QUADERNI DELLA RESISTENZA
Edizioni "GRUPPO CINQUE" Schio - Luglio 1978 - Grafiche BM di Bruno Marcolin - S.Vito Leg.
Volume V
(da pag. 251 a pag. 261)
TORREBELVICINO
Inchiesta di E. Trivellato
In un precedente Quaderno si è già scritto brevemente di Torrebelvicino in quanto nel settembre del 1943 si costituì un gruppo di montagna parzialmente armato nelle località di Masetto, Laghetto, Manozzo (« Gruppo del Masetto »). Tale gruppo non esaurisce ovviamente l’argomento dell’iniziale Resistenza di Torrebelvicino poiché il ritorno progressivo di militari dopo l’8 settembre e l’invito della Standortskommandantur di Schio a ripresentarsi ai Comandi vennero a creare, qui come altrove, altri nuclei di renitenza e di resistenza.
Il Comune di Torrebelvicino comprende tre principali nuclei abitati; a) il Paese, che viene distinto in « Centro », « In Sima Tore », « Soto Ciésa », « Fondo Tore» e che a quel tempo aveva circa 2800 abitanti; b) Pieve, situato oltre il Leogra, sede dei reparti del Lanificio Rossi, con circa 1500 residenti; c) Enna, sito in montagna a 608 metri s.l.m., con 700 abitanti.
I tre nuclei del Comune di Torrebelvicino richiedono, a mio parere, un esame separato a causa di una loro diversa fisionomia sociale e resistenziale. Il Paese è sede comunale, amministrativa e commerciale, oltre che luogo di transito della Statale che da Schio porta a Valli del Pasubio.
L’antica Pieve è sede di industria laniera ed i suoi abitanti tendono verso Schio e verso Magrè. Enna infine, che si trova sul monte omonimo, ha le caratteristiche dei paesi di montagna ed è alquanto vicina a S. Caterina di Tretto. Per tali ed altri motivi Pieve ed Enna verranno considerati a parte, in prossime Inchieste, rispetto al Paese di Torre.
Nel periodo 1943-1945 il « Paese » di Torrebelvicino presenta, nell’insieme, una situazione piuttosto complessa ed a volte anche confusa, nella quale è difficile dipanare la matassa dei collegamenti ed arrivare ad una certa chiarezza organica nello svolgimento dei fatti: questa è l’impressione ricevuta. Pertanto gli argomenti trattati nella presente Inchiesta sono soprattutto quelli più documentati, meglio testimoniati .
Le notizie sono state raccolte in una prima Riunione del 15-3-1978 -presenti Primo Bianco (« Marano »), Guglielmina Bertoldi (« Mino »), Aldo Bagatto (« Aldo »), Teresa Bortoloso, Antonio Nardello (« Thomas »), Arturo Tessanti, Ernesto Vallortigara (« Morgan ») – ed in una seconda Riunione del 25-3-1978, alla quale hanno partecipato oltre ai sopra detti, anche Eraldo Bertorelle (« Stinchi »), Osvaldo Gramola (« Dik »), Agostino Ronchi (« Bianco »), Eraldo Rubini (« Aldo »), Ida Rubini, Aldo Santacaterina. Le notizie derivano da un’ampia discussione collettiva dei singoli argomenti e da testimonianze individuali.
I. LA PATTUGLIA DI «FONDO TORRE»
La pattuglia cominciò a definirsi nell’autunno1943-inverno 1944 ed ognuno dei componenti collaborò alle prime esigenze organizzative: armamento, sussistenza, collegamenti. In questo periodo è improprio parlare della nomina di un comandante della pattuglia, poiché – come in altri luoghi – le decisioni erano di solito collettive o, tuttalpiù, qualcuno si imponeva per età, per esperienza di guerra, personalità o idoneità al comando.
La composizione della Pattuglia è stata così ricostruita:
SCORZATO DUSOLINO (« Ivan »). Figlio di Antonio (invalido civile). Nato a Torrebelvicino il 30-10-1923, pittore decoratore. Artiglieria Alpina della Julia a Gorizia. Rientrato in famiglia dopo l’8 settembre e ricercato, salì subito in montagna. In casa c’erano il padre, invalido, la madre Caterina Gasperi di Pozzoleone, tessitrice, le sorelle Idalia (Cl. 1921), Maddalena (Cl. 1927) ed il fratello minore Fiorello (Cl. 1931). L’incidente con arma da fuoco che portò a morte « Ivan » avvenne sui Monti d’oro, in « Cason », in cima Montanaro. Trasportato a Schio, Dusolino spirò poco prima di giungere in Ospedale, per emorragia interna, il 20 aprile 1944 ed i funerali ebbero luogo a Torrebelvicino con un concorso enorme di popolazione e di operai delle fabbriche.
VALLORTIGARA ERNESTO (« Morgan »). Figlio di Francesco (agricoltore) e di Sella Giuseppina. Nato a Torrebelvicino il 25-10-1924, falegname. « All’8 settembre mi trovavo nella Sussistenza ad Udine, tornai a casa a piedi e salii al Masetto con mio fratello Adorino (« Spavento ») e con Guerrino (Cl. 1916). Nel rastrellamento ci trovammo circondati al mattino presto verso le 7 e 1/2 e furono catturati Giovanni Bagatto, Antonio Busellato, Luigi Marangoni ed arrestata Vittoria Costa. Nei mesi successivi cominciò ad organizzarsi in Fondo Torre una pattuglia collegata al Comitato di Torrebelvicino e che venne ad ingrossarsi nel marzo-aprile 1944 ».
