QUADERNI DELLA RESISTENZA
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Maggio 1981 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.


Volume XIV

 

 

LA SCHEDATURA POLITICA

 

 

Di Ezio Maria Simini

 

Il fenomeno della schedatura politica dei cosiddetti sovversivi diviene pratica sitematica nel 1894. Giolitti ha appena abbandonato la direzione politica del paese anche per le gravi rivolte sociali siciliane e per quelle dei cavatori di marmo della Lunigiana.

 

 

Gli succede Crispi, uomo d’ordine, ben visto dal re e dalla grande borghesia italiana. Crispi, resosi conto che con la nascita del PSI (1892) il paese sta andando incontro a momenti di grandi confronti politici e sociali, ritiene fondamentale istituire un apposito Ufficio che, in collegamento con gli organi periferici dello Stato, sia in grado di controllare e seguire costantemente l’attività degli oppositori, schedandoli tutti e seguendone periodicamente l’evoluzione ideale e politica.

 

 

Non solo. Rendendosi conto che il fenomeno migratorio con le sue convulsioni periodiche rischia di vanificare l’opera dei suoi solerti funzionari, stabilisce che anche i consolati italiani all’estero, con appositi uffici riservati, collaborino a non perdere di vista i sovversivi e ad aggiornare periodicamente le schede.

 

 

Inizia così, presso il Ministero dell’Interno, quella sistematica opera di schedatura che toccherà, dal 1894 alla caduta del fascismo, oltre 160.000 italiani.

 

 

Il meccanismo, pur nella sua complessa fisionomia, è relativamente semplice: le informazioni, raccolte anche fra delatori più o meno coscienti, vengono inoltrate dai Reali Carabinieri e dalla Regia Questura al Prefetto e da questi, dopo le opportune verifiche od aggiunte, al Ministero dell’Interno. Direttamente al Ministero dell’Interno provengono anche le informazioni dei Consolati e delle Legazioni italiane all’estero.

 

 

Ma chi gode l’onore della schedatura governativa? In ordine di “pericolosità” i sovversivi schedati sono: anarchici, socialisti anarchici, socialisti rivoluzionari, socialisti, repubblicani. Nel Regno fascista si aggiungeranno i comunisti (che passeranno in testa nella classifica della pericolosità) e i più generici “antifascisti”, categoria nella quale verranno collocati i personaggi più disparati, rei di non condividere l’ideologia o la politica del Regime.

 

 

Le schede si aprono con le generalità complete del sovversivo e proseguono con uno schematico ritratto delle sue qualità e propensioni personali: intelligenza, cultura, capacità lavorativa, cura della famiglia, considerazione nell’opinione pubblica, influenza sui compagni di lavoro o di partito, capacità oratorie (riferite specialmente a conferenze pubbliche), capacità di scrivere articoli per giornali o volantini, partito o movimento cui appartiene o cui sembra appartenere.

 

 

La definizione “pericoloso”, che talvolta conclude questa prima fase della schedatura, contrariamente a quanto da profani si potrebbe ritenere, non è legata alle più o meno consistenti potenzialità rivoluzionarie in senso fisico dell’individuo, ma alle sue capacità di sviluppare attiva ed articolata propaganda ed all’influenza esercitata nei confronti dei terzi. Ed in ciò sia la polizia crispina che in seguito quella di Mussolini dimostrarono quanto meno di aver ben individuato il maggior pericolo per i rispettivi regimi: la libera circolazione delle idee.

 

 

Le schede, quindi, vengono completate con la descrizione del fatto o dei fatti che hanno motivato la “necessità” dell’intervento della polizia politica. Vengono poi scandagliate le amicizie e le conoscenze del sovversivo, le sue abitudini, i suoi spostamenti ecc. Alcune schede, quelle relative a personaggi particolarmente pericolosi, si chiudono con l’annotazione “da arrestare in particolari contingenze”.

 

 

Successivamente, e molto spesso per decine e decine di anni, la scheda viene aggiornata periodicamente (sovente trimestralmente) con le notizie che si ritengono degne di menzione (la polizia le definisce “rimarchi”). Nel caso in cui il sooversivo non dia luogo a rimarchi di sorta la scheda è aggiornata con un “nulla da segnalare”. Passati anni ed anni con un “nulla da segnalare” sulla propria scheda, il sovversivo può essere “radiato” dal Casellario Politico Centrale su proposta del Prefetto. Molto spesso il Ministero dell’Interno la respinge. Pochi, perciò, i “radiati”.

