QUADERNI DELLA RESISTENZA
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Marzo 1978 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
Volume III
[da pag. 111 a pag. 120]
LA « REPUBBLICA » DI POLEO
Inchiesta di E. Trivellato
Poleo (Poledum) è attualmente la quinta circoscrizione o quartiere del Comune di Schio, comprensiva delle Aste e di S. Martino, verso le Piane, e dei Corobolli verso S. Caterina. Il quartiere di Poleo – negli ultimi 40 anni – ha avuto 1100-1250 abitanti ed è arroccato in collina (mt. 291). Vi si arriva da Schio (circa 3 Km.) lungo il Gogna per una strada che poi sale ripida e tortuosa fino a S. Caterina, ma per altra via vi si giunge anche da Ressecco.
Una fitta ragnatela di stradine e sentieri collega il centro di Poleo alle sue contrade e case sparse. Se in antico le famiglie ritraevano un certo reddito dall’agricoltura collinare, con l’aumentare dei componenti alcuni figli preferirono cercare lavoro a Schio nelle fabbriche, pur restando in famiglia a causa della scarsità e del costo elevato degli alloggi in Schio. Com’è noto negli ultimi decenni del 1800 si diffusero, nell’ambiente operaio, le nuove idee socialiste, iniziarono le prime lotte sindacali ed i primi scioperi.
Gli operai di Poleo non furono estranei a queste battaglie e nel rientro in paese si riunivano a discuterne attorno ad un fiasco di vino: di qui l’idea di creare un « Circolo operaio » analogo a quello di Schio e di Magrè, come infatti avvenne agli inizi del secolo. Contemporanea o di poco precedente è la fondazione di un « Circolo cattolico » sulla spinta di direttive diocesane esposte nel settimanale « Il Vessillo bianco » ed intese a fronteggiare l’affermazione del socialismo.
Chi – ancor oggi – sale a Poleo avverte l’eco delle battaglie di 80 anni fa e nota, sotto sotto, l’esistenza di un « Poleo alto » con le sue opere parrocchiali e di un « Poleo basso» con i fazzoletti rossi. Le due fazioni medioevali si trovarono d’accordo durante la guerra partigiana, sono d’accordo nelle questioni utili alla comunità e fanno sempre lega per brontolare contro « quelli di Schio ».
I. IL « CIRCOLO OPERAIO » DI POLEO.
I soci dei Circoli operai sono più portati a fare storia che a scriverla, per cui le notizie su quello di Poleo non derivano da documenti ma da testimonianze raccolte in più riunioni, presenti: Beccaro Guido, Bogotto Federico, Broccardo Giovanni, Calesella Renato, Dal Soglio Osvaldo, Marcante Ettore, Petucco Bortolo (Cl. 1892).
La sua prima sede provvisoria fu un’osteria in corte Marzarotti, intorno al 1900, dove le riunioni erano di solito precedute da una partita a bocce e seguite da allegri brindisi. Nel 1907-8 si ebbe il trasferimento dai Cerisara e qui nacque l’intenzione di acquistare un terreno per costruirvi una sede vera e propria. Si narra che la contrattazione per l’acquisto sia durata tutta una notte, perché di mezzo « c’era il prete che voleva comprarlo lui, quel terreno ». Si trattava del luogo dove ora c’è l’ENAL e che un tempo era tutto chiuso da una lunga mura.
A firma apposta all’atto notarile, nel 1909, partì un corteo armato di picconi e badili con la banda musicale in testa per la cerimonia della demolizione del muro. Occorre precisare che l’80% della banda cittadina di Schio – qualcuno dice l’81 % – era formato da elementi di Poleo, con un proprio maestro, Fu più facile demolire il muro che costruire il fabbricato del Circolo, anche perché l’acquisto del terreno aveva assorbito i soldi dei soci, i precedenti guadagni ed un’autotassazione mensile; restavano quindi solamente le braccia per lavorare.
Così, ogni mattino della festa, si vedevano carrettini a mano che portavano le pietre cavate al Grumetto con le mine, gran traffico di soci manovali e muratori e lunghe discussioni di architettura ed ornato. Finalmente il 20 agosto 1911 si arrivò all’inaugurazione. Tra i vari Presidenti sono ricordati Lorenzo Marcante, Petucco, Vincenzo Mantovan, Piero Zanella ed il padre di Giovanni Bressan. L’attività del Circolo fu interrotta dalla Prima Guerra Mondiale ma riprese negli anni successivi con molte speranze ma con altrettante beghe e dissidi, finché si arrivò addirittura alla liquidazione a causa dello scontro tra i soci fondatori (2/3) ed i giovani (1/3).