CONZATO TARCISIO (« Furia »). Figlio di Pietro (agricoltore). Nato a Schio (Ca’ Trenta) il 21-2-1921, meccanico, si era trasferito in Campagnola a Torrebelvicino verso il 1941-42. Il fratello Tranquillo (« Teppa ») – nella Riunione a Magrè del 4-3-1978 – ha riferito che: « Tarcisio, durante il servizio militare, si trovava a Gorizia nell’Artiglieria alpina assieme all’amico Dusolino e si racconta che fossero i due più forti della Compagnia: vi è una foto con il tradizionale sollevamento del fusto del cannone. Dopo l’8 settembre partecipò ad una sparatoria contro i Tedeschi, poi tornò a casa con il mulo, in divisa ed armato. Tarcisio restò in famiglia alcuni giorni, ma poco dopo salì in montagna dicendo che andava in malga a fare il “pastore” per non essere catturato dai Tedeschi e finire deportato in Germania. Entrò così nella pattuglia di Fondo Torre ». Tarcisio morì in Asiago, in un incidente d’arma da fuoco, il 7 aprile 1944.
Inoltre, in tempi più o meno successivi e di difficile memoria, facevano parte della pattuglia (in ordine alfabetico):
4. BELLOTTO LINO. Classe 1925, agricoltore. La sua abitazione era un luogo di incontro abituale per i segnali radio.
5. BERTOLDI GUGLIELMO (« Mino »). Classe 1921, elettricista.
6. BERTORELLE ERALDO (« Stinchi »). Figlio di Giovanni (operaio tessile). Nato a Torrebelvicino il 17-3-1926, operaio tessile.
7. CASA ANGELO (« Pippo »). Classe 1922, operaio tessile. All’8 settembre si trovava in Fanteria nel meridione.
8. COLLAREDA AGOSTINO. Classe 1925, operaio tessile. Ferito il 29 aprile 1945.
9. NARDELLO ANTONIO (« Thomas »). Figlio di Girolamo (carrettiere). Nato a Torrebelvicino il 30-12-1924, tessitore. « All’8 settembre mi trovavo in Piemonte in Fanteria e fui catturato dai Tedeschi verso Alessandria e trasferito a Mantova, donde fuggii dopo una quindicina di giorni, tornando a casa in parte a piedi ma a volte anche in treno. Durante l’inverno restai a Pieve ai Bortolosi e poi mi misi in contatto con la pattuglia di Fondo Torre ».
10. PIETROBELLI BRUNO detto Brunetto (« Janez »). Classe 1924, operaio tessile. All’8 settembre era recluta in Fanteria assieme ad Antonio Nardello.
11. PIETROBELLI LORENZO (« Renzo »). Classe 1922, operaio tessile. Staffetta.
12. PILATI FLAMINIO. Classe 1925, agricoltore.
Nelle due Riunioni di Torrebelvicino è stato inoltre riferito che, in un secondo tempo, entrarono nella Pattuglia anche Casa Dino (staffetta), Casolin Aldo, Dalle Mole Elio, Faccin Antonio, Rotondo Antonio (romano), Rubini Pasqualino, Scorzato Biagio, Veronese Giovanni. La composizione della Pattuglia è confermata anche da Maddalena Scorzato, allora diciassettenne, sorella di « Ivan » e che qualche volta svolgeva funzioni di staffetta.
II. CONZATO TARCISIO (« Furia »)
Nella pubblicazione edita dal Comune di Torrebelvicino nel 1975, già citata, così si scrive:
« Nei primi giorni di aprile del 1944 la pattuglia riceve l’ordine di recarsi sull’Altopiano di Asiago per recuperare armi e viveri che devono essere paracadutati da aerei alleati. La pattuglia raggiunge l’Altopiano attraverso gli ardui sentieri di montagna. La zona è presidiata da squadre di tedeschi e di fascisti ma, eludendo i medesimi, il gruppo riesce a recuperare il lancio. I “tusi”, entusiasti di avere fra le mani le armi che avrebbero permesso loro di difendersi, hanno fretta di conoscerne il funzionamento e studiano i nuovi fucili. Purtroppo la fatalità è sempre in agguato: inavvertitamente da un parabellum parte un colpo che raggiunge al ventre il partigiano Furia (« Conzato Tarcisio - classe 1921). Furia si accascia al suolo. La pattuglia si appoggia ai territoriali della zona che prendono in consegna il giovane e lo trasportano all’ Istituto ortopedico di Mezzaselva, dove viene sottoposto ad intervento chirurgico. Purtroppo viene localizzato dai fascisti e torturato dai medesimi che vogliono avere notizie sulle forze partigiane. Furia non parla e muore il 7 aprile 1944».
