa e militare, venne a determinarsi appunto lo « stato di anomia ».


Il fenomeno trova storicamente riscontro ed analogia in moltissime situazioni del passato, sia pure con le differenze da considerare caso per caso, ma un primo aspetto peculiare dell’8 settembre 1943 è il fatto che la situazione di anomia si instaurò in maniera così IMPROVVISA che il « collettivo » non ebbe il tempo di esprimere una qualsiasi opinione e pertanto coloro che si trovavano in quel momento costretti ad agire lo fecero in maniera del tutto « individuale» o al massimo a piccoli gruppi: d’altronde la strategia tedesca della « Blitz-Krieg » non aveva risparmiato in precedenza nemmeno le nazioni ben più forti dell’Italia, questo per inciso.


Un secondo aspetto dell’8 settembre fu il suo carattere GENERALE, cioè a tutti i livelli, sia civili che militari. La durata del fenomeno fu molto breve, nell’ordine di pochi giorni, poiché la nuova situazione venne a delinearsi abbastanza presto: instaurarsi violento dell’autorità germanica di occupazione, deportazione in Germania di una parte dei militari italiani, ritorno a casa degli sbandati, reazione di difesa da parte di piccoli gruppi.


Quest’ultimo fenomeno, che costituisce la genesi della Resistenza armata, è scarsamente documentato – per difficoltà obiettive e per altri motivi – rispetto agli eventi del 1944. Le difficoltà di ricerca sono ovvie: assenza di documenti anche presso le formazioni partigiane « grafofile », testimonianze vaghe per la mancanza di fatti clamorosi e quindi emotivamente incisivi sulla memoria, « presenze » occasionali che in seguito sparirono dalla scena o si spostarono in altri luoghi, indefinita situazione politica che, in termini chimico-fisici, è paragonabile ad una sospensione torbida in attesa di sedimentazione. Ed è evidente che nel torbido riesce difficile il veder chiaro. Ma vi sono anche altri motivi, in parte comprensibili.



I memorialisti della Resistenza, qualora protagonisti, tendono a figurare o far figurare il proprio gruppo come il « primo tra i primi », senza ampliare l’ottica ad uno studio comparativo regionale o perlomeno provinciale e di qui la sopravalutazione dei ruoli ed il trasferimento anacronistico all’autunno 1943-inverno 1944 di attività concrete che in effetti ebbero un valore reale solamente in tempi successivi. Altre volte la tendenza a « tirar via velocemente » sulla genesi della Resistenza, eludendo le ricerche « sul campo », manifesta un sottofondo politico.


Se infatti in una determinata zona venne a cristallizzarsi nella primavera estate 1944 (quando si ingrossarono le formazioni) una certa colorazione o non colorazione tutta la fase precedente (autunno 1943 e inverno/primavera) viene inglobata frettolosamente e con una certa alchimia nella colorazione che uscì « vittoriosa » nell’aprile del 1945. Viceversa, dalle Inchieste condotte in questi Quaderni, sembra che il fenomeno più interessante della iniziale Resistenza armata sia stato il SINCRETISMO, cioè l’unione spontanea contro il nemico comune di persone e gruppi di disparata e spesso contrastante ideologia (comunisti, badogliani e monarchici, cattolici militanti, ex prigionieri alleati, giovani indifferenziati, fascisti del ventennio).


In molte storie della Resistenza il fenomeno è stato definito come uno « spontaneismo », però a mio avviso tale dizione vuol sottolineare la spinta emotiva che portò alcuni uomini alla macchia in contrapposizione ad altri, leggi comunisti, che erano invece politicamente coscienti: ciò indubbiamente è vero, ma non è tutto, in quanto lo spontaneismo si trasformò in seguito in una migliore coscienza genera quindi il fenomeno, di per sé transitorio, venne a concludersi.


Il concetto di Sincretismo, applicato all’iniziale Resistenza armata, è invece più pregnante e pone un maggior numero di interrogativi, dei quali tre – a mio parere – sarebbero da chiarire: 1) la convivenza di uomini dalle idee così disparate consentì una collaborazione di sopravvivenza e di lotta contro il nemico comune oppure si manifestò ad un certo momento un attrito interno? 2) vi fu in seguito in un determinato gruppo il prevalere di alcune « componenti » e quali, rispetto ad altre? 3) come avvenne un eventuale processo di « depurazione » o di « migrazione » delle componenti minoritarie?


Ad una tale ipotesi di lavoro, la ricerca e le risposte non sono facili poiché il problema può essere affrontato solamente partendo da un’analisi preliminare della composizione delle prime « pattuglie », una per una e zona per zona, in tutti i loro possibili aspetti individuali e collettivi, dalla psicologia alla sociologia del gruppo.


A tale studio dovrebbe seguire la ricerca storica vera e propria – in senso diacronico – allo scopo di stabilire la dinamica di passaggio dal sincretismo iniziale alle situazioni successive, tenendo conto dei fattori interni al gruppo ma anche di quelli esterni e sopraggiunti. Alcuni dati finora raccolti in Val Leogra fanno pensare alla possibilità di proseguire la ricerca nel senso sopra esposto che è – a mio parere – molto importante per l’interpretazione di avvenimenti e di comportamenti intervenuti in tempi successivi e tuttora inspiegati.