Nella storia di quegli anni resta memorabile lo sciopero dei Tessili del 1921 che – a giudizio dei soci – non ebbe esito per mancanza di solidarietà degli altri lavoratori in campo nazionale su decisione dei dirigenti confederati, tra i quali i socialdemocratici avevano la maggioranza. L’esito disastroso e le vessazioni portarono molti giovani di Poleo ad emigrare in Australia, in Belgio, in Francia ed in Piemonte: dopo lo sciopero erano stati licenziati e non più riassunti. Di quegli anni vi è poi il ricordo della morte misteriosa di Antonio Dalla Costa, che fu trovato a terra in fin di vita, mentre transitava lungo la Riva di Magrè, e che, trasportato in Ospedale, morì pochi giorni dopo per trauma cranico.
Interpellato in proposito il Prof. Mariani da Domenico Baron e da Riccardo Walter, il Primario dichiarò l’impossibilità di stabilire se il trauma fosse dovuto a corpo contundente oppure a caduta. Il fatto destò in Poleo molti sospetti e tuttora si ritiene che i fascisti abbiano aspettato il Dalla Costa e lo abbiano pestato a morte; sembra che non fosse solo, ma che i tre che erano con lui siano stati minacciati di non parlare.
Comunque, del fatto i bene informati sanno tutto o quasi, e la vicenda non dà che una pallida idea del clima arroventato di allora e dei vecchi rancori sotterranei contro certi fascisti di Schio. Nel 1925 o 1926 il Fascio fece chiudere il Circolo per riaprirlo poco dopo come Dopolavoro, la cui gestione fu affidata a Bruno Testolin. Ma nel 1927 avvenne il fattaccio memorabile: alcuni di Poleo, non identificati, entrarono nelle Scuole e spaccarono i quadri di Mussolini e del Re. Purtroppo furono indiziati i coscritti della classe 1907, in quel momento in festa, i quali subirono varie conseguenze, dalle bastonature, all’arresto, all’emigrazione.
Ed i coscritti del 1907, del tutto innocenti, stanno ancora cercando i veri colpevoli impuniti, anche se si ha l’impressione che tutto il paese li conosca. Il commissario Testolin ottenne più tardi dal Segretario del Fascio di Schio che il Dopolavoro venisse gestito in maniera autonoma e così si costituì un Consiglio direttivo di giovani con la Presidenza di Giovanni Bressan. Le cose andarono bene finché il Presidente e due consiglieri non si misero a raccogliere soldi a favore delle famiglie di due operai arrestati perché sospettati di scritte oltraggiose al Lanificio Rossi di Pieve contro un noto fascista di Torrebelvicino.
Il Bressan ci rimise la carica di Presidente, in quanto il Fascio di Schio nominò una specie di commissario nella persona di un certo Carozzi; quest’ultimo non era interessato logicamente alle sorti del Dopolavoro (ex Circolo operaio) come gli elementi locali sicché, sembra per un’improvvida gestione, il Carozzi arrivò alla vendita del Circolo, sia l’edificio che il terreno. A questo punto il racconto dei soci si fa concitato in quanto dicono che non si poteva vendere, che si approfittò del fatto che molti erano in servizio militare, che vennero fatte costrizioni su alcuni intestatari e così via. Tutti quelli implicati nella confusa vicenda furono probabilmente scritti sul « libro nero », perché a trenta e più anni di distanza sussiste ancora un acceso rancore. E con siffatto clima si arrivò all’8 settembre 1943 ed ebbe inizio a Poleo la Resistenza civile ed armata.
II. UNA CLASSE MODELLO.
La consultazione di vecchi Registri scolastici delle Scuole elementari di Schio, urbane e rurali, ci ha portato a notare che nella frazione di Poleo, durante l’anno scolastico 1917-1918 in piena guerra mondiale, funzionava una seconda classe elementare guidata dalla maestra Greselin e tra i cui allievi troviamo alcuni bambini « difficili »: Pierin Bressan, Antonio Conforto, Ampelio Banato.