Il fratello CONZATO TRANQUILLO (« Teppa »), fu Pietro (agricoltore), nato a Sanvito il 24-12-1925, così racconta:
« Ero stato mobilitato per il Lanificio Rossi nei lavori civili appaltati dall’Impresa Gasparini di Schio e nel 1943 mi trovavo a scavare trincee verso Postumia vicino alla frontiera; si viveva in baracche ed i pidocchi non mancavano. Con l’annunzio dell’armistizio tornai a casa passando per Gorizia e, a piedi, arrivai dopo 8-9 giorni. Più tardi “Furia” mi disse di andare con lui in malga a fare il pastore e così feci. Ricordo il nostro viaggio in Asiago per recuperare i lanci; in una malghetta trovammo anche Ferruccio Manea (“Tar”) e suo fratello Ismene. I “badogliani” si presentarono come amici e si cercò di metterci d’accordo sul recupero dei lanci; un giorno vi fu anche un diverbio e quasi uno scontro a fuoco, anche se sparammo in aria più che altro per intimorirci reciprocamente. Rammento ancora il primo lancio con i fuochi sul terreno ed un uomo in mezzo che faceva segnali con una pila. L’incidente avvenne perché il gruppetto, che nel lancio aveva recuperato alcune armi, cominciò a studiarne il funzionamento e da uno Sten partì una scarica che andò a colpire Tarcisio; fu portato allora nella Clinica di Mezzaselva dove subì un intervento chirurgico che ebbe buon esito. Intervenne però il comandante dei Fascisti di Asiago che volle interrogare mio fratello a tutti i costi, minacciandolo e malmenandolo. Mio fratello morì in clinica il 7 aprile 1943 ed ogni anno faccio celebrare una Messa a Roana».
Nella Riunione di Magrè del 4-3-1978 viene precisato che il nome di batta¬glia « Furia » era molto comune e che quindi Conzato Tarcisio (« Furia ») non deve essere confuso con Francesco Gasparotto (« Furia »), classe 1922, di Torre¬belvicino, caduto in un rastrellamento in località Priabona l’11 dicembre 1944.
ANTONIO NARDELLO (« Thomas ») racconta:
« Dalla metà di marzo ai primi di aprile del 1944 siamo partiti in una dozzina per andare in Asiago, salendo a Schio a S. Trinità sul trenino del Costo a cremagliera. Poi a gruppi si tornava a Fondo Torre con armi e bombe a mano, sempre con il trenino, evitando di scendere alla Stazione di Schio ma “tagliando” lungo i campi da S. Trinità a Torrebelvicino. In quel periodo non esistevano molti controlli, c’erano solo i Carabinieri per il servizio d’ordine; ricordo che in treno una volta una donna protestò perché l’avevano urtata con un sacchettino pieno di “sipe”. In Asiago si dormiva in qualche malga e rammento che una sera fummo attaccati dai Fascisti, i quali però tornarono indietro e non si fidarono di entrare nel bosco. Io tornai a Torre il giorno prima dell’incidente di “Furia”, che dovrebbe essere avvenuto il 5 aprile 1944; alcune persone del Comitato andarono a Mezzaselva a parlare con il Prof. Campiglio, il quale assicurò che l’operazione in sé era andata bene; mi è stato riferito che il giorno dopo vi fu un interrogatorio dei Fascisti e che Conzato si aggravò e morì. Ho saputo inoltre che una persona di Asiago, un anziano del Comitato, si assunse la responsabilità di portarlo in Clinica e che, d’accordo con i partigiani, giustificò l’ingresso del ferito dicendo che, andando in malga, lo aveva trovato per la strada che si lamentava e che probabilmente era rimasto colpito dalla sparatoria della notte prima, alla quale appunto ho accennato. Era stata concordata tale versione per non farlo apparire un partigiano ».
III. SCORZATO DUSOLINO (« Ivan »)
Nella pubblicazione edita dal Comune di Torrebelvicino nel 1975 (« Il nostro impegno: libertà ») si scrive:
« Dopo questa perdita (morte di Conzato Tarcisio (“Furia”) In Asiago il 7 aprile 1944), la pattuglia si riunisce nuovamente sui monti della Val Leogra e continua le sue azioni di guerriglia. A distanza di soli 13 giorni, viene ancora segnata dalla sventura. Il capopattuglia IVAN (Scorzato Dusolino, classe 1923), uno del primi organizzatori delle forze partigiane, durante un addestramento ai nuovi compagni venuti ad ingrossare le file della Resistenza, rimase ferito. Si provvede immediatamente a cercare un medico scendendo al paese di Torrebelvicino, ma ci sono mille difficoltà di passare inosservati Si tenta allora di trasportare il ferito a valle per ridurre la distanza dal paese e il tempo di attesa, ma neppure il medico può far nulla di fronte alla gravità della ferita. Viene trasportato all’Ospedale di Schio, dove muore il 20 aprile 1944 ».
Su « Ivan » sono state raccolte le seguenti testimonianze:
Mino Guglielmi: « Dusolino aveva un carattere molto buono, pieno di umanità e comprensivo, pur essendo severo e con idee chiare e corrette nell’organizzazione e conduzione dell’iniziale Resistenza armata. Quando vi era la necessità di ottenere qualcosa dalle famiglie per sostenere la pattuglia e qualcuno non dava niente, rammento che “Ivan” diceva: “Se non hanno niente da mangiare per loro, come possono darne a noialtri!”. Dusolino aveva una gran bella voce e talvolta passava da casa mia a fare una cantata. Per un certo periodo, mi sembra in febbraio o marzo, era andato con Marte a Malga Campetto ».