 

 

E’ certa la radiazione, invece, se perviene al Casellario la notifica del decesso del sovversivo opportunamente comprovata dal regolare certificato di morte. Questo il motivo per cui, ad esempio, su numerose schede di antifascisti caduti sui campi di Spagna con le Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Popolare, dopo la notizia dell’”espatrio” si continua per anni a segnalarli come “residenti in Spagna” e, ironia tristissima, con il rituale “nulla da segnalare”.

 

 

Sulla precisione ed esattezza delle notizie riportate nelle schede, peraltro, va detto che la polizia dimostra uno zelo davvero degno di miglior causa. L’unico neo, se così possiamo definirlo, che si riscontra spesso sulle schede della polizia crispina e giolittiana, molto più che su quelle della polizia fascista, è costituito dal frequente errore nell’”etichettatura” del sovversivo. La polizia spesso non riesce, nonostante l’evidente buona volontà, a districarsi fra le varie sfumature delle correnti politiche di sinistra. Capita così di trovare schedati elementi di sicura fede socialista come anarchici, anarchici come socialisti rivoluzionari, repubblicani come socialisti anarchici e così via.

 

 

Capita pure, e questa è cosa che invero lascia perplessi, di cercare invano, fra gli schedari, elementi di punta del movimento democratico e di sinistra, nel mentre si trovano ad ogni passo personaggi minori se non addirittura sconosciuti. Non sembra che l’incongruenza sia tutta da addebitare al trasferimento del Casellario da Roma al Nord sulle orme della Repubblica Sociale Italiana, con conseguente smarrimento di alcuni pacchi di schede, mentre trova credito l’ipotesi che per alcuni casi si possa parlare di vera e propria distrazione dei funzionari di polizia locale, per altri delle immancabili amichevoli omissioni, per altri, infine, di riguardo usato ai propri informatori (che non erano certamente rari).

 

 

Conosciuti o sconosciuti, comunque, quasi tutti gli schedati hanno la loro brava fotografia di fronte, di profilo e di tre quarti e, qualcuno, sul petto, il numero di matricola.

 

 

A coronamento di queste brevi note sulla schedatura politica, riportiamo alcuni casi che ci sono sembrati significativi in relazione alle caratteristiche politiche dei sovversivi ed allo spessore della loro pericolosità per i vari regimi che si sono succeduti dal 1894 al 1943.

 

 

 

“Vellere Roberto di Giacomo e di Zanella Amelia, nato a Schio il 27/5/1876, barbiere, anarchico.
Vellere Roberto abita in Schio via Gualchiera n. 6 e tiene una botteguccia da barbiere in via Palestro. E’ celibe e incensurato. Si professa socialista anarchico, è di carattere esaltato, ma ha pochissima istruzione e nessuna influenza. Era in stretta relazione con l’anarchico Falconi Guglielmo di Vicenza quando costui dal novembre al marzo 1893 dimorò in Schio. Il Vellere fu arrestato la sera del 22 agosto 1893 in questa città, insieme col compagno Sartori Antonio, in occasione della dimostrazione qui avvenuta pei fatti di Aigues-Mortes per grida antipatriottiche che provocarono disordini fra i dimostranti, e rimessi in libertà poche ore dopo. Fu cacciato da parecchi parrucchieri di Schio presso cui trovavasi garzone, per aver vantato le teorie anarchiche cogli avventori. Frequenta pochi compagni e non risulta sia in relazione con capi gruppi di altre località”.

 

 

Fin qui la scheda “crispina” datata 25/7/1894 (Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, busta 5345 ad nomen). La riprende, per gli aggiornamenti, la polizia “giolittiana” e, dopo il 1924, quella fascista.

 

 

Veniamo così a sapere che il Vellere nel 1896, per l’estrema indigenza, fu costretto ad emigrare a Londra. Nel 1900 tornò a Schio. Passò altri dodici anni in patria e poi emigrò negli USA a West Hoboken (N.J.), luogo carissimo ai fuorusciti anarchici e socialisti di Schio. Nel 1915 raggiunse Buenos Aires facendo perdere le tracce ai vari informatori dei consolati italiani. Venne rintracciato il 7 novembre 1923. Nel frattempo si era sposato con Zanoni Terza ed aveva avuto due figli: Emilio (1915) e Silvio (1918). Nel 1924 la polizia annotò diligentemente la nascita della terzogenita, Amelia. Fino al 1938 trimestralmente la scheda venne aggiornata con il “nulla da segnalare”. Ma nel 1938 il Vellere scomparve senza lasciar traccia. Era morto? Il consolato non riuscì ad appurarlo. Il 30/9/1941, in un ultimo rapporto, si segnalò che l’anarchico non era ancora stato rintracciato, ma che le ricerche proseguivano. Se il Vellere fosse stato ancora vivo avrebbe avuto 65 anni. Era stato schedato a 18.