Il primo fu condannato dal Tribunale Speciale nel Processone di Schio del 1938, fu tra i componenti del «Gruppo del Festaro », poi vice-commissario politico della « Val Leogra »; il secondo, Antonio Conforto, fu anch’egli processato dal Tribunale Speciale, si trasferì in seguito a Pievebelvicino ed operò in tale ambiente; Ampelio Banato, detto « l’Ampelio » di Poleo, si dedicò al commercio ambulante e con questa attività funzionò, durante la guerra partigiana, come Intendente per le varie necessità di sussistenza, svolgendo così un ruolo di collegamento poco appariscente ma fondamentale. Sarebbe curioso l’aver potuto sentire l’opinione della maestra Greselin su questi strani esiti dei suoi insegnamenti.
III. DUE COMANDANTI.
GERMANO BARON
Artiglieria alpina della Julia – 22 anni – Comandante (. Turco.) della divisione garibaldina « PASUBIANA» sull’altopiano di Tonezza. Nato a Schio (Poleo) nel 1922, agricoltore.
« Lungo la strada che da Poleo porta alle Aste viveva – fin dagli inizi del secolo – Ermenegildo Baron, nato nel 1881, modesto agricoltore di un fondo sito in collina. Egli ebbe 8 figli: Maria, suora nella nigrizia in Africa; Francesco (« Chicchi ») del 1907 inurbatosi ed assistente al Lanificio Rossi; Riccardo del 1910, agricoltore come il padre; Silvio, del 1912, il quale morì di tifo a 16 anni; Giovanni, classe 1914, anch’egli allora agricoltore alle Falgare; Linda, che nacque alla fine della Prima Guerra Mondiale e verso il 1940 si maritò con Giuseppe Saccardo detto « Bepìn Sacardélo », gestore dell’osteria-trattoria « da Sacardélo » su per Feracavai, una delle più note e tipiche della vecchia Schio. Infine, per chiudere la serie dei molti figli, nel 1922 vennero alla luce due gemelli: Germano (“Turco”) e l’Elvira.
A questo punto alle Falgare l’ambiente diventò” stretto ed il capofamiglia pensò bene di acquistare una campagnetta nel Mantovano, dove appunto si trasferì con la famiglia e vi rimase fino al 1928; rientrò poi nuovamente a Poleo come fittavolo dell’avvocato Vigna prima e di Mario Plebani in un secondo tempo. Nella stalla furono accolti anche alcuni cavalli e con essi la famiglia cercò di migliorare le rendite eseguendo dei trasporti occasionali, ad esempio quello dei sassi per il costruendo Villaggio Pasubio.
Da tale famiglia di agricoltori collinari proviene quindi Germano Baron (“Turco”), il comandante partigiano della “Pasubiana” che operò soprattutto sull’Altopiano di Tonezza. Sui motivi che lo spinsero in montagna subito dopo l’8 settembre si dirà più avanti. Ultimo dei fratelli, di solito il più vezzeggiato, Germano crebbe di corporatura robusta e rotta alle fatiche; ma furono di lui caratteristiche una vitalità inquieta, l’irruenza ed un’intelligenza superiore alla media. Allorché un insieme di circostanze, in parte casuali ed in parte da lui provocate, vennero ad inserirlo nella guerra partigiana, i suoi fratelli e le due sorelle sentirono come un obbligo di famiglia il fatto di aiutarlo in tutti i modi. Quando “Turco” fu nominato comandante, tutti i Baron si sentirono comandanti.
Chicchi, Riccardo e Giovanni portarono il loro contributo di fatiche e di rischi, malgrado le rispettive famiglie da mandare avanti. La Linda, con il marito “Sacardélo”, istituì su per Feracavai una succursale dell’Ospedale di Schio per l’assistenza ai feriti, dando asilo anche a qualche donna ebrea. Infine la gemella di “Turco” – l’Elviretta – fu l’ombra del fratello e durante quei lunghi mesi di angoscia e di rischio, visse unicamente per lui come staffetta tra Schio¬Poleo-Posina-Tonezza, infermiera ed aiutante di campo. Il clan dei Baron fu per “Turco” un elemento di forza.
Ieri, come ad ascoltarli oggi, traspare nei Baron di Poleo il senso antico della famiglia contadina, che non è mai casuale incontro di parenti per nascita, ma unità e comunione di sofferenza e di gioia. Il fratello più giovane si trovò ad interpretare la coscienza della famiglia in quel particolare momento della storia italiana; perché, nella sua ribellione istintiva contro i Tedeschi quali padroni del momento, Germano (“Turco”) manifestò con forza e con foga tutta la protesta di un mondo agricolo-montanaro vittima di emigrazione, di servizi ai Veneziani nelle galere, di gabelle esose per il benessere di pochi, di una polenta sudata e pellagrosa.