Maddalena Scorzato in Pontini: « Mio fratello era un tipo calmo e non l’ho mai visto arrabbiarsi; in casa si dava sempre da fare e gli piaceva tinteggiare le stanze ad ogni primavera, non fumava e la sua passione era il pugilato. Partecipò alla guerra partigiana per un suo ideale di libertà e ricordo che soffriva quando vedeva fare delle ingiustizie alle persone. Ai suoi funerali, vi fu un tale concorso di gente che da Torrebelvicino il corteo, lungo lo stradone, arrivava fino al Cristo ».
Antonio Nardello (« Thomas »), che aveva una mano sulla spalla di Dusolino nel momento che fu colpito, così racconta: "Al Cason c’era una tezza ed una stalla ed il padrone d’estate andava su con le bestie. Noi avevamo stabilito colà un punto di appoggio per dormire e farci da mangiare (minestra di patate, polenta) nel focolare, utilizzando soprattutto il pozzo di acqua piovana. Quella sera Dusolino aveva avuto una riunione con il Comitato all’Osteria dei Monti d’oro ed il nostro gruppetto di 8-10 persone era rimasto ad aspettarlo al Cason; quando Dusolino tornò decise di mettere uno fuori di guardia, ma questi tornò poco dopo per farsi spiegare le due posizioni di sparo e di sicura del mitra.
Durante il maneggio entrò un colpo in canna, quest’ultima si spostò e Dusolino restò colpito proprio nella pozza dello stomaco. Dopo averlo adagiato scesi con Conzata Tranquillo ed altri due di Torre a chiamare il dr. Ignazio Sanciri che venne su in piena notte. Nel frattempo altri due sono andati a chiamare il cugino di Dusolino verso Val dei Marcanti dove adesso c’è l’allevamento delle trote. Arrivarono per primi il cugino ed un altro che durante il militare aveva fatto l’infermiere e che provvide subito al tamponamento ed alla fasciatura; appena colpito Dusolino aveva dato un grido e poi aveva perso i sensi. Allora lo abbiamo messo su di una scala e portato ai Monti d’oro, dove giunse l’autoambulanza, avvisata per telefono da qualche altro. Dopo la morte di Dusolino il guppetto del Casan si sfaldò, perché si temeva un rastrellamento ed a coppie si andò in una zona o nell’altra, ma in buona parte tenendoci in contatto con la pattuglia di Fondo Torre ».
Riportiamo il testo del Libretto Personale di Scorzato Dusolino:
Ministero dell’Italia Occupata - Certificato Alexander N° 277719 - Libretto Personale di Scorzato Dusolino figlio di Antonio - Classe 1923 - Partigiano della Brigata « Martiri di Val Leogra » - Attività clandestina svolta dal Titolare - Luogo o Reparto presso cui era 1’8 settembre 1943: I Btg.ne Artiglieria Alpina Gorizia - Formazione partigiana cui appartiene: Battaglione Fratelli Bandiera - Grado, cognome e nome del Comandante l’Unità: Comandante di Brigata Garbin Giovanni (Marte) - Grado ricoperto in tale unità partigiana: Comandante di distaccamento - Durata di appartenenza nelle formazioni partigiane: dal 8-9-43 al 20-4-44 - Zona in cui ha operato: Zona Pedemontana Monte Pasubio, Zona Recoaro-Torrebelvicino -
Azioni effettuate: Sabotaggio, rastrellamenti, attacchi ai nazifascisti. - Il prospetto di cui sopra verrà compilato dal Comandante la Formazione Partigiana sotto la sua piena responsabilità - Timbro: Il Comandante Giovanni Garbin (Marte) - Firma autografa di « Marte ». - Municipio di Torrebelvicino - VISTO: per quanto retroscritto. - A.M.G. - Ufficio Provinciale Patrioti I.M.P.R. - Vicenza - L. 20.000 (Ventimila) quale sussidio straordinario concesso dal Governo Italiano. - Cap. A.A.r.n. Pilota (Rino CIPRIAN) - Firma.
Maddalena, la sorella di Dusolino, racconta infine: « Mia madre Caterina, non volle che alcuno della famiglia piangesse durante i funerali perché, lei diceva, non bisogna dare soddisfazione ai fascisti. “Camminate con la testa alta e guai a chi piange!”. Dopo circa un mese dal funerale due secondini della Questura di Vicenza vennero a casa ad arrestarmi e mi trasferirono a S. Biagio, dove fui trattenuta per un mese subendo continui interrogatori da parte di un capitano che poi restò ucciso a Priabona. A volte mi facevano passare per i corridoi del carcere per vedere se identificavo qualche detenuto. Siccome ero minorenne (Cl. 1927), mi accompagnava una suora, la quale mi ripeteva: “Tu devi dire sempre di no”. Forse i Fascisti pensavano che, essendo Dusolino morto in un incidente, la famiglia volesse vendicarsi e che io fossi disposta ad identificare qualche partigiano ».
IV. I RICORDI DI « MORGAN »
Ernesto Vallortigara (« Morgan ») cosi racconta:
« Uno dei problemi più importanti di quel periodo iniziale fu la caccia alle armi, con tutti i sistemi possibili. Ad esempio la pattuglia aspettava di sera, verso il Cristo, il ritorno a casa di un fascista locale, un povero diavolo che aveva probabilmente aderito alla R.S.I. per poter mantenere la sua numerosa famiglia: veniva disarmato e poi rilasciato per poter ripetere la scena dopo un certo tempo e continuare il rifornimento.