 

 

 

Ma veniamo a tempi più recenti. La breve scheda che segue testimonia di come si fosse schedati per il solo professare un ideale ritenuto sovversivo. E si badi bene che la scheda è redatta dalla polizia prefascista (25/7/1915):

 

 

“Santacatterina Giuseppe di Luigi e Zanella Lucia, nato a Schio il 3/7/1893, tessitore anarchico.
L’operaio Santacatterina è ascritto al Gruppo Libertario di Poleo. E’ un giovane di carattere mite, dedito al lavoro e non ha mai dato luogo a rimarchi. Verso le Autorità ha sempre mantenuto un contegno rispettoso e si è iscritto al partito anarchico più per seguire i compagni che per convinzione propria” (ACS-CPC, busta 4578 ad nomen)”.

 

 

Con l’avvento del fascismo la schedatura diviene un pilastro dello Stato repressivo e poliziesco e, come abbiamo già visto, anche i Consolati all’estero sono investiti di responsabilità nel seguire i sovversivi emigrati. In effetti diventano essi stessi promotori di schedature se identificano nascenti propensioni antifasciste fra emigrati anche di vecchia data.

 

 

E’ il caso di Santacatterina Vincenzo fu Angelo e Peretto Giuseppina, nato a S. Paolo (Brasile) il 25/3/1898, meccanico, residente a Piovene, coniugato con Peguri Amabile, emigrato quindi negli USA (Kensington-Chicago) nel 1928. Divenne antifascista attivo in contatto con l’ambiente degli emigrati italiani.

 

 

La scheda, come sempre esaustiva e precisa, venne trasmessa dal Consolato Italiano al Casellario Politico Centrale di Roma (ACS-CPC, busta n. 4578 ad nomen).

 

 

La scheda che segue, datata 31/5/1939, la potremmo definire classica, come classico ne è l’intestatario, come classicissima è la sua storia: “Pegoraro Antonio di Mario e di Canova Giulia, nato a Schio il 7/11/1896, operaio del Lanificio Cazzola, Comunista. 

 

 

Il Pegoraro ha frequentato le scuole elementari, accrescendo la sua cultura generale col continuo dedicarsi alle letture di libri e giornali. Prestò servizio militare col grado di soldato nel 13° Reggimento Cavalleggeri Monferrato, venendo congedato, per smobilitazione il 9/1/1920. Appena congedato si fece notare a Schio quale fervente comunista antifascista, prendendo parte attiva allo sciopero del settembre-ottobre 1921, organizzatore delle leghe rosse, di cui faceva parte nel lanificio presso il quale lavorava. Per tale sciopero venne licenziato dal lavoro e, nel 1922, espatriò per la Francia con regolare passaporto n. 16705 (…). E’ fratello del condannato politico Pegoraro Gaetano in atto detenuto in espiazione della pena di anni due di reclusione, cui fu condannato con sentenza del Tribunale speciale per la difesa dello Stato in data 17/1/1938”. (ACS_CPC, busta 3814 ad nomen).

 

 

 

Tremiti, ponza, Ventotene, Mormanno…Scledensi sradicati dalla loro terra e deportati a mille chilometri di distanza e con la prospettiva di trascorrervi lunghi anni di malinconica solitudine. Ma era facile essere punti col confino?

 

 

 

“Pegoraro Giovanni fu Beniamino e Carretta Lucia, nato a Zanè il 19/7/1880, bracciante, antifascista pericoloso.
L’11 aprile u.s. (la scheda è datata 13/8/1937 – n.d.a.) “Giornata della Doppia Croce”, alle ore 13,30 in piazza A.Rossi di Schio, mentre il milite della Croce Rossa Greselin Riccardo fu Giuseppe, di anni 50 da Schio, in servizio ad una tenda di propaganda, parlava con due suoi amici dell’opera benefica del Regime a favore dei colpiti dal terribile morbo, si avvicinò loro il sopraindicato Pegoraro Giovanni, fu Beniamino, il quale, udito il tema della conversazione, interloquì arrogantemente con la seguente frase: “Che bela cosa saria di prendere il Papa e Mussolini, caricarli su un caretin tirato da un musseto e portarli in giro per la Russia, la Spagna e la Francia”.

 

 

Il giorno 21 successivo l’Arma dei RR.CC., venuta a conoscenza del fatto, procedette all’arresto del Pegoraro. Egli, quindi, a seguito di disposizione di codesto on. Ministero, fu denunziato alla Commissione Provinciale di cui all’art. 166 T.U. delle leggi di P.S. e con ordinanza 25 maggio di detta commissione, assegnato al confino per la durata di anni due. E’ stato, poi, destinato a Tremiti ove è giunto in traduzione il 9/6/1937.