Indubbiamente influì l’ambiente operaio di Schio e quello ancor più acceso di Poleo, ma nel fondo Germano aveva capito – per istinto prima e per coscienza poi – che il periodo storico nel quale stava vivendo era l’occasione giusta per far sentire anche la sua voce. “Turco” morì tragicamente a 23 anni poco tempo dopo la Liberazione: vive ora da giovane nel ricordo dei suoi e nella storia del suo paese ».
« TURCO », I TEDESCHI E LA SAGRA A PIEVE.
"Una sagra tradizionale della nostra zona è quella di Pieve – il lunedì dopo Pasqua alla quale confluisce volentieri gente dai dintorni e da Schio. Germano Baron, tornato dalla Russia ed ancora convalescente, vi si recò con amici di Poleo nel pomeriggio del lunedì dopo Pasqua del 1943. E destino volle che due Ufficiali tedeschi, di certo interessati al folklore locale, avessero chiesto a due Carabinieri di accompagnarli alla sagra con una camionetta.
Quando Germano si accorse della presenza dei Tedeschi, spalleggiato dagli amici, cominciò a gridare invettive ed un chiaro e tondo: – « Andate fuori dai piedi! », causando quello che, scrivendo in fino, potremmo definire un incidente internazionale. Eravamo ancora in periodo fascista e, dopo pochi giorni, gli arrivò a casa l’ordine di rientrare al corpo, a Gorizia. Qui il Colonnello, sentiti i fatti, lo trattenne per un mesetto circa e lo rinviò poi a Poleo, dove Germano fu colto appunto dall’8 settembre. Dati i precedenti antitedeschi, sicuramente verbalizzati a Schio, e visti i metodi violenti delle S.S. tedesche di occupazione, il padre Gildo, Germano ed i fratelli Chicchi e Riccardo trovarono prudente portarsi sulla malga del Novegno con il bestiame ed i cavalli e da questo esodo familiare in montagna nasce, verso 1’11-12 settembre del 1943, la carriera partigiana di « Turco ».
« Germano Baron fu di leva verso la fine del 1941, abile, artiglieria alpina della Julia, prima a Gorizia e poi in Russia; uscì dalla sacca del Don con un congelamento di 2° grado ai piedi e venne ricoverato all’Ospedale di Varese, donde tornò a Poleo nell’aprile del 1943. A Pieve andò con Luigi Marzarotto, suo amico d’infanzia, e colà trovò Francesco Stiffan. L’Ampelio Bonato di Poleo, che era appena sceso dai Monti d’oro, riuscì a convincere i Carabinieri ad allontanarsi con la camionetta »
(testimonianze di Francesco e Riccardo Baron e di Ampelio Bonato).
GIOVANNI GARBIN
Sottocapocannoniere in Marina – 24 anni – Comandante (« Marte ») della « PINO ». Nato a Schio (Poleo) nel 1920 ed ivi residente, operaio. Figlio di Giuseppe e di Maria Zanella.
« Bepi Garbin (Cl. 1883), coniugato con la coetanea Maria Zanella dei Co¬robolli, trovò lavoro presso il Lanificio Conte e visse sempre nell’ambiente cattolico di Poleo, come uomo di fiducia del Curato, attivo a suo tempo nel Partito Popolare, con mansioni anche di campanaro, perciò noto e stimato da tutti in paese. I due coniugi ebbero una primogenita, l’“Antonia”, che seguì la traccia del padre prodigandosi, tuttora, in opere assistenziali. Il primo figlio Marco (Cl. 1916), benché richiamato nei lavori sedentari, subì quasi sette anni di guerra; colto a Verona dall’8 settembre, egli finì a Mantova e di qui nella Todt, donde fuggì per restare poi alla macchia a Poleo.
Venne però catturato durante un rastrellamento e trasferito in Germania, rientrando solo dopo la Liberazione. Ultimo figlio di « Bepi » campanaro fu Giovanni (Cl. 1920), che frequentò le scuole a Poleo fino alla sesta elementare; viene raccontato dalla sorella Antonia come un ragazzo religioso, che insegnava la Dottrina cristiana e portava spesso in gita in montagna gruppi di ragazzini di Poleo.