Lo stesso avveniva per un brigadiere e per altri fascisti in libera uscita. Un altro metodo era quello di acquistare direttamente da qualche fascista dei moschetti al prezzo fisso di lire 300 cadauno. Verso febbraio-marzo del 1944 partimmo con “Ivan” e la pattuglia per andare in Posina a disarmare il Maresciallo dei Carabinieri, purtroppo senza risultato. Dopo aver battuto alla porta, facendo finta di essere balbo e chiedendo l’aiuto del Maresciallo, la donna che venne ad aprire fu spaventata dalla pistola di “Furia” e ci fece compassione; intanto la gente della contrada cominciò a vociare dicendo che c’erano i ladri e ne restammo umiliati.
Allora, verso le 3 di notte, ci ficcammo a dormire in una tezza ai Beber e più tardi fummo svegliati da qualcuno che bussava alla porta: “C’è la forza!”. Pronti a sparare, quando la porta si apri e comparvero due donne con due ragazzi: la Jolanda e la Carmela, due contrabbandiere del Tirolo, che restarono a dormire con noi. Al mattino venne il fratello di una di loro e, per questo fatto, le suonò un paio di “groste”. Bloccammo poi due guardie forestali, che però convinsero Dusolino a rendere le loro armi in dotazione con la promessa che ne avrebbero portate delle altre, ma io dopo le rincorsi e le disarmai, pensando che era meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Dopo questa prima puntata in Posina ritornammo a Torrebelvicino. Ricordo che con il distaccamento andai anche a Malga Campetto sopra Recoaro (N.d.A. - Sulle migrazioni dei partigiani della Val Leogra a Malga Campetto si riferirà in altra Inchiesta). Sempre verso la primavera del 1944 venne a Torrebelvicino, e dormì a casa di “Mino”, una persona sui 45 anni, un po’ calvo, grosso e non molto alto di statura, con un paltò chiaro e lungo fino alle caviglie; da quanto ricordo era un politico del C.L.N. di Padova, credo un commissario triveneto, che si faceva chiamare “PINO”.
Egli organizzò, con “Marte”, di rapinare le paghe dello stabilimento di Torrebelvicino ed infatti si appostarono (“Pino”, “Marte”, “Turiddu” e qualche altro) ad aspettare la balilla che le portava: il colpo fruttò una grossa somma e “Pino” rilasciò a “Marte” una bolletta di ricevuta, oltre a 3000 lire per il Comitato di Torrebelvicino; venni poi a sapere che “Pino” fu impiccato a Padova.
Anche mio padre contribui di sua tasca a sostenere i partigiani, ma dopo la guerra non riuscimmo a recuperare un centesimo, forse per motivi burocratici. Vi sono molti ricordi di quel periodo iniziale, della Resistenza, ma dei vari avvenimenti riferirò in altre occasioni » .
Vallortigara Adorino. Nato a Torrebelvicino il 9-10-1919, muratore-manovale, coniugato con Tresso Maria Maddalena, nata a Sanvito il 17-2-1918. Il fratello « Morgan » riferisce che: « All’8 settembre mio fratello si trovava in Fanteria a Mantova e poco dopo tornò a casa, salendo subito al Masetto con me e con Guerrino. Dopo il rastrellamento restò in casa in famiglia, era già sposato, ma risali nelle formazioni verso i primi di luglio del 1944 e restò ferito ad una gamba nel rastrellamento di Posina; assistito da Mino Gresele, in seguito lo riportai a casa ».
TESTIMONIANZA DI TRESSO MARIA MADDALENA
« Adorino ritornò ferito dal rastrellamento di Posina e fu curato dal dr. Lavagnoli, poi nell’Ospedale di Schio per 3-4 giorni, ma nascosto dalle Suore, la Superiora e quella addetta ai raggi. Ritornò convalescente e nei giorni degli impiccati di Bassano fu prelevato dalla Tagliamento ed interrogato dal « Barba » venne legato ad una sedia ed un giovane romano diciottenne lo bastonò a sangue per farlo parlare; poi una notte lo attaccarono per le gambe ad una trave della cantina tanto che diventò tutto nero in faccia; mi raccontò che i fascisti dicevano fra loro: “Se la nuova bomba va bene, la guerra la vinciamo noi”.
Il “Barba” ed il giovane romano furono processati dopo la guerra e condannati, ma uscirono con l’amnistia. Adorino fu tenuto sotto sevizie tutta una domenica ed il lunedì pomeriggio fu portato a casa; verso sera venne il “Barba” dicendo che potevamo portarlo in Ospedale; qui doveva essere ricoverato in Chirurgia. ma un Medico ci disse: “No, questo è il posto meno adatto” ed allora fu portato in Medicina dal Prof. Gasparini e dal dr. Ciscato, che lo curarono delle percosse ricevute.
A casa nostra tornò il “Barba” dicendo che doveva interrogarlo un altra volta ed allora ci siamo messi d’accordo con una ragazza del vicinato la quale affermò che tre uomini mascherati erano venuti a prelevarlo; viceversa lo avevamo nascosto in casa in un bunker, dove rimase per circa 40 giorni. In seguito venne Remo Gasparini, impresario edile dicendo che, d’accordo con il dr. Lavagnoli, Adorino era stato assunto sotto la Todt a Piovene; purtroppo vi restò solo tre giorni perché il cuore era troppo affaticato.
