STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

sv138

 

PROSEGUONO LE VITTORIE CONTRO I TURCHI

 

LA RISCOSSA DELL’EUROPA CRISTIANA

 

Dopo Corone, Morosini completa la conquista della Marea. Trainata da Venezia prosegue l’iniziativa bellica dell’Europa per respingere i turchi verso oriente e anche Napoli di Romania viene conquistata...

 

 

Conquistata la cittadella di Corone ai turchi e spingendosi ulteriormente nella penisola di Morea, il comandante Morosini poteva ritenersi più che soddisfatto sul finire del 1685. Con l’ar­rivo dei mesi invernali c’era tutto il tempo per prendersi una pausa di riflessione generale che vide riunirsi tutte le forze cristiane per decidere gli obbiettivi della prossima campagna primaverile.

 

E così, agli inizi del nuovo anno il comandante veneziano si portava con la sua flotta nell’i­sola di Leucade per incontrare il comandante delle trup­pe terrestri, lo svedese Otto Von Konigsmark assoldato dalla repubblica veneziana per il congruo stipendio di 18.000 ducati. I due comandanti generali, della flotta il Morosini e delle truppe terrestri lo svedese, dovevano individuare i nuoviobbiettivi.

 

Sul tavolo c’era solo l’imba­razzo della scelta: Scio, Negroponte o Candia, il resto della Morea. Alla fine si convenne su quest’ultimo obbiet­tivo che, almeno sulla carta, prometteva minori rischi e difficoltà. La decisione venne condivisa naturalmente anche dal Morosini ma non è improbabile che in realtà avesse sperato in altri obbiettivi molto più vicini al cuore di Venezia, magari Negroponte o addirittura Candia.

 

Le pressioni del più obbiettivo comandante svedese dovette­ro pesare non poco sulla decisione finale: la Morea. E così, nella primavera del 1686 il Morosini era pronto a rimettersi in mare. Nelle due successive campagne estive le truppe cristiane conquistarono via via Modone, Argo, Lepanto oltre a Patrasso e Corinto. Le facili e numerose vittorie ebbero un effetto galvanizzante sugli uomini che presero a dilagare in tutta la regione. Ultimata ben pre­sto la conquista dell’intera Morea, si decise di andare oltre attaccando l’importante città di Napoli in Romania.

 

Napoli di Romania, avamposto strategico da strappare ai turchi...

 

L’antica città era posta su di un promontorio che ne faceva una meta difficilmente raggiungibile sia da terra che dal mare. L’imboccatura del porto era estrema­mente stretta. Poteva infatti transitarvi solo una nave alla volta restando pericolosamente esposte al fuoco del­l’artiglieria nemica. Le numerose secche, poi, oltre ad una grossa catena che chiudeva l’accesso al proto, complica­vano ulteriormente l’operazione.

 

Sul versante terrestre le cose non si presentavano del resto molto più semplici. Dalle montagne infatti, solo un sentiero ripido ed imper­vio portava verso le mura della città. All’interno di que­st’ultima, si trovava una guarnigione turca che poteva contare a mala pena su 2000 uomini anche se a rinforzar­la sopraggiunsero ben presto altri 7000 soldati che si accamparono sulle colline limitrofe.

 

Da lì i turchi poteva­no intravvedere l’accampamento cristiano posto a valle in una ampia radura vicino alle mura di Napoli. Tutto alla fine era predisposto tanto dall’una che dall’altra parte dopo che il comandante svedese era riuscito a piazzare i suoi uomini sotto le mura della città scavandovi anche numerose trincee. Il 6 agosto ebbe inizio così lo scontro, ma dopo sole due ore l’esito era ormai già evidente e deci­samente a favore delle truppe del conte svedese. Tuttavia i turchi non dimostrarono alcuna volontà d’arrendersi.

 

Contavano infatti sull’imminente intervento dei 7000 uomini accampati sulle colline. Ne approfittarono così i soldati cristiani che strinsero ulteriormente l’assedio bombardando quotidianamente la città che tuttavia anco­ra non cedeva. Solo verso la fine di agosto presero a muo­versi anche i restanti soldati turchi che occuparono un’a­spra sommità alle spalle dell’accampamento veneziano in pianura, e da lì scesero improvvisamente dilagando tra le fila dei soldati veneti terrorizzati.

 

La sorpresa e la miglio­re posizione d’attacco dei turchi, costrinse poco dopo i veneziani a ripiegare, ma fortunatamente giunsero gli uomini del comandante svedese ai quali si unirono presto anche quelli del Morosini raccolti fra gli equipaggi delle navi. Ne uscì un furioso e durissimo scontro alla fine del quale ebbero la meglio gli eserciti cristiani mentre il resto di quello turco si dava alla fuga.

 

Cede il morale dei difensori dopo la notizia della sconfitta sul campo...

 

Gli abitanti ed i difensori della città alla notizia di quella vittoria cristiana, videro crollare le loro ulti­me speranze. Inalberata la bandiera bianca della resa e cessati gli ultimi scontri, inviarono al comandante tre portavoce con la richiesta di aprire le trattative.

 

I patti erano chiari: i turchi dovevano entro 10 giorni sgombera­re completamente la città, tutti, comprese le donne e i bambini naturalmente; avrebbero poi dovuto consegnare ai veneziani il castello frontemare mentre dovevano libe­rare tutti gli schiavi cristiani imbarcati sulle loro galee. A disposizione dei cristiani avrebbero dovuto lasciare gli schiavi mori e quelli ebrei. Ancora: la piazza della città doveva essere ceduta così come si trovava, con tutte le artiglierie. A suggello e a garanzia del patto dovevano infine consegnare ai veneziani otto ostaggi.

 

Le operazioni di sgombero da parte dei turchi ebbero inizio immediata­mente mentre in città entravano vittoriosi gli eserciti cri­stiani. Al comando della città riconquistata, vennero pre­posti Faustino Riva e Benedetto Bolani. Un’altra clamo­rosa vittoria era stata così conseguita dalle truppe alleate del Morosini e del comandante svedese Otto von Konigsmark. La riscossa dell’Europa cristiana giungeva dopo secoli durante i quali non si fece altro che assistere quasi impotenti all’avanzata turca. Ora, grazie ad un rin­novato impegno comune, ma anche alla crisi che da tempo minava la solidità dell’impero ottomano, l’Europa e con essa Venezia, erano tornate a vincere contro le armate degli “infedeli”.