Entrò per un certo periodo al Lanificio Conte, finché l’imminenza dell’obbligo militare lo convinse ad arruolarsi in Marina come volontario, esattamente il 15 gennaio 1940. Prima a Venezia poi a Pisa e La Spezia, Giovanni Garbin diventò sottocapo-cannoniere, navigò con la « Polifemo » e subì anche un naufragio, durante i percorsi in Libia, a Tobruk, a Bengasi. Il giorno dell’8 settembre egli era in navigazione; Roma non rispondeva ed il Comandante della nave attraccò a Napoli, dove i Tedeschi catturarono l’equipaggio.
Giovanni riuscì a fuggire e con il suo Comandante, ch’era senese, si portò appunto verso Siena, donde – tramite un sacerdote di S. Lorenzo a Merse – fece pervenire a don Giovanni Ziggiotti curato di Poleo una lettera « sottintesa ». L’Antonia partì subito con un pacco di abiti borghesi e raggiunse il fratello nel senese dopo tre giorni di viaggio incerto e disagiato.
Verso la fine di settembre del 1943, Giovanni (“Marte”) arrivò a Poleo ma, senza nemmeno entrare in casa, si tenne alla macchia nella zona di Lesegno, girando solitario con un lungo tabarro ed un cappellaccio in testa; dormiva nei fienili e le famiglie gli davano un po’ di cibo. A poco a poco entrò in contatto con altri, specie di Torrebelvicino, e venne così ad inserirsi nella guerra partigiana fin dall’autunno. “Marte” diventò vicecomandante del Btg.ne Fratelli Bandiera, nel febbraio del 1944 si trovò a Malga Campetto e nel luglio ebbe il comando della Brigata “PINO” (poi divisione), che operava sul ciglio occidentale dell’Altopiano di Asiago verso la Val d’Astico.
I luoghi erano lontani da Poleo e le comunicazioni con la sorella Antonia si tennero mediante qualche staffetta, per lettera e con nomi d’invenzione, da “Titano” a “Serena”. Ricercato e con una taglia, “Marte” non volle mettere in pericolo la famiglia con rientri a casa. La sua attività partigiana fu a S. Cate¬rina di Tretto, agli inizi, ma soprattutto in seguito nella “Pino”. Dopo la Liberazione pensò di riprendere la carriera in Marina e si presentò a Venezia; visto l’ambiente con altri occhi, lo rifiutò e si congedò. Nell’inverno, maneggiando una pistola, nella sua stanza, in casa, gli partì un colpo e l’intervento del chirurgo e le donazioni di sangue dei suoi amici partigiani non valsero a salvarlo.
Era il 19 gennaio 1946.
“Marte” fu un valoroso comandante partigiano e gli amici di Poleo, di S. Caterina e della “Pino” ne serbano un gran ricordo. La sorella Antonia ci ha dato di lui alcuni aspetti della sua infanzia, del suo periodo marinaresco, delle traversie dopo 1’8 settembre. Eppure la figura di “Marte”, al presente, ci sfugge e ben poco sappiamo del suo temperamento, dei suoi pensieri più intimi, di quelle speranze che ognuno porta con sé.
La sua scelta giovanile per la Marina fu contingente oppure vi era in lui, latente, un desiderio di libertà, di sconfinato, di solitudine? Un rifiuto inconscio del « terreno» e dei rapporti umani complessi e deludenti? Anche la sua zona operativa partigiana, così lontana da Poleo, appare un lungo viaggio del marinaio « Marte » sulla nave « Pino ».
Egli ora non è più, ma sopravvive nel ricordo di quelli di Poleo e della “Pino” e della “Garemi”, come in una grande famiglia, calorosa e ancor battagliera ».
IL RICORDO DEL GRUPPO DI S. CATERINA
Giovanni Garbin (« Marte ») restò nella zona del Tretto dalla fine di settembre 1943 al rastrellamento dell’Ascensione del 17-18 maggio 1944 quando venne ferito; solo in gennaio-febbraio 1944 aveva trascorso un breve periodo a Malga Campetto, sopra Recoaro.
I partigiani di S. Caterina hanno di lui i seguenti ricordi: Pietro Bonollo (« Dorigano ») dice:
« Quando c’era un’azione Marte non dava ordini ma vi partecipava; era una persona che ispirava fiducia e, dopo averlo conosciuto, difficilmente ci si staccava da lui. Con “Turco” erano come due fratelli e sembrava che non potessero vivere uno senza l’altro ». Primo Righele (« Bixio ») conferma: «Era una persona semplice che spartiva un pezzo di pane con gli altri. È rimasto nel cuore di tutti. Con lui non è mai stato fatto un discorso politico, forse era socialista, forse combatteva solo per la libertà. “C’è da fare la guerra, adesso!” diceva “la politica verrà dopo”. Forse è andato o è stato mandato nella “Pino” perché un autonomo. La base partigiana avrebbe preferito che restasse qui ».