 

 

Il Pegoraro non aveva precedenti di sorta negli atti della Questura. Dagli accertamenti testè disposti è però risultato che egli, per quanto non consti abbia mai militato in partiti sovversivi, era ritenuto in Schio di idee contrarie al Regime e sospetto di essersi talvolta lasciato sfuggire apprezzamenti sfavorevoli nei riguardi del Fascismo.

 

 

Spesso eccede nel bere, rendendosi, sotto l’influenza del vino, elemento irascibile. Ad eccezione di questo, però, nessun sfavorevole rilievo può farsi sulla sua condotta morale. E’ lavoratore assiduo, senza precedenti né pendenze penali. Ha risieduto per oltre 20 anni in Germania ove lavorava da minatore. Rimpatriato nel 1914 prese parte alla Grande Guerra nel 9° Reggimento Artiglieria da Fortezza, conseguendo il grado di caporale. Nel 1920 emigrò nuovamente e questa volta in Francia per occuparsi quale minatore in una miniera di Algrange (Alsazia).” (ACS_CPC, busta 3814 ad nomen).

 

 

Andò meglio all’arsierese Santacatterina Silvio di Giobatta e di Marchesini Maria Maddalena, nato a Thiene il 20/6/1907, calzolaio, antifascista. Una sera venne colto dai Reali Carabinieri mentre con alcuni compagni cantava “Bandiera Rossa” e lanciava esclamazioni d’evviva nei confronti della Spagna Repubblicana e della Unione Sovietica. Processato per direttissima venne condannato a 3 anni di confino. Giunse a Mormanno (Cosenza) il 18/5/1937.
Fortuna volle che in appello fosse scagionato, seppure con formula dubitativa. Venne rilasciato il 22/12/1937. La sua scheda, però, fu aggiornata fino alla caduta del fascismo. (ACS-CPC, Busta 4578 ad nomen).

 

 

L’ultima scheda che presentiamo ci è sembrata particolarmente interessante non solo per quanto sin qui si è detto in proposito, ma anche per le notizie interessanti che contiene su un episodio, non certo marginale, dell’antifascismo scledense.

 

 

 

“Sartori Basilio di Giovanni e Pizzolato Emilia, nato a Magrè di Schio il 22/2/1913, sarto, residente a Vicenza dal 22/1/1938, comunista.
Il sopraindicato Sartori Basilio, che non aveva precedenti politici, fu ritenuto, insieme ad altri giovani di Schio, autore di alcune manifestazioni sovversive che si erano verificate in quegli ultimi tempi in detto comune e nei dintorni, e cioè esposizione di drappi rossi e scritte sovversive. Arrestato, fu denunziato per l’ammonizione, ma la relativa procedura fu sospesa in seguito all’intervenuta amnistia pel Decennale della Rivoluzione Fascista.

Successivamente non dette luogo a rilievi. Senonchè, nel novembre dello scorso anno, nel corso di un’operazione anticomunista eseguita a Schio dall’Ovra – relativa alla scoperta di un’associazione comunista che si proponeva di organizzare e promuovere manifestazioni sovversive e a far espatriare clandestinamente connazionali per arruolarsi nelle milizie rosse spagnuole – si accertò che il Sartori Basilio aveva avuto rapporti con alcuni esponenti di detta associazione.

Emerse in seguito che egli, in epoca imprecisata nel 1932, aveva prestato la sua opera per asportare da un vecchio deposito di munizioni, abbandonato dopo la guerra, alcune bombe a mano, che furono poi portate in una vecchia miniera, per costituire un deposito clandestino di esplosivi e munizioni per atti terroristici che avrebbe dovuto compiere la succitata associazione (…).” (ACS_CPC, busta n. 4618 ad nomen, scheda datata 21/11/1938).

 

 

 

Abbiamo volutamente trascurato le schede informative di personaggi ben più rilevanti dell’antifascismo scledense reputando utile, per una maggior comprensione del fenomeno, dimostrare come la schedatura investisse anche gli strati più marginali del dissenso politico, diventando veramente un istituto di sorveglianza di massa e quindi di repressione.

 

 

NOTA
Il presente capitolo di E.M. Simini sulle origini della schedatura politica viene a completare due precedenti argomenti dei Quaderni: il Tribunale speciale (pg. 96) e Arresti e deportazioni (pg. 699). Il capitolo inoltre apre una via di ricerca interessante sul valore antifascista, attribuito dal regime, a singoli personaggi della storia scledense, a conferma o a smentita di attribuzioni, eventualmente di comodo, intervenute o sostenute dopo il 1945 sia dagli storici che nell’ambiente locale.