Più tardi risalì in montagna fino alla Liberazione. Dopo la guerra svolse attività sindacale all’interno del Lanificio Rossi ma fu abbastanza preso di mira; il dr. Lavagnoli non voleva che tornasse al lavoro per le condizioni del cuore. Morì nel 1955".
Vallortigara Guerrino. Classe 1916. Nei primi giorni salì al Masetto e nel 1944 fu incarcerato per un paio di giorni e bastonato, come ostaggio in luogo del fratello « Morgan », notoriamente partigiano.
V. NINO STELLA
Un altro piccolo gruppo attivo nella zona di Torrebelvicino nell’inverno-primavera 1944 è quello che ha come suo componente Stefano Stella (« Nino » Stella « Traingher »): era costituito da 4-5 giovani, dei quali uno di Schio, qualcuno di Torrebelvicino e qualche altro di Valli. Di un primo incerto periodo vi è il ricordo di Ernesto Vallortigara (« Morgan ») della pattuglia di Fondo Torre, il quale ad un certo punto ebbe l’incarico di collegare il gruppetto, quasi isolato, al movimento resistenziale che andava organizzandosi nella zona di Torrebelvicino.
Questa esigenza di unione e soprattutto di controllo era sentita da tutto l’ambiente, per evitare iniziative individuali o di piccoli gruppi, poco armati e senza una base di sussistenza, costretti quindi ad arrangiarsi in qualche modo. « Morgan » riferisce: «Incontrai per la prima volta Nino Stella e gli altri dentro una baracca in Savena; fui accolto amichevolmente e si dimostrarono contenti del fatto che riempii il caricatore di una loro pistola senza munizioni ».
Nella Riunione di Torrebelvicino del 15-3-1978 e nella successiva del 25-3 è stata ampiamente discussa tra i presenti la figura di Nino Stella e ciò per un fatto: in periodo fascista egli era stato un brillante istruttore nel premilitare. È quindi comprensibile, per la mentalità di un piccolo ambiente di paese sempre in lotta tra fascisti ed antifascisti, che il passaggio di Nino alla guerra partigiana abbia suscitato in alcuni perplessità e discordanze di opinioni e ciò soprattutto in coloro che, semplicisticamente e di comodo, preferiscono etichettare le persone una volta per tutte, senza lo sforzo di comprendere le difficili scelte che in quel periodo confuso i giovani furono costretti ad operare ed il travaglio di mesi che fu necessario per una decisione in un senso o nell’altro.
Per un giovane vissuto in una famiglia di antica tradizione antifascista, magari con qualche familiare incarcerato, la scelta partigiana risultava quasi conseguente; per altri giovani invece, cresciuti nell’ambiente nazionalistico e dai gradi e dalle divise facili del Fascismo, una scelta verso la sponda opposta fu sicuramente più difficile, più lunga e più sofferta; per molti addirittura impossibile o inconcepibile, per lo meno in quel breve arco di tempo che va dal 25 luglio all’autunno de 1943.
Il discorso merita in altra sede un esame più approfondito, perché importante. Ma al di sopra di ogni analisi circostanziata, della vicenda individuale di Nino, delle situazioni locali più o meno complesse, sta la morte tragica di Nino Stella, a 21 anni, da partigiano, durante lo spostamento notturno della pattuglia, colta in un’imboscata in contrada Rive di Staro. Nelle Riunioni a Torrebelvicino sopra dette vi è stato il consenso per il profilo tracciato dalla sorella Teresina e che qui riportiamo.
STEFANO STELLA
7° Reg.to Carristi di Verona - 21 anni - Partigiano («Traingher ») nelle prime pattuglie della al Leogra, caduto ai primi di maggio del 1944 nell’imboscata di Staro - Nato a Torrebelvicino il 10-5-1923.
Nino Stella cadde nell’imboscata di Staro ai primi di maggio del 1944 con Domenico Roso, di Valli, capo-pattuglia, e con Severino Sbabo di Staro. Su questa imboscata si dirà in altra sede in quanto il nome di Nino Stella – per il tragico fatto di Staro – è legato alla brigata garibaldina « STELLA » della Valle dell’Agno. Di lui riportiamo un breve profilo stilato dalla sorella Teresina nel quale traspaiono tutto il dolore e la commozione per il fratello scomparso in età giovanissima:
« Purtroppo un’esistenza breve e piena di scelte difficili, prima il Fascismo nel quale crebbe e che lo condizionò nelle sue idee e ch’egli accettò come tanti altri per i momenti che correvano. Nino andò a lavorare a 15 anni, sempre con i turni di notte e lui ne soffriva molto anche se robusto e di temperamento coraggioso. Ma non era vita per lui e quindi, non ancora diciassettenne, volle andare volontario arruolandosi nei reparti carristi e pertanto fece il servizio militare a Verona (7° Rg.to). Ben presto però si pentì di quella scelta e quando tornava a casa, pur non dicendolo apertamente, si capiva che non era soddisfatto e che ne soffriva.