IV. IL RITORNO DEI «MILITARI».
Reduci dalla campagna di Russia oppure « sbandati» dopo l’8 settembre, si trovano nella zona di Poleo-Aste-Cappuccini, oltre a Germano Baron e Giovanni Garbin, molti altri giovani ex militari che – subito o in periodi successivi – entrarono nelle prime pattuglie partigiane. Alcuni di essi divennero poi Comandanti di formazioni del Gruppo Divisioni garibaldine « Garemi ». Per quanto possibile, sono state raccolte le notizie sotto riferite, rinviando ad altre occasioni ulteriori nomi o dati.
BRUNO REDONDI
Soldato in un nucleo antiparacadutisti - 23 anni - Vicecomandante (« Bresci ») della divisione garibaldina « VAL LEOGRA » e comandante del Btg.ne « APOLLONI -2° periodo ». Tecnico industria tessile. Nato a Schio il 23-1-1921 ed ivi residente (Poleo).
« Nel settembre del 1943 facevo parte di nuclei anti-paracadutisti (14° Centro automobilistico di Treviso) di stanza presso Mestre nelle paludi di Mira con servizio d’ordine nel centro industriale di Porto Marghera nello stabilimento Industria Nazionale Alluminio. La sera dell’8 settembre il comandante della compagnia, Carlo Bartolomei di Vicenza, diede l’ordine di depositare le armi in armeria è consegnò il reparto nell’accantonamento in attesa di ordini superiori. In seguito sopraggiunsero i Tedeschi con una lunga colonna di autoblindo e di carri armati per occupare il centro industriale; mi sembra fosse il 9 settembre.
Mi resi conto immediatamente della situazione e, poiché il Comandante era indeciso, gli spianai contro la pistola intimandogli di lasciare liberi i militari; dopo un momento di sbigottimento si convinse che era la soluzione migliore e così la maggior parte dei soldati riuscì a fuggire, mentre quasi tutti gli ufficiali furono catturati e deportati in Germania. Allora cercai di raggiungere l’autocentro ma vi trovai i Tedeschi che mi spararono addosso, così, attraverso la campagna, raggiunsi Poleo tre giorni dopo l’armistizio portando con me la pistola. Poco dopo salii sul Novegno con parecchi amici, attraverso Cerbaro, portando alcune armi trafugate alla Caserma Cella e trasferite in montagna con cavalli e muli.
Nel gruppo che salì in montagna ricordo Germano Baron (“Turco”), Luigi Marzarotto (“Treno”), Gino Bellotto (“Spagnolo”), tutti di Poleo, e Francesco Stif¬fan di Pieve; sul Novegno restammo forse 15-20 giorni. Dopo lo sbandamento inseguito al rastrellamento al Festaro, dove ricordo Gino Piva, tornai a casa a Poleo.
In quel periodo a Schio c’era un Comitato (attivisti del P.C.I.) che dava alcune direttive e infatti nell’inverno, non ricordo il mese, il Comitato (mi sembra Gastone Sterchele e Gildo Broccardo) mi inviò a Vicenza presso la stazione della SITA con una parola d’ordine per essere condotto a Fontanelle di Conco, tra Rubbio e Conco, alle pendici dell’Altopiano di Asiago, dove si era costituito un gruppo armato. Avrei dovuto vedere se la faccenda era una cosa seria, perché in tal caso sarebbero stati inviati degli uomini.
A Fontanelle incontrai il capitano Crestani e Pontarollo, entrambi comunisti. Seppi più tardi che, il giorno dopo che io ero tornato a Poleo, Crestani e Pontarollo erano stati uccisi a tradimento. Li ricordo anche perché in precedenza erano venuti a prendere delle armi a Poleo per il gruppo di Fontanelle. In seguito venni mandato anche a Campetto, sopra Recoaro, per vedere l’organizzazione: era migliore di quella di Conco ».
GIOVANNI CAVION
Alpino della « Julia » - 31 anni - Comandante (« Glori ») del Btg.ne « RAMINA » - divisione garibaldina « VAL LEOGRA ». Nato a Schio (Cappuccini) il 29-4-1913. Operaio tessile.
« Il nome – ai Colombari – sta ad indicare alcune case rustiche, sparse appena sopra i Cappuccini verso Poleo, ai margini dei boschi, e collegate al piazzale del Convento mediante stradine labirintiche a montagne russe in terra battuta. Qui abitava, nella “casa vecia”, Giovanni Cavion, un alpino della Julia tornato dalla campagna di Russia prima dell’8 settembre, ricoverato in Ospedale a Foggia e poi congedato. L’esperienza di guerra ed il senso pratico fecero riunire presso di lui alcuni parenti ed amici che avevano problemi con i Tedeschi. Collegato con l’ambiente scledense, con la fabbrica (lanificio Conte), con la “repubblica” di Poleo, la casa vecia diventò un punto d’incontro obbligato dell’incipiente Resistenza, per cui in seguito Cavion entrò addirittura nella guerriglia, pur essendo un congedato.
Ma la scelta partigiana affondava le sue radici più nel profondo. Il vecchio nonno dei Cavion, agricoltore a Torrebelvicino in contrada Colombari, si era portato ai Cappuccini ed il figlio Giovanni senior ebbe 5 maschi e 4 femmine (Rosina, Maria, Virginia, Natalina).
Dopo la prima guerra mondiale la stalla dei Cavion divenne luogo di filò, dove serpeggiavano idee antifasciste, e quando successe il fattaccio di Poleo del quadro di Mussolini fatto a pezzi nelle Scuole anche i figli di Cavion vennero bastonati e tradotti in carcere. GIACOMO (1901) se ne andò in Francia; GIULIO (1905), dilettante di violino e giovanissimo, partì per l’Australia senza più tornare. Nella seconda guerra mondiale IGINO (1911) restò disperso in Russia, mentre il nostro GIOVANNI tornò, e dopo molte vicissitudini, colpito da congelamento.
In quel settembre del 1943 rientrò in famiglia anche il fratellastro ALBINO COSTA (“Mazzini”) (1923), alpino guardia frontiera verso Gorizia, che entrò anch’egli nella guerra partigiana (vedi Inch. sul Cementificio) e venne poi catturato con Mario Ramina e fucilato ».
GINO BELLOTTO (« Spagnolo »)
Artigliere Guardia frontiera tornò in licenza dalla Jugoslavia verso il 6-7 settembre 1943 e salì subito a Cerbaro e sul Novegno con Baron, Marzarotto, Redondi ed altri di Poleo.
LUIGI MARZAROTTO (« Treno »)
Artigliere alpino nella campagna di Russia, riuscì a portar fuori dalla sacca del Don anche il fratello Augusto. Rientrato a Poleo e non congedato, entrò subito nella prima pattuglia.
SILVIO CASAROTTO (« Silvio »)
Prestò servizio militare presso il 71° Rg.to Fanteria a Sacile. Dopo un campo militare a Santorso fu inviato in Russia ed al ritorno venne tenuto in quarantena a Falconara Marittima. Arriva a Poleo il 15 settembre 1943 ed entra nelle prime pattuglie.
V. UNA STAMPERIA CLANDESTINA.
Dopo la ventata di libertà condizionata che seguì al 25 luglio la stampa ufficiale, con l’arrivo dei Tedeschi, rientrò negli schemi usuali: bollettini di guerra in prima facciata e notiziole locali, in seconda, opportunamente filtrate. Così a Schio cominciò subito a funzionare una stampa clandestina, ciclostilata e diffusa brevi manu specie nelle fabbriche.
A Poleo in via Calesiggi, senza insegna di stamperia, troviamo all’opera Renato Calesella, nato l’11-10-1923, tessitore al Lanificio Rossi, riformato alla visita di leva ma non a quella della Resistenza civile. Infatti già nell’autunno del 1943 è indaffarato, con l’aiuto di Guerrino Fioravanzo, a tirare ciclostilati per conto terzi, cioè per Natalino Baron (ex condannato dal Tribunale Speciale) il quale faceva battere le matrici a Pieve da un’impiegata e poi le portava a Renato in via Calesiggi assieme ad alcune risme di carta.