Per fortuna arrivò l’8 settembre e, dopo 10 giorni di attesa e di ansia per noi familiari, lo riabbracciammo; ci raccontò le sue peripezie nel ritorno da Verona camminando di notte attraverso le montagne del Veronese fino a Recoaro, Stato e finalmente Torrebelvicino. Era contento di aver lasciato alle sue spalle un passato, che probabilmente aveva capito non essere il suo. E fu proprio questo che lo convinse a prendere la via della montagna, la via giusta. Le sofferenze di quella nuova vita non lo hanno mai scoraggiato, lottava e incoraggiava anche noi familiari, che eravamo sempre preoccupati per lui. “siamo forti e lotteremo fino alla Liberazione” diceva.
Purtroppo lui non la vide, perché una mattina del 9 maggio 1944 ce lo portarono a casa mortalmente ferito. Nino ebbe la forza di dirci: “Sono venuto per il mio compleanno ed anche se ferito lo festeggeremo”. Siccome noi eravamo disperati e piangenti lui cercò di farci coraggio. “Sono forte e guarirò, la Madonna mi aiuterà. Voglio guarire e tornare a combattere ancora perché fra un anno la guerra sarà finita ed io sarò ancora fra voi”. Furono le sue ultime parole all’Ospedale di Schio, perché alle sei di sera la sua vita si spense e con lui tutti i suoi ideali di libertà. I fascisti ce l’avevano ucciso e non ci lasciarono portarlo a Torrebelvicino.
Fu sotterrato a Schio come un cane, senza nemmeno portarlo in Chiesa, e per fargli ancora del male gli fu bucata la bara. Mi scuso, io le sue azioni non le conosco perché lui non ne ha mai parlato, malgrado fossimo vicini alle sue idee. Ancora oggi mi domando: perché? Perché tante vittime e tante sofferenze? Mio fratello lo porto nel cuore e rivivo ancora i momenti di allora che mi hanno fatto tanto soffrire» -Teresina Stella, dicembre 1977.
ANTOLOGIA di Torrebelvicino
I. ANTIFASCISMO PREBELLICO
Qui riportiamo alcune notizie su fatti e personaggi dell’antifascismo prebellico. Guido Galletto riferisce che in « Soto Ciésa », dov’egli abitava, si trovavano Piero Acquasaliente, comunista, Virgilio Nicolin ed altri elementi rossi, mentre Angelo Galletto, suo padre, era del Circolo Cattolico e della Filodrammatica; c’era poi Severino Filippi, che aveva studiato da maestro per corrispondenza lavorando nei turni di notte e che apparteneva ai Cattolici di sinistra (« I Filippini »). Primo Bianco racconta di Giovanni Zironda detto « Bolso », il quale, giocando a bocce, lanciò il boccino oltre il campo e spaccò il quadro di Mussolini, con la conseguenza di sette punti di sutura in testa; emigrò poi in America.
Mino Guglielmi puntualizza che un altro personaggio di rilievo fu Giuseppe Bortoloso detto « Bepi Moretta », tessitore al Lanificio Rossi, socialista di vecchio stampo, che si era fatto da autodidatta una cultura letteraria e politica; in un giornaletto dei Fascisti di Schio venne attaccato assieme a Pietro Acquasaliente, come due sovversivi locali. In Riunione è stato poi riferito che, durante l’avvento del Fascismo, esisteva un’Osteria nell’attuale via Luigi Costa con una sala addobbata di gagliardetti dove il sabato sera e la domenica i Fascisti, dopo aver prelevato un paio di compaesani ritenuti « contrari », somministravano olio di ricino e bastonate e li ributtavano in strada. Vi è infine il racconto di un primo maggio, nel quale vennero issate sul monte una bandiera bianca ed una rossa; un noto fascista locale andò a toglierle e quando tornò in paese con la bandiera rossa in spalla, seguito da un codazzo di ragazzini, ai Turritani sembrò di vedere un corteo comunista.
II. « IL COMITATO »
Nelle Riunioni a Torre si è riferito che, durante la Resistenza, operarono nel « Comitato » in primo luogo Giuseppe Broccardo e poi anche Virgilio Battilotti, che abitava alle Casette; quest’ultimo aveva un fratello sottufficiale nella G.N.R. in un reparto del basso Vicentino e che a volte veniva a Torrebelvicino, però in Riunione è stata espressa l’opinione che, a parte la fratellanza, la posizione ideologica dei due debba tenersi distinta.
III. I « SCAPINI »
Primo Bianco ritiene doveroso ricordare le famiglie dei « Scapini » che diedero rifugio, con loro grave pericolo, a due Neo-zelandesi sfuggiti ai Tedeschi e che anche in seguito offrirono opera di sussistenza alle formazioni partigiane, in particolare al distaccamento di « Tega ».
IV. IL GRUPPO AUTUNNALE DI « LEONE »
La famiglia di Attilio Tessanti era segnalata per antifascismo (v. Inch. Trib. Speciale). Il figlio Alessandro (« Leone »), dopo 1’8 settembre, si era portato sui monti di Torrebelvicino nella zona di Lago assieme, com’egli riferisce, a Luigi Dal Zotto, Giuseppe Filippi, Antonio Trentin, tenendosi in contatto ma separato dal Gruppo del Masetto. Poiché « Leone » a partire dall’estate del 1944 operò per buona parte fuori della zona di Torrebelvicino e fu con « Mirro » e con « Gianni », le notizie sulle sue migrazioni non possono derivare che da un suo memoriale.