Si trattava di propaganda antifascista non disgiunta, per i gusti d’oggi, da una vena retorica ma non mancavano gli argomenti sindacali, le disposizioni agli operai per eventuali scioperi e infine – durante il 1944 – i temi della guerra partigiana. La tiratura era di 200-500 fogli che Natalino veniva a prendere per portarli a Schio in distribuzione; a volte era Gildo Broccardo che trasferiva il pacco pericoloso nel Lanificio Cazzola consegnando i volantini a Rino Sella, a Vittorio Rossi ed a Fulvio Veghini; per il Lanerossi di solito vi provvedeva lo stesso Renato, la cui casa cominciò a diventare anche luogo di assistenza e nascondiglio di armi. Purtroppo il ciclostile ad inchiostro è andato perduto e poiché i fogli non riportavano la casa editrice, di questa attività di Poleo non rimane che il ricordo.
VI. IL « RUOLO » DI POLEO ED I SUOI CADUTI.
Poleo ebbe nella Resistenza un ruolo importante per numerosi e complessi motivi. Vi fu innanzitutto un motivo politico, di estrazione operaia, che la presente Inchiesta ed in particolare il capitolo sul Circolo operaio di Poleo ha cercato di chiarire, come radice profonda di un antifascismo prebellico; anche la componente più strettamente cattolica ha una sua storia, che è in fase di studio. Ma in aggiunta a questo fattore ambientale, vi fu anche un motivo geografico.
Il paese è unito a Schio ma nel contempo è arroccato in collina come una cittadella ed ha alle spalle una zona collinare di fuga verso il Tretto: la situazione ideale per la guerriglia, che è appunto azione rapida e rapido sganciamento. Si nota infatti una specie di « LINEA SCHIO-POLEO-S. CATERINA » che nell’inverno-primavera del 1944, ma anche in seguito, fu teatro continuo di scontri a fuoco e di rastrellamenti. Questa considerazione ci ha portato ad abbinare una prima Inchiesta su Poleo ad una contemporanea Inchiesta sulle vicende di S. Caterina.
Anche la composizione della pattuglia « mista » che operava in quella zona sta a dimostrare uno stretto collegamento fra i locali di S. Caterina, i partigiani di Poleo e quelli di Schio. Una linea analoga risulta fra Schio-Magrè-Raga nel versante opposto della valle, ma di questa si dirà in altra sede.
Il contributo di Poleo alla lotta resistenziale è anche avvalorato dall’elevato numero di caduti partigiani in rapporto ai suoi 1100-1250 abitanti. Fa d’uopo ricordarli, qui tutti assieme, pur considerando che di ciascuno si dirà più innanzi nella cronistoria dei singoli avvenimenti:
1. - BARON GERMANO (« Turco ») - 22 anni - Via Falgare – 2. - GARBIN GIOVANNI (« Marte » - 25 anni - Via Falgare/Via Chiesa – 3. -BELLOTTO GINO (« Spagnolo ») - 24 anni - Piazza Poleo – 4. - BRESSAN CIRILLO (« Tempo ») - 25 anni - Via Aste – 5. - CARLOTTO MARIO (« Fortuna ») - 20 anni - Via Falgare – 6. - CASAROTTO SILVIO (« Silvio ») - 22 anni - Corobolli – 7. - COSTA ALBINO (« Mazzini ») - 20 anni - Via Cappuccini – 8. - MARCHESAN MARIO (« Forte ») - 20 anni - Via Falgare – 9. - MARZA¬ROTTO LUIGI (« Treno ») - 25 anni - Piazza Poleo – 10. - ORGANO LUIGI (« Vicchi ») - 18 anni - Via Villa Marini – 11. - PENAZZATO GIOVANNI (« Pompei ») - 22 anni - Via Aste – 12. - PETTINA' MARIO (« Mario ») - 22 anni - Via Caile – 13. - RADERE IGINO (« Castagna ») - 22 anni - Piazza Poleo – 14. - SANTACATERINA ANGELO GINO (« Ciccio ») - 18 anni - Via Falgare – 16. - SESSEGOLO SERGIO (« staffetta ») - 14 anni - Piazza Poleo – 17. - SIGNORE CORINNO (« Libero ») - 20 anni - Cappuccini –18. - ZANELLA PIERINO (« Mercurio ») - 20 anni - Via Falgare.
Nella Relazione dell’Amministrazione civica di Schio del 1970 viene riportato in sintesi che «Già dopo la metà di dicembre 1943 incominciarono a prendere consistenza nuovi gruppi armati (dopo quello del Festaro) che si costituiscono e funzionano con criteri completamente diversi. Il principale nucleo, precisamente i “FRATELLI BANDIERA”, si costituisce a Poleo, frazione di Schio, al limite dei boschi ». Tale nucleo sarà argomento di ulteriore Inchiesta.