IV. IL GRUPPO PRIMAVERA DI « BURASCA »
Aldo Bogotto (« Aldo »), figlio di Primo (impiegato in Lanificio Rossi), nato a Torrebelvicino il 19-1-1926, impiegato Lanerossi, così riferisce: «All’8 settembre mi trovavo a casa. Verso fine aprile-primi di maggio del 1944 si costituì un gruppo capeggiato da “Burasca” e sistemato in Scaviozza, cioè dopo la Fonte Margherita a sinistra della strada. La composizione del gruppo era la seguente: 1) TRENTIN ANTONIO (“Burasca”). Cl. 1920, caduto poche ore prima della Liberazione - 2) BOGOTTO ALDO. Cl. 1926 - 3) CHIOCCARELLO GIUSEPPE. Cl. 1926 - 4) DAL ZOTTO MARIO. Cl. 1924 - 5) PADOVAN GIOVANNI. Cl. 1926 - 6) RUBINI PASQUALINO. Cl. 1926 - 7) STELLA ENZO Cl. 1926, fratello di Nino - 8) TRENTIN BRUNO. Cl. 1924. Il gruppo si mantenne unito fino agli ultimi di maggio, poi ricordo che partii con Rubini e Stella Enzo per recarmi a Malga Campetto sopra Recoaro ed alla Fonte Abelina trovai «Marco» che ci diede un po’ di pane per sfamarci. In seguito ci siamo aggregati a Giampietro Fogazzaro (“Folgore”) di Staro. Nel rastrellamento di Vallortigara (17-18 giugno 1944) riuscii, con “Folgore”, a rifugiarmi in Campogrosso, dove abbiamo trovato Osvaldo Gramola (“Dik”). Dopo un breve periodo in Malunga passai a Colle Xomo con il distaccamento di “Morgan” ».
VI. CASALENA: LUOGO DI TRANSITO
BERTOLDI GUGLIELMO (« Mino »). Figlio di Ottorino (mediatore). Nato a Sanvito l’1-12-1921, elettricista in varie industrie. Riformato alla leva per la perdita di un pollice da infortunio sul lavoro. Coniugato con Lucia Bortoloso, figlia di « Bepi Moretta », nel 1942 e trasferitosi a Torrebelvicino.
« Dopo il mio rientro da Vienna – 4 settembre 1943 – restai a casa, ma in novembre una persona dell’Ufficio Collocamento e due delle Milizia vennero a cercarmi, così mi tenni nascosto. Ricordo che un certo « Piero » di Valli mi mandò a Schio, dietro al Civico, da Gastone Sterchele a ritirare un fucile modo 91, un caricatore e 5 pallottole sciolte, che portai in casa di Antonio Busellato, nato a a Savena ma residente a Torrebelvicino. Qualche volta dormivo in casa, più spesso nel fienile e così fino a Natale, quando fui nuovamente ricercato e la famiglia minacciata di rappresaglia; ai primi di gennaio trovai lavoro a Schio presso la Prealpina refrattari, mantenendomi in contatto con gli altri del Gruppo. Ricordo che Angelo Pilati (“Niso”) ci chiariva un po’ le idee sulla situazione e così pure Rino Sella (“Gigetto Sella”), mentre Piero Acquasaliente faceva da trade-union fra il gruppo di Fondo-Torre, il gruppo di Nino Stella e la pattuglia di “Marte” a S. Caterina. Casalena era un luogo di transito fra Torre e Pieve. Per i rifornimenti si interessava sia Giuseppe Broccardo di Torre, che aveva un figlio Flavio con Alessandro Tessanti (“Leone”) alle Valdeghe, sia Virgilio Battilotti, che abitava alle Casette ».
VII. I CADUTI DI TORREBELVICINO
Nella pubblicazione del Comune di Torrebelvicino del 1975 sono riportati i nomi dei Caduti:
1) 7 aprile 1944: CONZATO TARCISIO (« Furia ») - 2) 20 aprile 1944: SCORZATO DUSOLINO (« Ivan ») - 3) 9 maggio 1944: STELLA STEFANO («« Traingher ») - 4) 17 maggio 1944: MANFRON GINO partigiano in Grecia - 5) 22 giugno 1944: PAPALARDO SALVATORE (« Cucciolo ») - 6) 5 agosto 1944: CICCHELLERO FLORINDO (« Pipa ») - 7) 12 agosto 1944: ENRICO FAIN bersagliere - 8) 11 dicembre 1944: GASPAROTTO FRANCESCO (« Furia ») - 9) dicembre 1944: TONON GIACOMO - 10) 19 aprile 1945: CASAROTTO SILVIO (« Silvio »), nato a Torrebelvicino e residente a Poleo e BENVENUTO FRIZZO - 11) 28 aprile 1945: CALLI ANTONIO, SANDRI GAETANO ARTURO, PAVIN GIOVANNI - 12) 29 aprile 1945: BUSATO SILVIO (« Lino ») e TRENTIN ANTONIO (« Burasca »).
NOTA - Ulteriori notizie su Torrebelvicino « paese » verranno pubblicate nei prossimi Quaderni nel corso dei vari avvenimenti in Val Leogra.